Una sala della Biblioteca civica Italo Calvino a Torino - WikiCommons
Qual è lo stato dell’arte delle biblioteche italiane? Se ne è parlato mesi fa, in occasione della XXVII edizione del Convegno delle Stelline, principale evento nazionale di aggiornamento e formazione dedicato ai bibliotecari, e proprio in quell’occasione è stata ricostruita la geografia post pandemia delle biblioteche italiane, basata sull’analisi dei dati Istat. Se ne torna a parlare oggi, in occasione dell’uscita del libro: Le biblioteche nel sistema del benessere (Editrice Bibliografica, pagine 296, euro 23, in collaborazione con Fondazione Fitzcarraldo), a cura di Chiara Faggiolani, professore associato di Biblioteconomia alla Sapienza, dove dirige anche un laboratorio in Biblioteconomia sociale.
Ricostruendo il contesto in cui le biblioteche si trovano a operare post pandemia, da un’analisi dei dati Istat sulla vitalità delle biblioteche in Italia, i numeri dicono che di 7.459 biblioteche censite risultate aperte nel 2020, 189 (ovvero il 2,4%) sono definitivamente chiuse e 141 (quindi l’1,8%) temporaneamente chiuse. In seguito ai provvedimenti di chiusura fisica predisposti dai vari Dpcm per il contenimento della pandemia, sono 901 le strutture che hanno sospeso i servizi, anche online, e la metà di queste nel 2021 non aveva ancora riaperto (mancano ancora i dati 2022).
A patire di più, un po’ come già accade per edicole e librerie, sono i piccoli centri (quelli sotto le 5/10 mila persone) e non a caso la ricerca si basa anche sull’analisi della vitalità delle biblioteche italiane, allargando la riflessione all’interesse collettivo al quale rispondono le biblioteche con la loro attività, nella veste di presidi cultura- li territoriali, con la capacità quindi di ridurre la solitudine e l’isolamento sociale, incrementare e promuovere la cooperazione e il senso di inclusione. Inoltre, come luoghi accessibili, rappresentare una risorsa educativa capace di affiancare le attività di promozione alla lettura di scuola e famiglia, contribuendo a ridurre il divario sociale: «L’obiettivo della ricerca - spiega Faggiolani - era quello di non fermarsi solo al censimento delle biblioteche, ma provare a osservare anche la capacità di reazione in termini di riconversione di servizi, per esempio da analogico a digitale, nonché gli sforzi nella direzione di una comunica- più efficace e diversificata dei servizi. Emerge in molti casi una mancanza di progettualità in ambito digitale e di una visione del concetto di polifunzionalità».
Sul tema della polifunzionalità e dei servizi all’utenza, tra gli esempi virtuosi c’è la Sardegna, così come sono virtuose la Valle d’Aosta e il Trentino nel rapporto biblioteche- abitanti, e ancora Friuli, Molise e Piemonte, come spiega Alessandra Federici, ricercatrice dell’Istat e responsabi-le Indagini su luoghi e istituti della cultura: «Molte delle bibliote-che dei piccoli comuni già nel 2019 avevano difficoltà e con il covid non sono state capaci di riorganizzarsi, soprattutto su prestiti e misure di contenimento, con una sola persona e aperture di 15 ore settimanali. Alcune di queste biblioteche hanno cercato di ricollocarsi online, qualcuna con i social, ma poche in percentuale».
Secondo i dati del 2019 erano poche infatti le strutture che riuscivano a garantire all’utenza prestiti e consultazioni di documenti tramite piattaforme o dispositivi digitali (il 40,7%) e solo il 30% delle biblioteche al 31 dicembre del 2019 aveva avviato un processo di digitalizzazione del proprio patrimonio librario. Dai dati 2020 (raccolti durante il covid) è emerso invece che il 48,5% delle biblioteche ha reso disponibili servizi di consulenze a distanza, il 42,4% ha attivato servizi di prestito tramite piattaforme digitali e il 14,9% tramite ebook reader. Il 42,4% delle biblioteche ha incrementato la presenza sui social, è stato previsto l’accesso al materiale digitalizzato (quotidiani, riviste, audiolibri) e il 29,1% ha anche attivato servizi online come gruppi di lettura, laboratori e letture ad alta voce, prima realizzati in presenza.