Gli allenamenti degli Azzuri al The Hive Stadium di Londra alla vigilia della semifinale - Afp / Ansa
Carramba, che semifinale. Omaggiando l’immensa Raffaella Carrà potremmo anche definire Italia-Spagna la sfida del “Tuca Tuca”, suono onomatopeico che rimanda al Tiki-Taka e inquadra con nitidezza questo incrocio nobile all’insegna del bel gioco e del palleggio come filosofia di vita.
Si gioca alle 21 nella cattedrale postmoderna di Wembley, le previsioni annunciano pioggia fino a pochi minuti dal fischio d’inizio, tira aria di corrida. «La Spagna è una grande squadra – dice il ct Roberto Mancini –. Ma se noi siamo arrivati fin qua significa che l’abbiamo meritato. Le percentuali di vittoria? Sono a metà».
L’Italia si presenta all’appuntamento cavalcando l’onda del trionfale quarto di finale vinto col Belgio venerdì sera, la Spagna ci arriva dopo essere sgattaiolata via da quel labirinto sinistro che sono i calci di rigore. Il percorso dell’Italia racconta di cinque vittorie ( Turchia, Svizzera, Galles, Austria e Belgio), quello della Spagna è più tormentato e più faticoso: due pareggi (Svezia e Polonia) e un roboante 5-0 alla Slovacchia nel girone, poi due partite chewing-gum da 120 minuti, vincendo ai supplementari l’ottavo con la Croazia e ai rigori il quarto con la Svizzera. Le discese ardite e le risalite, come si dice in spagnolo? Scorre un fiume di miele nelle dichiarazioni della vigilia. Della serie: lui è più bello di me.
«Le squadre di Luis Enrique giocano bene a calcio – spiega Mancini –, è la sua forza e questo dimostra la sua bravura». Ping pong di complimenti per i due allenatori. Luis Enrique riconosce al collega di aver dato alla Nazionale identità e credibilità. «L’Italia è una squadra molto difficile da affrontare, sarà una partita molto divertente e intensa, con due squadre che fanno gioco. E il merito è di Mancini». Olé. La verità è che da tempo non ci sentivamo così pronti. A far bella figura, non solo a vincere. Il centrocampo azzurro – Barella, Jorginho, Verratti – non ha eguali per qualità e dinamismo; la difesa ha trovato in Donnarumma – un solo gol subito su azione fin qui – il portiere- saracinesca nel solco della tradizione e in Chiellini il vecchio pirata incerottato a cui affidarsi nei momenti di difficoltà; gli esterni d’attacco – Chiesa e Insigne – frullano ghirigori di fantasia. La speranza – parafrasando lo scrittore spagnolo Montalban – è che il centravanti Ciro si svegli verso sera.
«Mi fido di Immobile, è ancora Scarpa d’Oro, no? E comunque in un Europeo o un Mondiale accade spesso che il più criticato sia quello che poi risolve la partita o il torneo». Claro que sì: Italia-Spagna è anche la sfida di due uomini-gol in cerca di riscatto. Come Immobile anche Morata è stato subissato dalle critiche all’inizio del torneo, ma Luis Enrique l’ha sempre difeso. La formazione dell’Italia sarà la stessa che è partita con il Belgio. Al posto di Spinazzola ecco Emerson Palmieri, terzino del Chelsea vincitore della Champions.
Intanto la buona notizia della vigilia arriva proprio da Spinazzola, infortunatosi al tendine d’Achille della gamba sinistra nel quarto contro il Belgio. L’esterno è stato operato ieri a Turku dal professor Lempainen. Tornerà in campo tra sei mesi. Subito dopo l’o- perazione “Spina” ha telefonato ai compagni di squadra per l’in bocca al lupo. Bonucci ha prontamente risposto all’incitamento dell’amico. «Abbiamo una motivazione in più per vincere, perdere Leonardo è stato un duro colpo. C’è tanta voglia di respirare l’aria di Wembley, c’è voglia di vivere questa gara con trasporto, con passione, con umiltà. E con la voglia di portare a casa il risultato».
Anche la Spagna ha un’assenza pesante: l’esterno offensivo Sarabia. Al suo posto gioca uno dei tanti talenti a disposizione di Luis Enrique, Dani Olmo. Nell’ultimo decennio dalla Spagna abbiamo preso lezioni di calcio. Solo una vittoria per gli azzurri, a Euro 2016, ottavo di finale a Saint Denis, 2-0 per noi, gol di Chiellini e Pellè, c’era Conte in panchina. Ora i professori siamo noi. L’occasione è unica, la Storia ha preso una curva diversa, inaspettata e sorprendente: per la prima volta – contro la Roja – i favoriti sono gli azzurri.
Stasera si sfidano due Nazionali rifondate dopo i diversi fallimenti a Russia 2018, rivoluzionate con un cambio generazionale, reimpostare nel software di gioco e nella mentalità. A conferma del buon lavoro fatto da Mancini e Luis Enrique – comunque vada a finire – Italia e Spagna si rivedranno a settembre, nella semifinale di Nations League. È la terza semifinale dell’Europeo che giochiamo da quando – 1960 – esiste il torneo. Nel 2012 l’Italia di Prandelli superò 2-1 la Germania, Balotelli fece il Bonzo di Riace ed esultò a petto nudo: in finale ci arrendemmo alla Spagna. Nel 2000 l’Italia di Zoff superò ai rigori – vedi alla voce “Mo’ je faccio er cucchiaio”, copyright Francesco Totti – l’Olanda: in finale fatale fu il Golden-gol di Trezeguet ai supplementari. Nel 1968 infine fu una monetina benedetta contro l’Urss a spedirci in finale, dove battemmo nella ripetizione della partita la Jugoslavia. Cinquantatre anni fa il destino ci fu complice, ora Mancini confida nel vento amico.