Si devono fare parecchie strade per seguire le orme dei Magi. Recitato, cantato, scolpito, dipinto, il racconto del loro viaggio incontro al Creatore divenuto creatura, ispirato ai dodici versetti del Vangelo di Matteo, poi arricchiti dagli apocrifi sull’infanzia di Gesù, si è riproposto lungo i secoli nell’arte, nella letteratura, nelle tradizioni. C’è però un elemento che offre alle prime comunità cristiane, anche se non subito, di rilevare quel quid che permetterà alla Chiesa di sottolineare la novità legata alla nascita del Salvatore: la provenienza dal lontano Oriente di questi visitatori misteriosi prostrati ai suoi piedi.
Un dato che conferisce universalità al messaggio cristiano della salvezza, 'cifra' inizialmente teologica poi divenuta patrimonio di tutti, anche grazie a un ricco ciclo di narrazioni. Storie e leggende che non hanno conosciuto confini nel mondo eurasiatico e poi negli altri continenti, abbracciando una rete di archetipi e riti capaci di ispirare ancora i moderni. E, ciò, anche nonostante espressioni tanto diverse come documentano i quattordici saggi raccolti sotto il titolo La luce della stella. I Re Magi fra arte e storia (Mimesis, pagine 274, euro 25), presentati da Antonio Panaino e Franco Cardini (pure autore dell’intramontabile I Re Magi. Leggenda cristiana e mito pagano tra Oriente e Occidente , edito da Marsilio).
Superate iniziali esitazioni, sono gli stessi dottori della Chiesa a dare consistenza alla popolarità di un mito che la fede popolare esalta e già l’arte paleocristiana aveva illustrato. È però nel Medio Evo che questi sapienti, probabilmente astrologi di una stirpe caldaica, si avviano a diventare re: in rapporto sì al suggerimento di una tarda profezia biblica, ma soprattutto come icone della sottomissione del potere politico ed economico, a quello spirituale e religioso. Perché stupirsi dunque se le loro 'reliquie' si 'ritrovino' nel XII secolo, e, vista l’importanza loro attribuita, si rivelino utili nel dissidio tra Alessandro III e l’Imperatore Federico Barbarossa? E perché meravigliarsi se progressivamente escono dall’anonimato? Così sono diventati tre, uno bianco, uno giallo e uno nero; e le leggende hanno affibbiato loro dei nomi. Così testi di gran diffusione ne hanno compendiato ogni fonte: dalla Leggenda aurea del domenicano Jacopo da Varazze e dal Viaggio dei Magi del confratello Giordano da Pisa, sino alla Historia Trium Regum del carmelitano Giovanni di Hildesheim, che è la strenna di quest’anno delle Edizioni San Paolo proposta col titolo Il viaggio dei Re Magi, preceduta da una prefazione del cardinale Gianfranco Ravasi e accompagnata da un rilevante apparato iconografico (pp. 177, euro 30).
Dalla devozione medioevale a quella moderna, passando attraverso lo snodo rinascimentale, la storia dei Magi conosce nuove tappe. La rottura della cristianità con la Riforma protestante (Lutero e Calvino erano contrari al loro culto), il progressivo sviluppo dello Stato moderno accompagnato dall’incipiente laicizzazione (con i suoi nuovi stemmi e simboli, o l’affermarsi della stampa), le scoperte geografiche e la rivoluzione scientifica, fanno sentire le loro conseguenze sulle 'figure'dei Magi medievali che si sfaldano o resistono solo in funzione visiva dello sfarzo delle corti, nelle contaminazioni del pensiero magico- astrologico di derivazione neoplatonica o dal 'congiunzionismo' arabo ed ebraico. Ma è con l’età moderna che i Re Magi conoscono un certo declino ed è la Rivoluzione francese che li decapita con la loro funzione simbolica di potere regale, insieme a Luigi XVI: persino la galette des Roi, il dolce tradizionale in loro onore viene proibito ai pasticcieri francesi, per non dimenticare il fatto che le loro 'reliquie' per timore di profanazioni rivoluzionarie vengono portate al di là del Reno fra il 1794 e il 1804. Tuttavia, non scompaiono di certo, e la Chiesa cattolica, ne favorisce nuovi approcci, valorizzando il loro significato nella dialettica fra società e Chiesa, riaffermandoli in una dimensione missionaria nell’impegno di evangelizzazione, elaborando nuove riflessioni sul senso del dono che coinvolgono teologi e pastori, santi e mistici.
Con i Magi che finiscono per incarnare più che re offerenti, poveri questuanti. Tutte fasi, quelle appena accennate, che ritroviamo approfondite in un volume appena uscito di Fulvio De Giorgi I Re Magi. Un cammino nei secoli (Els La Scuola. Pagine 144. Euro 14,00) curato da Paolo Infantino e dotato di un rilevante corredo di immagini. Un saggio che nell’ultimo capitolo si ferma sulla festa dell’Epifania e l’origine della Befana. In ogni caso, è difficile non constatare - insieme alle tradizioni popolari e alle interpretazioni nella letteratura (Michel Tournier) e nel cinema (Ermanno Olmi), meno nell’arte contemporanea (Henri Lindegaard) e nella musica (Italo Montemezzi) - la sostanziale tenuta sino al nostro tempo dei personaggi ricordati nella celebrazione liturgica del 6 gennaio. Questi 'cercatori di Dio' che non conoscevano la Bibbia, ma confidavano, oltre che nel loro sapere, nel segno di una stella, ci fanno ancora compagnia e li riconosciamo sempre più nei cosiddetti 'lontani' per la loro posizione vuoi religiosa vuoi geografica, con il loro carico di domande e doni simbolici.
Mai dimenticando che «in fin dei conti i Re Magi sono personaggi secondari e aneddotici: il centro della scena è Gesù», ma «come loro, anche gli uomini sono alla ricerca di una speranza e i Re Magi continueranno, forse, a guidarli ancora »: così Madeleine Félix nel volume I re Magi (riproposto in nuova edizione da Jaca Book, pagine 239, euro 90): un’opera che scandaglia il terreno alle fonti del racconto (la base canonica di Matteo, le leggende orientali, gli Apocrifi, i Commenti dei Padri della Chiesa), si sofferma sull’ 'invenzione' e le traslazioni delle reliquie (da Costantinopoli a Milano, poi a Colonia); quindi passa in rassegna il tema nell’iconografia (con un apparato sorprendente), nella letteratura (agiografie, poesia, teatro, musica), nelle tradizioni (riti, cibi, pratiche fra sacro e profano).
Anche questo volume, come gli altri citati, finisce per ricordarci l’importanza di un cammino. Un 'errare', che può essere letto come viaggiare, ma anche sbagliare. Sempre pieno di senso purché orientato alla ricerca di una verità da raggiungere insieme. Se poi - come qualche storico del cristianesimo ha osservato - tutta la vicenda fosse stata solo un artificio letterario propagandistico (la redazione di Matteo si colloca dopo il 70 d.C. quando il cristianesimo si stava diffondendo fuori dalla Palestina), non cambia il contenuto nel messaggio di un Messia rivelatosi a tutti. Anzi, a rileggere bene, noto prima a questi 'Gentili', a questi 'Magi', che al 'clero di Gerusalemme'.