Ermal Meta
Sullo straziante canto di una donna di tutti i Sud del mondo si tendono la mano la grande canzone d’autore di ieri e quella di oggi. La sorprendente interpretazione di Amara terra mia di Domenico Modugno, che ha regalato la vittoria a Ermal Meta nella serata delle cover al Festival, rappresenta una sorta di passaggio del testimone in un Sanremo in cui a vincere sono i “grandi vecchi” e i “giovani vecchi”. Ovvero hanno fatto bella figura gli artisti più maturi come Mannoia, Turci, Ron, Masini, Zarrillo con brani strutturati e interpretazioni di classe, ma anche quei (pochi) giovani non contaminati dalla banalità del talent. Quelli che hanno affinato le loro capacità con tenacia e pazienza, in maniera artigianale, in una lunga gavetta per produrre risultati davvero nuovi. Anche perché mai come quest’anno il palco dell’Ariston mostra una cesura generazionale senza ritorno, dove lo spartiacque è rappresentato dai social seguiti dai giovanissimi che stanno archiviando anche i talent. Sconosciuti ai più, celeberrimi sul web sono sbucati sul palco come Campioni Lodovica Comello, 1 milione e 100mila follower su Twitter e una carriera internazionale nei musical Disney, o il rapper Raige (400mila follower). Talenti o fenomeni? Il rischio è dietro l’angolo. È il caso di Michele Bravi, vincitore di X Factor nel 2013 e poi lasciato a se stesso fino a ritrovare una nuova vita sui social (ha 400mila follower) e ripassare dal via per Sanremo con un buon progetto d’autore, Il Diario degli errori firmato Cheope e Filippo Anastasi (figlio e allievo di Mogol).
«Ho fatto una lunga trafila? Credo di aver fatto solo il percorso normale che chiunque dovrebbe fare per diventare artista», spiega invece Ermal Meta, 36 anni, alla sua quarta vita sanremese, stimato nell’ambiente per avere firmato successi per Fiorella Mannoia, Francesco Renga, Patty Pravo, Emma. Che ha preso in contropiede tutti con un brano autobiografico, coraggioso e dalla efficace scrittura pop contro la violenza in famiglia, Vietato morire. Per farsi conoscere meglio, regala l’album precedente Umano abbinato a quello nuovo Vietato morireuscito ieri. Figlio di due musicisti dell’orchestra sinfonica di Fier, in Albania, studia pianoforte dall’età di cinque anni e va a tutti i concerti della mamma violinista («Il mio eroe da piccolo era Mozart»). A tredici anni arriva in Italia e inizia la gavetta fra le band italiane underground Ameba 4 e La fame di Camilla, fino lanciarsi come solista a Sanremo Giovani nel 2016. Dove si è scontrato con un altro “giovane vecchio”, quel Francesco Gabbani, 34 anni, autore di testi ironici e surreali che lo ha battuto con Amen. E promosso anche lui in Serie A quest’anno, dopo un lungo percorso, con una divertente e pensosa Occidentali’s Karma.
Come aggiunge Meta, «scrivere canzoni nasce dalla necessità interiore di buttare sulla carta e poi sul pianoforte tutto quello che vivo». Tenendo sì presenti i cantautori del cuore come De Gregori,Vasco e Fossati ma soprattutto le buone letture. «Quando scrivo i testi mi ispiro alle storie che leggo. La musica nasce dai libri». E può anche nascere dal teatro: è il caso di Maldestro, in gara fra i Giovani, che ha vinto ieri il premio della critica Mia Martini nel suo settore e il premio Assomusica. Vero nome Antonio Prestieri, nato a Scampia 31 anni fa da un boss della camorra e “salvato” da quell’ambiente dalla madre, ha scritto 15 opere teatrali, partecipa a iniziative per la legalità in carceri minorili e scuole e fa incetta di premi d’autore. A Sanremo dedica a una amica «mangiata dalla vita » la sua Canzone per Federica che sarà nell’album I muri di Berlino in uscita il 24 febbraio. «Sono arrivato a Sanremo da indipendente, lavorando duro, cercando di costruire, suonando in tantissime cantine. È tutta esperienza. Quello che conta dopo il Festival? Testa sulle spalle e continuare a costruire».