mercoledì 15 febbraio 2017
La rivista online della Fondazione per la sussidiarietà pubblica un numero monografico in cui si analizzano casi italiani e internazionali. L'approccio partecipativo è quello vincente
Su Atlantide prove per una cooperazione davvero efficace
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Aiutiamoli a casa loro. È uno slogan che può essere usato come alibi per non occuparsi della drammatica attualità dei flussi migratori, oppure un’indicazione di metodo per chi invita ad avere uno sguardo lungo nell’affrontare gli spostamenti di milioni di persone dai loro Paesi di origine verso lidi più promettenti. Certo è che il tema degli aiuti ai Paesi in via di sviluppo, troppo a lungo relegato nel limbo delle buone intenzioni, nelle dichiarazioni d’intenti (quasi mai realizzate) dei summit internazionali e nei decaloghi del terzomondismo, è tornato prepotentemente alla ribalta soprattutto per l’esplosione della “bomba migratoria”. Gli aiuti per la cooperazione allo sviluppo forniti da istituzioni multilaterali e Stati ammontano a 150 miliardi all’anno, a cui vanno aggiunti circa 400 milioni provenienti da enti privati (fondazioni, istituzioni caritative, Ong e altri). Il dibattito sulla reale efficacia degli aiuti dura da decenni e si è comprensibilmente riacceso in tempi di crisi economica. Sono tre le critiche di fondo. La prima è legata al fatto che spesso gli interventi servono a risolvere problemi specifici ma non fanno crescere il Paese ricevente: è il cosiddetto paradosso micro/macro. La seconda denuncia il pericolo di una dipendenza endemica: quando terminano gli aiuti del progetto, tutto si ferma. La terza critica rileva che la disseminazione degli aiuti non contribuisce alla formazione di un sistema istituzionale locale più efficiente nei Paesi destinatari, soprattutto a motivo della corruzione e del malfunzionamento dei governi e delle amministrazioni pubbliche.

Che fare? Non esistono ricette semplici per problemi complessi, ma le soluzioni proposte – per essere efficaci – devono andare al fondo dei problemi. Ci prova “Atlantide”, la rivista online della Fondazione per la sussidiarietà con un numero monografico intitolato “Le chiavi dello sviluppo. Cooperazione sotto esame”, con venti articoli – analisi e descrizione di esperienze sul campo – scritti da docenti universitari, esperti, rappresentanti delle istituzioni e di Ong, volontari, missionari. Alle analisi di taglio internazionale si affiancano alcuni approfondimenti in chiave italiana e il racconto di esperienze realizzate in Africa, Medio Oriente, America Latina. Nell’editoriale che apre il numero, Giuseppe Folloni, ordinario di economia all’Università di Trento, sostiene la necessità di un «approccio partecipativo»: «Il motore dello sviluppo è l’implicazione reale delle popolazioni. Cosa le rende non dipendenti ma protagoniste? L’esperienza che è possibile vivere con tenace vigore. Questo avviene quando i destinatari dei progetti e insieme le organizzazioni che lo gestiscono vivono una reale simpatia al destino dell’altro, quando il comune cammino è un accompagnamento a prendere coscienza che è possibile cambiare vita», come viene testimoniato dalle esperienze presentate negli articoli che seguono. È una verifica sul campo dell’efficacia di quella cultura dell’incontro che papa Francesco continua a indicare come metodo per affrontare i nodi della contemporaneità e per trovare nuove basi per la convivenza.

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