Correva l’anno 1215 e re Giovanni Senza Terra, proprio il protagonista della vicenda di Robin Hood, avido, corrotto e despota, veniva costretto dal capo della Chiesa inglese e dai suoi baroni a firmare la Magna Carta libertatum. Ottocento anni dopo l’Inghilterra festeggia. Dopo tutto in quel lontano 15 giugno cominciò una buona parte della civiltà occidentale. Leggi, diritti umani, democrazia. L’idea che i potenti non debbano solo comandare ma, anche, servire e rispondere delle loro azioni a noi, i cittadini. Quei pezzi di pergamena sui quali feudatari e sovrano misero i loro sigilli, sul bellissimo prato di Runnymede, sul Tamigi a ovest di Londra, sono una delle eredità più importanti della cultura mondiale. Citati da Tommaso Moro e Nelson Mandela, influenzarono Thomas Jefferson mentre scriveva la Dichiarazione di indipendenza degli Stati nordamericani dalla Gran Bretagna e vengono nominati, anche oggi, quando si parla di concedere autonomie locali dal potere centrale dello Stato o di una «carta dei diritti di internet». «La Magna Carta agisce da protezione contro tirannia e dispotismo, per evitare che chi comanda faccia quello che vuole – spiega lo storico James Kelly, docente di Cattolicesimo inglese all’Università di Durham –. È un passo avanti enorme, perché prima il re aveva un potere illimitato. In termini moderni, è il primo contratto sociale che chiarisce che cosa ci si aspetta dal leader e anche, per certi aspetti, dalla gente, i sudditi. La Magna Carta è importante, oggi come ottocento anni fa, perché ad essa risalgono le leggi che ci proteggono dagli abusi di chi comanda, si tratti di corruzione dei politici o di intercettazioni telefoniche. Se ci aspettiamo alti standard nella vita pubblica lo dobbiamo alla Magna Carta dove, per la prima volta, i cittadini dissero “Non siamo contenti di quello che sta succedendo con il nostro governo”». Non solo. La Magna Carta tutela anche la Chiesa e il suo ruolo pubblico: «Ottocento anni fa l’Inghilterra stava andando a pezzi, per colpa delle divisioni provocate da questo re corrotto – continua Kelly – e sarebbe potuta scivolare in una guerra civile. Per fortuna intervenne papa Innocenzo III, che, col primate inglese Stephen Langton, riuscì a portare la pace nel Paese e a raccogliere attorno a quelle pergamene il re e i baroni. Il Papa e Langton erano genuinamente preoccupati del benessere del Paese quando spinsero per avere la Magna Carta». Secondo lo storico «oggi gli studiosi concordano sul fatto che Langton fu un grande statista che rese le tensioni del regno di Giovanni Senza Terra meno sanguinose. E riuscì a farlo perché era un leader spirituale. La Chiesa ebbe così successo a far riconoscere questi diritti, che oggi chiamiamo umani, ma che derivano sostanzialmente dalla teologia cristiana. Qual è, infatti, la base della democrazia? Che una singola persona ha un voto e che siamo tutti uguali davanti alla legge e questo concetto deriva dall’idea che siamo tutti uguali davanti a Dio. L’arcivescovo Langton ha visto il re che abusava del suo potere nei confronti dei suoi sudditi e, grazie alla sua visione cristiana, ha pensato che fosse profondamente ingiusto: ed è intervenuto. Così la Chiesa ha ricostruito il rapporto di fiducia tra re e sudditi costringendo Giovanni a firmare la Magna Carta. Su questo ruolo della Chiesa, col passare degli anni, è caduto l’oblio». Non va poi dimenticato che Innocenzo III era un grande fan di Tommaso Becket, il primate di Canterbury che pochi decenni prima, a costo della vita, aveva difeso il diritto della Chiesa di essere libera e di avere un ruolo pubblico. Secondo lo storico dell’Università di Durham l’idea di concedere nuovi poteri alle autorità locali – città e regioni –, che fa discutere oggi i politici inglesi, ha le sue origini proprio nella Magna Carta, così come la proposta di realizzare una Carta dei diritti globali di internet avanzata da uno degli inventori della Rete, Tim Berners Lee.