lunedì 7 dicembre 2020
Il grande regista torinese chiamato a cucire una prima inedita, oggi su Rai 1. «Sarà la celebrazione della cultura italiana»
Il regista Davide Livermore durante le prove di A riveder le stelle alla Scala

Il regista Davide Livermore durante le prove di A riveder le stelle alla Scala

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«È molto difficile, ma sono grato per essere stato scelto da Scala e Rai. Non posso che ringraziare il cielo di potermi mettere al servizio di qualcosa di più grande che sono l’opera e la cultura italiana». Il regista Davide Livermore da giorni è rinchiuso al Piermarini e ora sta dando i ritocchi finali al 7 dicembre più atipico di sempre, il primo totalmente virtuale. La Scala non a caso ha chiamato lui, poliedrico artista internazionale che da sempre unisce cinema, teatro e opera lirica, per cucire visivamente il programma di A riveder le stelle, in onda oggi dalle 16.45 su Rai 1, Radio 3 e Rai Play.

Livermore, 54 anni, ora mette a segno il suo terzo 7 dicembre consecutivo dopo lo spettacolare Attila nel 2018 e Tosca che l’anno scorso conquistò il titolo di opera lirica più seguita in tv catturando 2 milioni 856mila spettatori, pari al 15% di share. Il sant’Ambrogio della Scala, in tre ore di corposo spettacolo registrato dal vivo senza pubblico in sala, promette ritmo e invenzioni visive: la serata raccoglie 25 fra i maggiori cantanti del mondo ma anche i ballerini scaligeri, Roberto Bolle in testa, protagonisti in tre momenti tra i quali una creazione del neodirettore Manuel Legris, per celebrare un secolo di musica e di cultura italiana ed europea. La sfida che attende Livermore è di quelle da far tremare i polsi, sostituire addirittura in corner l’opera Lucia di Lammermoor. «La salute è una delle responsabilità principali, e lo dico anche da sovrintendente del Teatro Nazionale di Genova – ci spiega il regista torinese –. Certo la cancellazione di un’opera è sempre qualcosa di profondamente doloroso, mi piange il cuore…».

Quando si parla di una sua regia l’aggettivo più usato è “cinematografica”. «Io trovo che il cinema sia una chiave per avvicinare e rendere riconoscibili delle storie che oggi non possiamo dare per scontate – aggiunge il regista –. La sovrapposizione di montaggio cinematografico e montaggio teatrale rende moderna la convenzione teatrale ». Non mancherà anche una vespa che attraversa il palco della Scala a mo’ di Vacanze romane e un omaggio ai cento anni di Fellini in questa lunga carrellata che, dopo l’Inno di Mameli, metterà insieme i «cortigiani vil razza dannata» del Rigoletto di Verdi e il «piccolo Iddio» della pucciniana Madama Butterfly, passando per sette minuti di assolo di Roberto Bolle sino al poderoso finale del Guglielmo Tell di Rossini.

Come tenere insieme tutto questo? «Io sono stato chiamato a trasformare un flusso musicale in un flusso narrativo – spiega il maestro –. Con i “dramaturg” Alfonso Antoniozzi, Andrea Porcheddu, Paolo Cucco, Chiara Osella, Gianluca Falaschi abbiamo provato a dare un senso tematico a queste scelte musicali bellissime fatte da Chailly e Meyer. Dovevamo trasformare un potenziale concerto di gala in un gioco narrativo emozionante. L’obiettivo è far sentire quanto l’opera racconti la nostra vita e quanto questa è presente nella nostra società». Da sempre Davide Livermore è uno strenuo difensore della cultura italiana. «In questo momento così difficile possiamo riconoscerci tutti nel più grande valore che abbiamo: la cultura, la bellezza, che è anche ricchezza economica. Ci siamo resi conto che un euro investito nella cultura dallo Stato, ritorna nella comunità sei volte. Il 7 dicembre sarà la celebrazione del Teatro alla Scala, che della azienda culturale Italia rappresenta la punta di diamante». Il racconto televisivo sarà diviso in diversi capitoli di cui fanno parte due o tre arie ciascuno.

«Abbiamo dato una scansione ritmica tematica: la critica al potere, la voce dei deboli, le donne, gli eroi, la speranza di rinascita – aggiunge –. Un abbraccio particolarissimo verrà fatto al cinema, arte che ha preso molto dall’opera. L’opera, d’altronde, è la simultaneità di tutte le arti. Ci sono due arie particolarmente care al mondo felliniano, che omaggeremo nel centenario della nascita». Oltre alla danza, Livermore non dimentica la prosa: «Vogliamo che l’opera abbracci anche il mondo dei grandi attori di prosa e di cinema, come Massimo Popolizio e Laura Marinoni che daranno voce alla narrazione, e soprattutto quei tanti attori straordinari che continuano a resistere in momento di non visibilità». Inoltre il Piermarini lo si vedrà come non si è mai visto, dato che ogni anfratto è stato utilizzato per le registrazioni. «Ho voluto allargarmi in posti segreti della Scala, nei laboratori dei costumi, nel retropalco, in anse che sono una parte fondamentale del teatro dove si produce – prosegue il regista –. La tecnologia sarà fondamentale. Un grande artista come Paolo Cucco, che collabora con me da anni, utilizzerà la realtà aumentata che ci consente di cambiare spesso gli ambienti».

Si rende conto che questo 7 dicembre rimarrà nella storia? «L’11 maggio del ’46 Toscanini tenne un concerto per la liberazione dal nazifascismo che fu fondamentale per la rinascita simbolica del Paese – ricorda –. Siamo in situazione molto diversa, ma mi piace l’idea che il concerto del 7 dicembre possa essere una sorta di punto da cui ripartire con speranza, dalla cultura e dall’arte perché sono un fondamento di questa società, quello che rende unico questo Paese». Anche per Livermore il periodo non è stato semplice con ben 10 produzioni nuove in giro per il mondo cancellate. «Io sono profondamente fortunato perché sono al lavoro per tenere aperto il teatro – ci anticipa – . Sto lavorando a opere liriche, alla tragedia greca per l’estate prossima a Siracusa, a nuove produzioni per il Teatro Nazionale di Genova. E poi realizzo un sogno, girerò un film, che ho scritto con Paolo Cucco, una coproduzione internazionale con Rai Cinema. La storia di tutte le storie, quella di un uomo che ama una donna che muore il giorno del matrimonio e va a riprenderla agli inferi…».

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