Lamberto Lambertini regista del docufilm ”La Comedia di Foligno” sui sentieri umbri
Nel marasma, a tratti imbarazzante, delle celebrazioni dantesche, finalmente abbiamo trovato un po’ di pace, tra gli ulivi dell’Umbria. Comincia e finisce lì, con una camminata francescana tra le fronde verdi e argentate degli uliveti che guardano alla piana folignate, il viaggio poetico, quanto quello di Dante, raccontato dalla viva voce di Lamberto Lambertini nei 30 minuti del suo docufilm La Comedia di Foligno. Film molto delicato, prodotto dalla Società Dante Alighieri con il contributo del Comune di Foligno, presentato ieri in anteprima a Roma. Un progetto nato per celebrare, anche in questo caso, però senza enfasi e fragili pretesti, i 550 anni della prima copia della Divina Commedia, stampata nella città che da sempre si autoproclama non a caso “lu centru de lu munnu”.
Una storia questa di Foligno e Dante non molto nota ai più – se non ai bibliofili e agli attenti cultori della mitografia dantesca – al di là delle mura attraversate dal fiume Topino, citato dallo stesso Dante: «Intra Tupino e l’acqua che discende... », nel canto XI del Paradiso. «Anche io non conoscevo la vicenda della prima copia a stampa della Divina Commedia e quello strano trio di personaggi al centro della storia» , spiega il regista napoletano. Il trio è quello composto dal misterioso tipografo di Magonza Johann Numeister, il figlio di notabili della vicina Trevi, Evangelista Angelini e lo zecchiere folignate Emiliano Orfini nella cui bottega romana, al torchio, l’11 aprile del 1472, venne stampata la fatidica prima copia. Lambertini è rimasto letteralmente stregato da un episodio che cela una miriade di narrazioni e di rimandi storico-letterari.
A cominciare dal suo Virgilio, che nella Comedia di Foligno è il “Vate” Gabriele D’Annunzio. «Sono partito dal suo scritto del 1911 Dante, gli stampatori e il bestiaio. D’Annunzio sì sa era un fine dantista, e in quel suo saggio c’è il filo conduttore di un viaggio che personalmente avevo già fatto con i cento microfilm da 12 minuti di In viaggio con Dante. Un lavoro durato sette anni, in cui ho portato sullo schermo i 100 Canti, girati in 100 luoghi diversi d’Italia. Foligno ora rappresenta la mia 101ª tappa e quello scritto dannunziano mi ha condotto dagli stampatori “folignati”». Una narrazione intrisa di poesia, come è nello stile cinematografico di Lambertini che ha cambiato direzione in corso d’opera. «In principio il film doveva essere una rivisitazione di questa strana figura del Numeister.
Uomo curvo, rossiccio, calato dal Nord Europa dopo aver svalicato le montagne innevate portando nella bisaccia l’olio caldo per difendersi dal freddo. L’allievo del Gutenberg arriva da Magonza in Italia e va in cerca di tipografie. A Roma trova la bottega del folignate Orfini e con il trevano Angelini creano questa “società”. Ma l’operazione editoriale, sia umanamente che commercialmente, si rivelerà un fallimento. Numeister verrà imprigionato e poi riparerà in Francia dove le scarse notizie a disposizione ci dicono soltanto che morì in povertà». Una fine misera che, con il primato editoriale della fallimentare ditta, ogni regista avrebbe potuto raccontare seguendo la normale e scontata cronologia, ma Lambertini che nei suoi 100 Canti aveva messo la colonna sonora originale di Savio Riccardi, in questo lavoro, di divulgazione dantesco legato alla bella città di Foligno, ha seguito le sirene musicali di Vittorio Nocenzi e di suo figlio Michelangelo.
«Il segretario della Dante Alighieri, Alessandro Masi mi ha regalato un pezzo fondamentale di sceneggiatura facendomi entrare nello studio dello storico fondatore - assieme al fratello Gianni Nocenzi - del Banco del Mutuo Soccorso. Band che restando in tema di anniversari festeggia 50 anni di carriera – continua Lambertini – . La sua suite sulla “Follia d’Orlando” è un volo mistico di melodie. L’Ippogrifo ha sorvolato i tetti di Foligno, gli uliveti di Spello, le vigne di Sagrantino di Montefalco, fino a sopra il colle dove si erge il borgo di Trevi che è anche il paese di origine della famiglia di Andrea Riccardi, presidente della Società Dante Alighieri che ha fortemente voluto questo film. Una volta ascoltata questa musica in cui si sentono le sonorità che ho tanto amato negli anni ’70 e persino le voci che ricordano la mia infanzia, allora ho potuto cominciare il viaggio dantesco e quindi dare il via alle riprese».
La splendida fotografia e il montaggio di Carlo Sgambato seguono questo viaggio che non parte dal fatidico aprile 1472 e dalla Divina Commedia, ma da un’altra opera diventata simbolo della città di Foligno, la Calamita Cosmica di Gino De Dominicis. «Finalmente, grazie al critico d’arte Italo Tomassoni (Presidente dell’Archivio Gino de Dominicis) che con Masi sono gli ideatori de La Comedia di Foligno, ho potuto vedere dal vivo quell’opera di cui tanto avevo sentito parlare. Un enorme scheletro umano di 24 metri che non si sa come sia riuscito ad entrare in uno spazio di 26 metri, tanto è grande la ex chiesa della Santissima Trinità in Annunziata e diventare una sorta di vascello in bottiglia».
È lo “scheletrone”, come la chiamava De Dominicis, piantato al pavimento con un’asta dorata che sta ad unire, ad attrarre come una calamita appunto, cielo e terra. « La lotta contro il tempo e l’opera d’arte che nella sua fissità è immortale, è il ponte con cui sono riuscito a traghettare De Dominicis fino a Dante, di cui leggo i pezzi più velati, al cospetto delle ossa dello “scheletrone” che rimandano alle ossa trafugate del Poeta, poi ritrovate ma forse non sono neppure quelle di Dante. E poi quel becco della Calamita che nella mia lettura ideale diventa il “bestiaio” dannunziano ». Il bestiaio si materializza nella norcineria Massatani, «la cui vetrina guarda al rosone della cattedrale di San Feliciano, mentre la sua cantina è una discesa sotterranea, paradisiaca, tra prosciutti e salumi umbri».
Lambertini si abbevera alla fonte delle acque che alimentavano la cartiera di Pale che ha dato la materia prima agli stampatori e poi entra nello scrigno segreto della cappellina del monastero di Sant’Anna. Nel bel mezzo del cammino folignate è accompagnato dalle testimonianze storiche del filosofo Antonio Pieretti (morto nel settembre scorso, grande studioso di Sant’Agostino), dell’attore e giornalista Mauro Silvestri e dalle guide di Palazzo Trinci (Marina Renzini) – che Federico Zeri considerava una delle più belle regge signorili d’Europa - e della chiesa di San Francesco a Montefalco (Maddalena D’Amico) dove Benozzo Gozzoli, colloca il volto di Dante nelle Storie della Vita di San Francesco. Quell’affresco viene realizzato nel 1452, esattamente vent’anni prima di quella edizione a stampa del capolavoro dantesco che Lambertini ha eternato ancora una volta, ne La Comedia di Foligno.