Lisetta Carmi, “Voci allegre nel buio” al Man di Nuoro: Orgosolo, uscita dalla chiesa, 1964 - © Lisetta Carmi-Martini & Ronchetti
«Il sole va ruotando con i suoi capelli di fuoco. Il sole è cattivo. Il sole è rosso. Il sole è molto cattivo. Brucia la terra, l’erba, tutto. E il contadino lavora con i buoi. La luna è povera. È allegra. La luna va sola nel cielo e senza vestiti. Ma lei se ne importa e non ha bambini. Il foglio costellato di macchie e la scrittura grossolana sono indubbiamente di Giovanni Piras, “Don Coco”. Suoi i disegni astratti». Racconta, con la fantasia di un bambino, «il dramma di suo padre, il dramma di tutti i sardi che vivono sulla terra e della terra, il dramma della Sardegna. Il dramma della siccità e insieme della infinita pazienza del contadino sardo che con l’aratro a buoi continua a raschiare la sua terra arida. Il dramma di questi bambini ai quali la violenza del sole rende scarso il pane e spesso nullo il companatico». Quello su Don Coco è uno dei tanti, intensi affreschi narrativi che Maria Giacobbe dipinge nella rubrica Diario di una maestra sul settimanale Il Mondo (nel numero del 13 novembre 1956) diretto da Mario Pannunzio. Una “ragazza di buona famiglia” e giovane insegnante nel suo “noviziato vagante” nella scuola dell’entroterra sardo. In una Sardegna povera e che sembrava condannata della provincia di Nuoro, in Barbagia. Oliena, Fonni, Bortigali. E Orgosolo, quella che era considerata “l’università del delitto”. Invece, tre anni trascorsi fra “la sua gente” hanno smontato stereotipi e costruito un rapporto di affetto e solidarietà con i ragazzi e le loro famiglie, tratteggiato speranze. I racconti di Maria Giacobbe (poi raccolti nel libro Diario di una maestrina, edito da Laterza nel 1957, e poi ristampato nel 1975 e nel 2003 da Il Maestrale) colpiscono l’allora musicista che vive al di là del mare, a Genova: Lisetta Carmi e la sua famiglia contattano Maria Giacobbe per avere l’indirizzo della famiglia Piras e poter inviare alcuni pacchi dono. Nel dicembre 1962 Lisetta Carmi, che nel frattempo aveva abbandonato la carriera di pianista per dedicarsi alla fotografia come mezzo di impegno politico e di ricerca interiore, non resiste al desiderio di raccontare quella realtà così aspra: parte per la Sardegna, arriva a Orgosolo e si presenta a casa Piras. Inizia da qui una storia d’amore fra la fotografa, oggi 97enne, e la Sardegna. Un racconto durato fino al 1976, anno in cui Lisetta smette di scattare, folgorata dall’incontro con il maestro indiano Babaji in un viaggio in Oriente che la porterà a “ritirarsi” a Cisternino, in Puglia e a fondare un ashram. Una selezione delle oltre duemila fotografie scattate in quel periodo da Lisetta Carmi sono esposte ora per la prima volta in una mostra inedita ed emozionante al Man di Nuoro (fino al 20 giugno, fra le danze colorate delle aperture e chiusure del momento, info www.museoman.it), intitolata “Voci allegre nel buio”, a cura di Luigi Fassi e Giovanni Battista Martini (catalogo Marsilio). «Mi piaceva – ha scritto Carmi – quella società arcaica e fiera, i pastori sui monti, le fabbriche di sughero a Calangianus, i boschi di corbezzoli, le masserie con le pecore e i cavalli, il pane carta-musica, Gramsci che è sardo ed è l’orgoglio dei suoi conterranei».
Il primo soggiorno di Lisetta – racconta Martini – «coincide con un drammatico fatto di cronaca. Il 21 dicembre viene ucciso il carabiniere a cavallo Carmelo Natoli Scialli in un conflitto a fuoco nelle campagne di Urgurui, vicino Orgosolo. Al funerale, la fotografa documenta con una trentina di scatti in successione l’uscita del feretro del carabiniere sul sagrato della basilica di Santa Maria della Neve a Nuoro. Il giorno di Natale, realizza invece una serie di scatti di Orgosolo, fotografando il paese da diverse angolazioni». Lisetta entra poi nelle case, con numerose «scene di interni. Un soggetto che riprenderà anche negli anni a seguire, grazie alla frequentazione della famiglia Piras - con cui stabilirà un rapporto di amicizia che durerà fino ai nostri giorni -, è la preparazione del pane carasau, una lavorazione lunga e complessa che ha radici nella tradizione profonda del popolo sardo». Nel 1964 tornerà ad agosto, nel mese della festa dell’Assunta: la macchina fotografica è puntata sui costumi, la corsa dei cavalli, i cantori. Un interesse che si ripete nel 1966, quando documenta il “Capodanno di Orgosolo: la festa della Candelaria”. Foto e testo, come un diario di viaggio che accompagna sempre il suo andare: «Gruppi di donne (per lo più quattro) cominciano a girare per il paese, si fermano vicino alle case dei giovani sposi e cantano brevi canti di augurio. Nel buio si sentono queste voci allegre…». Ecco le “Voci allegre nel buio”, il titolo alla mostra: «Viva viva s’allegria / E a terra sos ingannos / Bonos prinzipio d’annos / Bordie Deus e Maria / Viva viva l’allegria».
Lisetta Carmi, “Voci allegre nel buio” al Man di Nuoro: Irgoli, ragazza alla fontana, 1964 (stampa ai sali d’argento) - © Lisetta Carmi
Carmi si muove nei territori della Giacobbe, la scrittrice con cui si incontra e si scrive anche quando si trasferirà a Copenaghen (dove tuttora vive, a 92 anni) dopo aver conosciuto il futuro marito, lo scrittore Uffe Harder. «Era una Sardegna povera quella che avevo descritto, ma una Sardegna che forse stava per svegliarsi e rialzarsi», annotava Giacobbe nella prefazione all’edizione del 1975. Ma così non era stato, spiegando poi le speranze deluse dal Piano di Rinascita che stentava a decollare. Quelle pagine che «avrebbero potuto e dovuto invecchiare» erano ancora attuali. Le stesse che aveva documentato Lisetta Carmi. Nel 1976 la fotografa torna ancora in Sardegna, ma con un altro sguardo: «È un lavoro su committenza, conferitole dalla Dalmine, per realizzare un libro fotografico dedicato alle acque nel paesaggio della Sardegna - racconta il direttore del Man, Luigi Fassi -. Ma il libro non vedrà la luce, a differenza di quello sulla Sicilia, e le fotografie rimarranno in larga parte inedite». In mostra scorrono anche una serie di diapositive a colori, esposte per la prima volta, e due sezioni che riprendono le celebri serie de I travestiti (1965-1971) e degli operai al porto di Genova (1964). La Carmi di denuncia che non manca neanche nelle foto sarde. Quando documenta le fasi di avviamento del porto turistico di Porto Cervo e la “valorizzazione turistica” della Costa Smeranda: «È il progetto, avviato dall’Agha Khan nel 1962 – racconta Fassi – destinato a mutare il destino della parte nord-est dell’isola, trasformandola da svantaggiata zona di pascolo in luogo d’attrazione estiva per l’élite del turismo internazionale. Le foto della costruzione di Cala Volpe a Porto Cervo rivelano lo stridente scarto sociale che si crea tra i paesi dell’interno come Orgosolo, e il nuovo progetto residenziale. Uno scenario che agli occhi di Carmi appare “assurdo e irrazionale”». E che non ha salvato i ragazzi di Maria Giacobbe. «Che cosa fanno oggi – si chiedeva la maestra nel 1975 – quelli che a Orgosolo furono i miei allievi e miei amici? Eugenio, Andreana, Luciana, Giovanni, Don Coco, Pietro non sono più in Sardegna, fanno parte anche loro del grande esercito degli emigrati, partiti per destinazioni diverse e accolti da sorti diverse». Don Coco, la cui storia emozionò Lisetta al punto di spingerla in Sardegna, «lavora alla Renault, abita alla periferia di Parigi, è sposato a una bella ragazza egiziana (che “ama la lettura”, come lui mi ha scritto) e di recente è diventato padre (“i figli sono il sole della vita”)». Quel sole “cattivo” è diventato “buono”. Lontano dalla Sardegna. Che di certo non avrà mai dimenticato, insieme alle “voci allegre nel buio”. Come la maestra e la fotografa, una a Copenaghen, l’altra a Cisternino.