Riccardo Chailly
I cinque anni come sovrintendente e direttore artistico del Teatro alla Scala Alexander Pereira li ritiene «il più bel regalo della mia vita». La voce del manager austriaco, presentando la stagione 2019/2020 del Piermarini, un filo di emozione la tradisce. Anche perché quella annunciata ieri da Pereira potrebbe essere l’ultima stagione che porta la sua firma: oggi è in programma il consiglio di amministrazione e sul tavolo dovrebbe arrivare la terna di nomi di possibili sovrintendenti. Decisione finale il 28 giugno quando il cda sceglierà se prolungare l’incarico di Pereira o voltare pagina. Per intanto il sindaco, nonché presidente della fondazione lirica, Giuseppe Sala ha ringraziato il sovrintendente «per il lavoro fatto in questi anni».
Nuova stagione con quindici titoli d’opera di cui undici nuove produzioni, otto spettacoli di danza (apre Sylvia di Legris, il titolo più atteso Madina partitura di Fabio Vacchi dedicata al terrorismo che vedrà Roberto Bolle danzare la coreografia di Mauro Bigonzetti), l’integrale delle Sinfonie di Ludwig van Beethoven dirette da Riccardo Chailly per i 250 anni dalla nascita del compositore tedesco (alla Nona affiancherà l’inedita Sonata tritematica n.4 del padre Luciano di cui nel 2020 si ricordano i cento anni della nascita), un’ottantina di concerti e appuntamenti per i più piccoli, per quasi 300 alzate di sipario.
Si parte il 7 dicembre (confermata la diretta su Rai1) con la Tosca di Giacomo Puccini diretta da Chailly che avrà sul leggio la nuova edizione critica di Roger Parker, appena pubblicata da Ricordi: «Si ascolteranno battute che Puccini eliminò dopo la prima di Roma del 1900: cambia la chiusura del Te Deum del primo atto e ci sono sei battute in più nel finale, quando Tosca si lancia nel vuoto da Castel Sant’Angelo», ha raccontato Chailly che ha voluto poi replicare a chi ha bollato come inutili le proposte delle prime versioni della partiture pucciniane: «Conoscere di più non toglie nulla. Non voglio imporre una versione, dire che una sia meglio di un’altra, ma solo dare la possibilità di comprendere lo sviluppo della scrittura del musicista toscano, a volte fin troppo moderna per l’epoca». Protagonista Anna Netrebko. Si cerca il tenore. Si era pensato a Marcelo Alvarez, ma dopo i problemi nella recente Manon Lescaut l’idea era di affidare la parte a Vittorio Grigolo. «Non sarà lui, però, Cavaradossi, ma un altro grande tenore italiano con il quale stiamo trattando» avverte Pereira. Francesco Meli? Fabio Sartori? Di certo nella parte di Scarpia ci sarà Luca Salsi.
Squadra che vince non si cambia, così dopo l’Attila di Verdi che ha inaugurato la scorsa stagione la regia sarà ancora affidata a Davide Livermore con le scene di Giò Forma e i costumi di Gianluca Falaschi. Chailly salirà poi sul podio a marzo per la Salome di Richard Strauss, nuovo allestimento firmato da Damiano Michieletto «con il quale abbiamo lavorato per svecchiare il racconto, slegandolo dall’immagine mitologica», racconta Chailly che come protagonista ha scelto Malin Byström.
Tre i titoli diretti da Zubin Mehta. «Solitamente nessun direttore ospite ha più opere del direttore musicale, ma è un privilegio che Zubin, dopo i momenti difficili legati alla salute, torni a dedicare il suo tempo alla Scala». Ecco allora il direttore indiano sul podio per il verdiano Un ballo in mascheracon la regia di Gabriele Salvatores, ma senza i già annunciati costumi di Dolce e Gabbana; per Traviata nello storico allestimento di Liliana Cavani (che andrà in tournée anche in Giappone insieme a Tosca); per il dittico, in collaborazione con Milano musica, formato da Erwartung di Arnold Schönberg e da Intolleranza 1960 di Luigi Nono (suocero e genero i due compositori perché Nono sposò Nuria Schönberg) e affidato alla regia di Michieletto. Dopo annunci e smentite dovrebbe essere la volta buona per il ritorno di Roberto Alagna. «Dovrete essere gentili con lui. Ho sempre lavorato per chiudere la ferita» ha sorriso Pereira annunciando che canterà nella Fedora di Umberto Giordano a fianco di Sonya Yoncheva: sul podio Daniel Oren, nuova regia di Mario Martone. Daniele Gatti torna a dirigere un’opera: ad aprile affronterà il Pelléas et Mélisande di Debussy con le voci di Bernard Richter e Patricia Petibon e la regia di Matthias Hartmann.
Sarà la stagione di Saioa Hernandez, lanciata da Attila. Il soprano spagnolo sarà Tosca dando il cambio a gennaio alla Netrebko, ma sarà protagonista anche di Un ballo in mascherae della Gioconda di Ponchielli che chiuderà la stagione a novembre (ancora regia di Livermore, reclutato in corsa per sostituire il previsto David McVicar) con la bacchetta di Ádám Fischer. Stesse opere per Luca Salsi che veste i panni di Scarpia nel Puccini inaugurale, ma anche di Renato nel Ballo e di Barnaba in Gioconda dove Francesco Meli sarà Enzo dopo aver cantato Manrico nel verdiano Trovatore che, nella regia importata da Salisburgo di Alvis Hermanis, riporterà sul podio della Scala Nicola Luisotti. Azucena sarà Violeta Urmana che sarà poi Ulrica.
Nomi che fanno pensare quasi a una compagnia stabile alla quale si affiancano Diana Damrau nel Roméo et Juliette di Gounod diretto da Lorenzo Viotti, Alex Esposito e Rosa Feola nel rossiniano Turco in Italia diretto da Diego Fasolis e con la regia di Roberto Andò, Daniela Barcellona Laura in Gioconda, Peter Seiffert, Krassymira Stoyanova e Dorothea Röschman nel Thannäuser che segna il ritorno di Wagner (bacchetta ancora di Fischer) nel vecchio allestimento dei catalani della Fura del Baus che firmano poi una nuova regia per L’amore dei tre re di Italo Montemezzi, nuovo tassello della riscoperta del Verismo.
Per il progetto Barocco Cecilia Bartoli affronta Semele di Händel diretta da Gianluca Capuano con la regia di Robert Carsen. L’Accademia ripropone lo storico Viaggio a Reims di Luca Ronconi a cinque anni dalla morte del regista. Tanti anche i nomi nel cartellone di concerti: a Natale John Eliot Gardiner dirige l’Enfance du Christ di Berlioz, a giugno Myung-Whun Chung lo Stabat Mater di Rossini; Lang Lang affronta le Variazioni Goldberg di Bach, Christian Thielemann dirige tutto Strauss con la Staatskapelle di Dresda; Chailly porta la Lucerne festival orchestra, Ivan Fischer la Budapest festival orchestra.