Una scena della fiction “L’Aquila - Grandi speranze” di Marco Risi
Sono trascorsi dieci anni dal terremoto che, in una sola notte, distrusse L’Aquila e i paesi circostanti. Dieci anni di ricostruzione, di ricordi, di case mai più aperte o ricostruite. Anni di macerie che convivono con palazzi quasi nuovi, immacolati, perfetti. Per ricordare quell’evento senza facili pietismi o biechi profitti, ci prova la serie L’Aquila Grandi Speranze, in onda da martedì 16 aprile su Rai 1. Come racconta lo sceneggiatore Stefano Grasso, il titolo è ispirato a Charles Dickens che, con Grandi speranze, ha regalato uno dei personaggi di finzione della serie. L’universo letterario di riferimento è alto: realtà e finzione si mescolano per restituire il dolore, ma anche la forza dei terremotati, dopo quel 6 aprile 2009. A dirigerla c’è Marco Risi, un regista capace di coinvolgere attori professionisti e giovani aquilani, che non avevano mai avuto esperienza su un set. Ci sono voluti ben cinque mesi di lavorazione, preceduti da due anni di scrittura a cura dello stesso Grasso insieme a Doriana Leondeff.
Mesi importanti ed essenziali, in cui le riprese si sono svolte spesso nelle zone che ancora oggi manifestano segni visibili del terremoto. Lo racconta commosso Marco Risi, che ripercorrendo le strade de L’Aquila insieme ai giornalisti, spiega la genesi delle scene, ricorda i dettagli e le persone incontrate: «A Onna, un paesino che forse è il più disastrato di tutti, ho conosciuto una donna di 82 anni e sua figlia, che in quella terribile notte, ha perso due bambine. La nonna mi ha spiegato che ora vive in 40 metri quadrati. Prima aveva una casa molto bella, la sua camera da letto era più grande dell’intera casa nella quale vive oggi. Le sue parole mi sono rimaste impresse. Sempre con il sorriso sulle labbra e gli occhi limpidi, mi ha raccontato cosa ha visto quella notte: la parete della sua camera sfogliarsi come la pagina di un libro. Ha tentato di uscire, ma è caduta e si è fratturata entrambe le gambe. È rimasta otto ore sotto le macerie e, da quel momento, è diventata amica della morte».
Di quella notte e dei giorni successivi, la serie vive nei ricordi delle persone: L’Aquila - Grandi Speranze inizia un anno e mezzo dopo il terremoto. Anticipando alcuni dettagli che nella realtà sono accaduti più tardi, come la costruzione delle nuove case, la fiction si apre all’inizio dell’anno scolastico: i ragazzi sono l’anima della storia. Come ne I ragazzi della via Pal, altro romanzo che ha ispirato la serie, un gruppo di giovani si impossessa della “zona rossa”, quella parte della città piena di macerie e vietata all’accesso. Sono guidati da Davide (Andrea Pittorino) e da Simone (Gabriele Fiore). Sono gli stessi che saranno costretti a fare i conti con una squadra di rivali, che vuole impadronirsi di quel territorio. I loro genitori, nella prima puntata presentata ieri alla stampa nell’auditorium che Renzo Piano ha realizzato a L’Aquila, ritraggono le molteplici sfumature psicologiche degli adulti: dalla speranza alla solitudine, dalla silenziosa disperazione alla finta calma.
C’è Gianni (Giorgio Tirabassi), direttore del museo de L’Aquila, che è tornato a vivere nel centro storico e sta organizzando una manifestazione nel centro della città. È sposato con Elena (Valentina Lodovini), casalinga, che sorride sempre, ma ha la solitudine nel cuore; c’è Silvia (Donatella Finocchiaro), che fa la restauratrice e non si dà pace dopo l’archiviazione del caso che coinvolge sua figlia Costanza, sparita la notte del terremoto; è sposata con Franco (Giorgio Marchesi), uno psichiatra, che prova a convivere con il dolore. Nella serie non manca anche chi sembra approfittare della situazione, come il costruttore romano Riccardo De Angelis (Luca Barbareschi) che ha costretto la figlia Margherita (Rosa Enginoli) a trasferirsi in Abruzzo e che ora, a tre anni di distanza dalla perdita della madre, non riesce ad accettare la presenza di Giulia (Francesca Inaudi), la nuova compagna del padre, che ha realizzato il progetto di costruzione delle case aquilane. «Mentre gli adulti guardano al passato – spiega Eleonora Andreatta, direttore di Rai Fiction, coproduttrice del film insieme a IdeaCinema – a ciò che hanno perso, cercando di cauterizzare le ferite, un gruppo di ragazzi di 12 anni guarda verso il futuro, affronta le scoperte, i dolori e i sentimenti dell’attraversamento della soglia dell’adolescenza. È un racconto doloroso e un compito necessario per la fiction del servizio pubblico, a distanza di dieci anni dalla scossa rovinosa del 6 aprile 2009. Grandi speranze è un esempio di come e quanto la fiction possa stare nell’attualità e contribuire al racconto del Paese, alla testimonianza partecipe e alla riflessione su problemi drammatici che restano aperti».
C’è ancora tanto da fare a L’Aquila, ma il grande contributo di questa serie si tocca con mano. Si vede dai volti degli aquilani, che si sono sentiti raccontati con delicatezza e verità, e sono stati coinvolti anche in particolari importanti, come ha ricordato Eleonora Andreatta: «Rai Com ha realizzato la colonna sonora con l’Orchestra Città Aperta dell’Aquila registrata presso l’Auditorium del Conservatorio “Andrea Casella”. La scelta di utilizzare strutture e musicisti locali è stata finalizzata a dare una piccola speranza anche attraverso la musica».