martedì 6 giugno 2023
Ufficiale la separazione col dirigente ed ex capitano in contrasto con la proprietà americana del club rossonero. Giocatori sconcertati e tifosi sul piede di guerra dopo l’ennesimo ribaltone
Paolo Maldini, bandiera del Milan, ex direttore dell’area tecnica del club rossonero

Paolo Maldini, bandiera del Milan, ex direttore dell’area tecnica del club rossonero - Reuters

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Spesso un emoticon dice più di mille parole. La faccina perplessa postata da Leao sui social riassume il grande turbamento del popolo rossonero per l’ennesimo ribaltone in società. Un tweet muto come i tanti rossoneri rimasti senza parole davanti a una decisione così drastica e inattesa anche da parte degli stessi giocatori. Paolo Maldini non è più il capo dell’area tecnica: ieri è arrivato anche lo scarno comunicato ufficiale del club che sancisce lo strappo provocato dalla proprietà statunitense del club. È bastato un colloquio di pochi minuti in un albergo in centro a Milano lunedì mattina (il comunicato è datato proprio 5 giugno). Gerry Cardinale, il numero uno di RedBird, si è limitato a comunicare velocemente a Maldini il suo esonero.Nessun confronto, dicono le cronache, solo un freddo saluto come nemmeno al peggior dipendente. Una modalità molto americana, è stato detto, peccato però che qui si tratta oltre che di una bandiera del club, anche di un dirigente che ha contribuito alla rinascita del Milan.Che i rapporti tra i due non fossero idilliaci lo si sapeva già.

Nemmeno lo scudetto dell’anno scorso era riuscito a evitare le frizioni e il rinnovo di Maldini era arrivato all’ultimo giorno di contratto. La stagione appena conclusa poi non è stata certo esaltante: zero trofei, un quarto posto in campionato arrivato solo per la penalizzazione della Juve e la semifinale di Champions finita in malo modo con due brutte sconfitte nell’euroderby. Curioso però che a pagare siano soltanto Maldini e il ds Ricky Massara e non l’allenatore, Pioli, che invece è stato confermato. Certo ai due dirigenti viene rimproverato un mercato quest’anno fallimentare. In realtà l’operazione più eclatante è stata solo una e si è rivelata un flop. Aver impiegato la quasi totalità del budget su un giocatore solo (il giovane belga De Ketelaere) viene considerato un peccato imperdonabile.Del resto però l’indirizzo della proprietà è quello di puntare su giovani di belle speranze e non sempre ti può andare bene. Non tutti gli anni puoi pescare giocatori come Leao, Theo Hernandez, Maignan, Tomori, Bennacer, Tonali... L’ossatura del Milan campione d’Italia insomma, che porta soprattutto il timbro di Maldini e Massara, ma la memoria, si sa ,nel calcio può essere molto corta.

È chiaro che Cardinale si sta prendendo una responsabilità molto grande. Lui che ha candidamente ammesso di non conoscere l’albo d’oro della massima competizione europea («Non sapevo che solo il Real Madrid avesse più Champions dei rossoneri») ha silurato uno che con la maglia rossonera è stato cinque volte campione d’Europa e ha vinto tutto quello si poteva vincere.Maldini non è una leggenda del Milan, è il Milan stesso ripetono i tanti tifosi già sul piede di guerra. Il garante di un progetto vincente dopo annate da incubo. Gli ultimi anni di disimpegno dell’epoca d’oro berlusconiana e l’illusione cinese dell’inadempiente e misterioso Li Yonghong avevano portato il club nelle mani del fondo statunitense Elliott nel luglio del 2018. Ma il risanamento finanziario (costato anche l’esclusione dalle Coppe) non ha garantito anche la stabilità dirigenziale. Negli ultimi quattro anni sono state tante le burrasche e gli addii improvvisi: da Leonardo a Boban fino ai tira e molla con Maldini.Ora l’ennesima tempesta, con RedBird (che nel 2022 ha acquisito il club) attesa al varco.

Non è detto che un grande giocatore debba essere per forza un grande dirigente. Ma Maldini lascia uno scudetto atteso 11 anni e il ritorno stabile in Champions League. Voleva un budget più consistente e l’ha esternato in più occasioni. La proprietà americana non ha gradito ma ora dovrà dimostrare sul campo di essere all’altezza. Il ventilato progetto di business, che comprende anche lo stadio nuovo, prevede investimenti oculati nel segno della statistica. Non a caso l’idea è quella di valorizzare le risorse interne puntando sull’attuale capo scout Geoffrey Moncada. È l’artefice di molti acquisti importanti di questi anni e ha un approccio che piace molto a Cardinale: selezionare giocatori in base ai dati e non ai nomi. È il metodo di Billy Beane, l’uomo che ha rivoluzionato il baseball (e ispirato il film Moneyball con Brad Pitt) che potrebbe anche lui essere coinvolto dagli americani.Basterà? Ai posteri l’ardua sentenza, ma Maldini era il collante tra i giocatori e la proprietà. Aveva un rapporto speciale con i calciatori (la bocca cucita di Leao sui social parla per tutti) ed esercitava un magnetismo sul mercato difficile da eguagliare. Perché alla fine più che i numeri e le statistiche a fare la differenza sono e saranno sempre gli uomini in carne e ossa che scendono in campo vestendo questi colori.

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