sabato 24 giugno 2023
Il trentesimo scudetto dell’Olimpia è il trionfo di una città che dal mito delle “Scarpette Rosse” all’era Armani ha scritto la storia di questo sport in Italia e anche in Europa
La terza stella di Milano, la capitale italiana dei canestri

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Per un basket italiano in cerca di rilancio, la finale scudetto tra Olimpia Milano e Virtus Bologna è stata comunque una boccata d’ossigeno. Una bella vetrina anche per chi per la prima volta si è affacciato sotto canestro. Uno spot coinvolgente e per certi versi anche inatteso visto l’interesse che può suscitare un campionato da tre anni conteso soltanto da due piazze. Era una finale ampiamente annunciata, data la potenza di due corazzate dal budget mediamente triplo rispetto al resto della Serie A. Eppure la sfilza di talenti in campo e l’adrenalina di una serie di partite quasi tutte molto equilibrate hanno finito per appassionare non solo i tifosi dell’EA7 e della Virtus Segafredo. Ci sono volute sette partite per assegnare il tricolore e nella sfida tra le squadre più titolate del nostro Paese ha vinto ancora Milano, confermandosi campione in carica e capitale della pallacanestro italiana.

È lo scudetto numero 30 dell’Olimpia che si cuce sulle maglie la terza stella. Per avere un’idea dell’ampiezza della bacheca meneghina basta pensare che soltanto due squadre italiane sono riuscite a raggiungere la prima stella: la stessa Virtus Bologna (seconda a 16 titoli) e la Pallacanestro Varese (a quota 10). Se allarghiamo lo sguardo ai maggiori campionati europei, solo due club hanno raggiunto la terza stella: il Panathinaikos in Grecia (39 scudetti) e il Real Madrid in Spagna (36).

E dire che dopo gara 6 persa malamente a Bologna (85-66), Milano sembrava aver staccato la spina. Ha avuto però il merito di ricaricare in fretta le batterie e portare a casa il punto decisivo in una partita a senso unico (67-55 ). Una gara 7 che per la verità non è stata certo spettacolare, ma in Tv ha avuto comunque dati lusinghieri: trasmessa in chiaro su Nove e su Eurosport 1 sono stati 562mila gli spettatori con picchi d’ascolto di quasi un milione. E chissà quanti di più ne avrebbe avuti se ci fossero state le telecamere della Rai. Per pathos rimane ineguagliabile gara 4 con Bologna vittoriosa dopo due tempi supplementari. È stata una serie dove il fattore campo è risultato decisivo fino in fondo, il pubblico ha fatto la differenza.

Nota dolente (oltre al brutto epilogo in gara 2 al Forum con il parapiglia tra Teodosic-Hackett e pubblico) lo scarso apporto per minutaggio e punti dei giocatori italiani, almeno quelli giovani (da Mannion a Tonut). A tenere alto il vessillo Nazionale nella finale scudetto ci sono stati i soliti grandi “vecchi”: l’infinito Belinelli (37 anni) per la Virtus e la coppia Melli (32 anni) e Datome (35 anni) per l’Olimpia. Con quest’ultimo premiato anche come miglior giocatore. Ad onor del vero il grande protagonista tra i biancorossi è stato l’americano con passaporto danese Shavon Shields. E da lui l’Olimpia vuol ripartire rinnovandogli il contratto per dare l’assalto all’Eurolega (dove quest’anno ha deluso). Ma è stato l’ennesimo trionfo di coach Messina al suo 33esimo trofeo ma soprattutto di Giorgio Armani. Se il club più titolato d’Italia è oggi di nuovo all’altezza della sua storia, lo deve soprattutto al suo patron attuale che nel 2008 ha preso in mano una società sull’orlo dell’abisso. Sarebbe stato un vero smacco per una città in cui si è giocata la prima partita ufficiale nel lontano 8 giugno 1919 all’Arena Civica.

La nascita della Pallacanestro Olimpia Milano è datata 1936, ma già prima il capoluogo lombardo collezionava titoli (con la Sef Costanza, l’Assi e l’Internazionale). In maglia Olimpia poi è nato il mito delle Scarpette Rosse, un club che nella sua storia può vantare campioni del calibro di Cesare Rubini, Sandro Gamba, Dino Meneghin, Bob Mc Adoo e Mike D’Antoni (recordman per presenze e punti). L’Olimpia Milano, targata Simmenthal, è stata la prima squadra italiana a vincere la Coppa dei Campioni, nel 1966, un successo che allargò la platea del basket nel nostro Paese. Questo invece è il quinto scudetto per Armani: «Sono molto felice – ha detto il patron a Eurosport nel tripudio generale - è una bella occasione per sperimentare anche questa sensazione legata allo sport nella mia vita. Il basket è lontano dalla mia storia di stile ma le emozioni che trasmette questa gente sono speciali». Era dal lontano 1987 che Milano non centrava il bis scudetto. Allora in panchina c’era il leggendario Dan Peterson, oggi 87enne, che ha segnato un’era con la sua carica e la sua ironia. La sua ricetta per arrivare in alto è valida anche oggi: «Sono stato sempre allergico a tanti schemi. “Mettiamo il cuore in campo senza vedere il tabellone”, ho sempre ripetuto ai miei giocatori. La partita si vince così: canestri, botte e sorrisi».

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