Franco Mussica, classe 1947 musicista e fondatore della storica band della PFM che compie 50 anni
Si è inventato una sorta di ideale alter ego bambino, Franco Mussida, per poter sbarcare su un vecchio e nuovo pianeta, quello della Musica. Un umano di 4 anni, chiamato Iòtu (Io e tu, l’Ego e la relazione, necessaria a entrambe queste espressioni di entità), ancora privo di fuorvianti sovrastrutture mentali. Predisposto a ricercare un’“armonia”, di cui è chiamato a fare parte. Parola che per il grande chitarrista tra i fondatori della Pfm oltre mezzo secolo fa (l’11 ottobre il suo ex gruppo darà il via a Bologna al tour per i 50 anni dal primo disco) ha un simbolico e sostanziale significato sia esistenziale sia musicale. Mussida non fa soltanto musica, esprime essenza vitale. Con “sacrale” consapevolezza. E ha presentato questo cruciale e profetico lavoro nel giorno di san Francesco che dell’armonizzazione di umano, terreno e divino ha fatto totale disciplina e insegnamento.
«Il suono arriva prima della parola e prima della stessa musica – spiega Mussida –. Questo mio lavoro è sul suono, elemento sognante che fa fatica a diventare carne, non s’incarna. Far sognare è nella sua natura. Ma se noi ci vogliamo evolvere dobbiamo usare l’intelletto per riuscire a parlare e a fare musica. In questo album la parola mi serve per raccontare e la musica per condurre allo stupore e poi anche raccontarlo creando delle suggestioni che dietro hanno sempre il territorio del mondo affettivo. Attraverso il suono noi trasferiamo al mondo tutta la nostra essenza emotiva, non attraverso le immagini. Il suono, che ci viene addosso in maniera diretta e ci pervade, è il tramite per conoscere l’anima della gente. Questo disco è un viaggio interiore nel mondo del suono. Uno sguardo sul presente con gli occhi di una generazione chiamata ad un bilancio».
Ecco così l’ultimo approdo di Mussida: un disco in termini fisici e un messaggio in chiave filosofica e spirituale. Sostanziato intanto nella scelta di uscire in cd e in vinile. “Cedendo” alle piattaforme digitali soltanto i videoclip di due dei tredici brani: L’oro del suono e Io Noi la Musica. A dargli il la per questa impresa sonora intitolata Il pianeta della musica e il viaggio di Iòtu (in uscita il 7 ottobre per Cpm music factory/Self distribuzione e afine novembre in Blu-Ray) è stata anche una speciale chitarra classica baritona creata apposta per rendere armonico il mondo del soul-blues, del pop e quello classico che Mussida ha così potuto raccogliere e far coesistere in questo nuovo album. Una chitarra le cui corde vibrano fino a 45 secondi e non è quindi di facilissima gestione. Ma nessun particolare vezzo da virtuoso, semmai uno strumento che non avesse bisogno di effetti.
«Ho voluto dimenticare tutte le chitarre precedenti per raccoglierle in una sola» spiega riferendosi a certi suoni «violenti» che dominano oggi e che non consentono di cogliere sfumature ed emozioni. Nessun intento didascalico nell’album, ma piuttosto un invito all’attenzione, tanto che il disco è accompagnato da «un’etichetta di qualità sonora controllata»: uno strumento informativo per gli ascoltatori, che sottolinea le caratteristiche delle registrazioni, precisando le diverse qualità delle sorgenti sonore presenti nei flussi musicali. Perché è all’ascoltatore, a tutti noi, al popolo dei fruitori di tutto e di niente di questa nostra ingannevole società contemporanea votata al mercantilismo, che Mussida pensa e si rivolge invocando ed evocando un’armonia fatalmente perduta (l’archetipo del peccato originale) ma almeno intuibile e avvicinabile grazie al dono della musica. Un dono però rifiutato, tradito e mistificato.
«Pensiamo alla musica sul cellulare tritasuono: sentire non è ascoltare» dice. Il protagonista del viaggio nel suono è così questo bambino, Iòtu, puro e aperto, «il cui nome è espressione del-l’Io che rivendica uno spazio tutto per sé e del Tu altruista che vorrebbe interamente donarsi al mondo intuendo magia, ruolo e poteri del Pianeta della Musica e navigando idealmente in quel cielo emotivo con la sua piccola barca sospinta dal vento del suono lungo rotte che lo conducono verso una più lucida coscienza emotiva». Per Mussida la musica è infatti accompagnamento verso uno stato di coscienza più profondo, la musica è cura, è strada maestra, è dono. Quello che vorrebbe a sua volta restituire.
«Lavoro da 35 anni con il Cpm (la scuola di musica da lui creata a Milano il cui ultimo artista di successo è stato Mahmood, ndr), vivo con ragazzi musicisti che vanno dai 16 ai 25 anni e finché posso devo restituire questa meraviglia che non è roba mia e che è la musica. Perché è anzitutto riscoperta dell’uomo, nella sua essenza vibratoria ed emotiva». Essenza che chiama ora, in questo suo nuovo lavoro, “ultra- prog-pop” a indicare uno stilema espressivo che comprende con la musica anche testi cantati, recitati, declamati facendone un lavoro del tutto al di fuori dai canoni convenzionali.
«Io sento il bisogno di rallentare, di togliere questo elemento di eccitazione che tutti i giorni attraverso certa musica ci viene propinato – spiega Mussida –, che ci prende il cuore e ci vuole entusiasti sempre. Così in questo disco, a cui lavoro dal 2015, ho provato a togliere tutto e ad affidare gran parte del suono a questo strumento che mi ha permesso di mettere nell’album tante forme musicali diverse. Quindi “ultra-prog-pop” proprio per questa ragione». I primi quattro pezzi del disco sono dedicati alla musica in quanto tale e il viaggio musicale termina anche idealmente con Afromedindian blues («Ho voluto arrivare al blues, genere che suono per la prima volta – dice Mussida – perché è la manifestazione del dolore del 900), mentre gli altri quattro ( Democrazia solidale, Ti lascio detto, Io Noi la Musica e È tutto vero) sono brani che riguardano il presente e sono pezzi che definerei persino politici, perché denunciano il bisogno di un nuovo paradigma di socialità. Sentiamo tutti che non viviamo in armonia. Però non voglio violenza, non ho voglia di gridarlo».