Lo Spazio Strega di Benevento
Si chiama «heritage marketing». Un felice connubio che, semplificando, si traduce nella valorizzazione della propria eredità storica e culturale per costruire l’identità del futuro. La sfida è ambiziosa. Ma i casi di successo non mancano. Ne ritroviamo molti fra i musei di impresa, capaci di raccontare le aziende oltre le aziende stesse e i loro prodotti, narrando la storia e proponendo esperienze senza essere prigionieri del passato, senza nostalgia ma consapevoli di dover parlare all’uomo di oggi, e perché no, di domani. L’heritage marketing è una disciplina poco battuta ancora, ma che comincia a trovare un inquadramento accademico. Come hanno fatto Maria Rosaria Napolitano, Angelo Riviezzo e Antonella Garofano, docenti di Marketing e Strategia d’impresa all’Università del Sannio in uno studio, durato oltre tre anni, attraverso un’ampia analisi desk condotta su oltre 1200 aziende longeve italiane e un’analisi in profondità su venti imprese che hanno realizzato strategie di valorizzazione del patrimonio storico-culturale. Uno studio è il caso di dirlo, da “manuale”. Albergian, Amarelli, Ascione, Birra Peroni, Confetti Pelino, E. Marinella, Fabbri, Filippo Catarzi, Fondazione Banco di Napoli, Fratelli Branca Distillerie, Gruppo Guzzini, Gruppo Piaggio, Lanificio Fratelli Piacenza, Martini & Rossi, Montegrappa, Pirelli, Poli Distillerie, Società Reale Mutua di Assicurazioni, Strega Alberti, Tela Umbra sono le imprese che «ci hanno aperto le loro porte – spiega Maria Rosaria Napolitano – consentendoci di assaporare realtà, piccole e grandi, che hanno attraversato la storia del nostro Paese, riuscendo a innovarsi per rispondere a minacce e opportunità e ridefinendo la propria identità, sempre cercando di mantenere coerenza e continuità tra passato, presente e futuro».
Visioni, letture e approfondimenti che saranno presentati martedì 14 novembre a Benevento nel convegno “Heritage Marketing. Come aprire lo scrigno e trovare un tesoro” che si svolgerà nell’ambito delle iniziative per la Settimana della cultura d’impresa allo Spazio Strega, il museo del liquore Strega, realtà che ha saputo coniugare impresa e cultura così bene da lanciare il più prestigioso premio letterario italiano. «Lo Spazio Strega è il luogo esperienziale che rappresenta le varie sfaccettature della nostra marca e, abbiamo deciso di entrare in Museimpresa di cui condividiamo la visione, il valore e il rispetto della cultura d’impresa – dice Emanuele Sacerdote, consigliere d’amministrazione e socio di Strega Alberti Benevento –. Abbiamo una strategia di heritage marketing che, da un lato è focalizzata alla valorizzazione e alla conservazione del nostro patrimonio industriale acquisito e, dall’altro lato è proiettata all’alimentazione del patrimonio stesso con azioni specifiche per continuare a raccontare la storia. Anche in si- nergia con altri marchi, come per il liquore alla liquirizia Amarelli o il liquore al caffè Kimbo. Ultimamente abbiamo siglato anche un accordo di licenza con Aurora Penne per una linea di articoli da scrittura a marchio Premio Strega».
Quella di Strega è una interessante realtà del Sud, lì dove ancora il tessuto imprenditoriale fa fatica a emergere e quindi a raccontarsi. In questo senso prezioso è stato il lavoro della storica fabbrica di liquirizia Amarelli che a Rossano Calabro ha realizzato uno spazio narrativo assai importante che ha aperto la strada dei musei d’impresa nel Meridione. Come non trascurabile è ilCartastorie, il museo dell’Archivio storico del Banco di Napoli, raccontato nel 2016 in maniera affascinante dal fotografo Antonio Biasiucci in Codexe con l’installazione Moltitudini. «Negli ultimi anni, anche nel pieno della crisi, paradossalmente, o forse no – dice Alberto Meomartini, presidente dell’associazione Museimpresa, che raggruppa una settantina di realtà in tutta Italia – grandi aziende hanno sostenuto la nascita di fondazioni, di progetti culturali e di realtà museali. Ricordo una ricerca illuminante del sociologo della Cattolica, Mauro Magatti, che tracciando l’identikit delle aziende che esisteranno nel futuro, poneva due condizioni di “movimento”: da una parte avere lo sguardo internazionale, e contemporaneamente, rivolgersi al proprio territorio, non staccarsi dalle radici, impegnandosi come agente di promozione locale. Perché c’è interesse sui musei d’impresa? Perché rappresentano uno strumento di lettura non solo di un’impresa ma di un territorio. Narrano la diversità e la bellezza italiana». E come negarlo, visto che si può spaziare dal mito delle due ruote di Vespa al divertimento del Cavallo giocattolo di Chicco, dai trofei di Casa Milan alla scatola blu di Barilla, dalle macchine da caffè di Cimbali al design di Molteni.
«Con crescente attenzione – riprende la professoressa Napolitano, anticipando i contenuti della ricerca che confluirà nel volume in uscita con Editoriale Scientifica Heritage marketing. Come aprire lo scrigno e trovare un tesoro – le imprese hanno cominciato a guardare al proprio passato come fonte potenziale di vantaggio competitivo. Nel passato, infatti, esse hanno scoperto un patrimonio inestimabile di tradizioni e saperi da rispolverare e sottrarre all’incuria del tempo, valorizzandolo attraverso appropriate scelte strategiche. Di pari passo, si è acceso negli studiosi d’impresa l’interesse verso questi processi strategici tendenti a connettere la sfera della cultura e quella del management attraverso la riscoperta e la valorizzazione del patrimonio storico aziendale. Il tema dell’heritage marketing ha così conosciuto una crescente considerazione accademica a livello internazionale, tradottasi in molteplici traiettorie di ricerca e numerose evidenze empiriche, non tuttavia coincidenti con un compiuto e condiviso inquadramento - tanto nei fondamenti teorici quanto nelle prassi e nelle implicazioni manageriali. L’obiettivo del nostro lavoro è stato dunque quello di fornire una lettura nuova e integrata dell’heritage marketing, investigato quale processo manageriale e, al contempo, quale insieme di strumenti da utilizzare in maniera coerente e coordinata per raccontare e condividere la storia e l’identità dell’impresa con tutti i suoi stakeholder, interni ed esterni». Una identità che viene da lontano. Ma si proietta sul futuro.