"Dante e Virgilio sono trasportati sulla groppa di Gerione". Biblioteca Vaticana, Urb. lat. 365, f. 46r - Immagine tratta dalla mostra online “Viaggiare con Dante” della Biblioteca Vaticana
La Lettera apostolica di papa Francesco è un grande dono anche per gli insegnanti. «Mi congratulo – scrive il Santo Padre – con gli insegnanti che sono capaci di comunicare con passione il messaggio di Dante, di introdurre al tesoro culturale, religioso e morale contenuto nelle sue opere». È una frase che interpella noi docenti sul senso del nostro lavoro volto alla trasmissione dell’opera dantesca alle nuove generazioni. Un’impresa non solo di tipo culturale, ma che si estende alla dimensione etica e spirituale. La Divina Commedia costituisce uno dei grandi pilastri del “canone occidentale”, con la Bibbia, i poemi omerici, l’Eneide di Virgilio, il teatro di Shakespeare, il Don Chisciotte di Cervantes, il Faust di Goethe, la Recherche di Proust e – credo – pochi altri testi. Lo scrittore argentino Jorge Luis Borges, già molto anziano e quasi cieco, esprimeva un grande rimpianto: quello di essere riuscito a leggere la Commedia dantesca “solo” alcune volte nella sua vita, a causa delle difficoltà linguistiche che gli avevano impedito una lettura più veloce. È
un esempio dell’imprescindibilità di quest’opera per tutta la letteratura successiva. È difficile, infatti, immaginare un testo più ricco e più vario. Non c’è moto dell’anima e dell’intelligenza umana, nel male e nel bene, e non c’è aspetto della vita che Dante non vi abbia rappresentato: l’infinitamente piccolo e sfuggente e l’infinitamente grande ed eterno. Eppure, in tutta questa materia immensamente varia, si avverte l’unità dello spirito che la crea: uno spirito limpido e potente. Il poeta statunitense Ezra Pound ha scritto che la Commedia è «il viaggio dell’intelletto di Dante attraverso quegli stati d’animo in cui gli uomini, di ogni sorta e condizione, permangono prima della loro morte; inoltre Dante, o l’intelletto di Dante, può significare “Ognuno”, cioè “Umanità”, per cui il suo viaggio diviene il simbolo della lotta dell’umanità nell’ascesa fuori dall’ignoranza verso la chiara luce della filosofia».
Ciò che Dante racconta, insomma, riguarda tutti noi, anzi ciascuno di noi nella sua individualità. “ De te fabula narratur”: se il motto oraziano è valido, in qualche misura, per ogni opera letteraria, esso è particolarmente vero a proposito del “poema sacro” di Dante. La Divina Commedia, insomma, è molto di più di un’opera letteraria. È un grande testo sapienziale, e dunque una risorsa particolarmente preziosa a scuola perché capace di offrire ai ragazzi profondi spunti di riflessione su se stessi e sul proprio essere nel mondo. Dante può essere un eccezionale compagno di strada, perché ci parla di felicità e di salvezza ( Paradiso), i due fini a cui tutti tendiamo nella nostra vita, a volte però intraprendendo strade sbagliate ( Inferno e Purgatorio). Per percorrere la via migliore abbiamo bisogno di una guida, perché da soli rischiamo di smarrirci.
Dante trova le proprie guide prima in Virgilio e poi in Beatrice. Virgilio era il suo maestro di poesia. Che grande responsabilità hanno i maestri! Possono, meglio: possiamo aiutare i nostri allievi a uscire dal labirinto in cui rischiano di perdersi, spingendoli a guardare oltre le piccole e grandi schiavitù che l’odierna società materialistica e consumistica propone. Ma se sbagliamo il percorso, finiamo per rimanerne imprigionati anche noi insieme a loro. Da insegnanti abbiamo una notevole possibilità: superando una trasmissione puramente tecnica, nozionistica, in una parola “scolastica”, guidare i nostri studenti dentro una lettura “esistenziale” della Commedia dantesca, facendo cioè emergere le grandi domande di senso che quest’opera contiene e mostrando come al luminoso splendore dei suoi versi sia sottesa una straordinaria bellezza morale e spirituale.