Stare un quarto d’ora da soli, con i propri pensieri. Senza nemmeno un’occhiata al telefonino. Anzi, magari chiusi in una stanza priva di qualsiasi elemento di distrazione. C’è chi, a parole, rimpiange di non averne mai l’opportunità, in una società sempre più veloce, interconnessa e stressante. Ma in realtà la maggior parte di costoro dice il falso. Altro che meditazione, siamo così assuefatti all’enorme flusso ininterrotto di stimoli che ci provengono dall’ambiente che non ne possiamo letteralmente fare a meno.
Non si tratta solo della noia che ci coglie quando si è costretti a “meditare” tra sé a sé, ma proprio della mancanza di stimoli forti e diretti cui non possiamo più rinunciare. Tanto che al tedio di pochi minuti in cui rimanere a pensare senza avere altre possibilità di azione o percezione si preferisce auto-infliggersi una piccola scossa elettrica. Lo ha dimostrato un gruppo di ricercatori dell’Università della Virginia, in una serie di studi appena pubblicati sulla rivista “Science” (http://www.sciencemag.org/content/345/6192/75).
Il team guidato da Timothy Wilson ha dapprima reclutato 400 studenti volontari e ha fatto loro provare l’esperienza della meditazione solitaria, che le statistiche dicono essere praticata solo dal 17% degli americani. La valutazione di piacevolezza fatta su una scala da 1 a 9 ha prodotto risultati sconfortanti: il 50% dei partecipanti ha detto di non avere apprezzato per nulla quei momenti. Ripetuto a casa, l’esperimento ha dato esiti anche peggiori: gradimento basso e molti che alla fine hanno confessato di avere imbrogliato: nei 20 minuti dell’esercizio, hanno acceso la radio o guardato lo smartphone.
Ma il bello doveva venire con l’ultimo test. A 55 giovani sono state fatte provare sei stimolazioni diverse – tre piacevoli e tre dolorose, tra cui una piccola scossa elettrica. Si è poi chiesto loro se avrebbero pagato 5 dollari per non essere più sottoposti a tale “elettroshock”: ben 42 hanno risposto di sì. Quando, tuttavia, gli stessi 55 sono stati “chiusi” a pensare per 15 minuti avendo a disposizione un tasto per auto-infliggersi la scossa, il 67% dei maschi e il 25% delle femmine l’hanno premuto, e anche più di una volta. Niente è peggio che stare in silenzio soli con i propri pensieri, a quanto pare. Anche un piccolo dolore è meno disturbante del silenzio interiore.
Un elemento in più per coloro che pensano che la tecnologia ci allontani dalla profondità del pensiero, dalla concentrazione e dalla riflessione, inducendoci invece alla dispersione, alla superficialità e alla necessità di stimoli sempre nuovi e più forti. Forse la verità sta nel mezzo, ma sull’esperimento di Wilson e colleghi c’è sicuramente… da meditare.