Quando a marzo Xian Zhang è stata nominata direttore dell’Orchestra Verdi di Milano, la notizia ha fatto il giro del mondo. La 35enne cinese è infatti la prima donna a ricoprire questo ruolo in Italia e una delle poche in Europa. Un evento storico, parte però di un fenomeno più ampio che vede una vera e propria fioritura di 'bacchette rosa' sui podi di tutto il mondo. Negli Stati Uniti sembra primavera. Nel 2008 erano 52 le donne direttori stabili di un’orchestra, tra cui due afroamericane: George Robert e Margaret Harris. Henry Fogel, ex presidente della League of American Orchestras, l’associazione che dal 1942 riunisce le compagini sinfoniche Usa, ha sottolineato come dal 1957 al 1982 in America erano soltanto quattro: Sarah Caldwell, Antonia Brico, Judith Somogy e Eve Queler. Tutte di generazioni diverse. Se la Brico, nata nel 1902 e morta nel 1989, è stata la prima donna a dirigere nel 1938 la New York Philarmonic, Eve Queler, classe 1936, fondatrice nel 1971 della Opera Orchestra of New York, è ancora stabilmente sul podio (sarà a Catania a settembre per dirigere la Norma di Bellini). Judith Somogy, scomparsa a 47 anni nel 1988, nel 1982 divenne persino direttore principale dell’Opera di Francoforte. Oggi la squadra americana è capitanata da Marin Alsop e JoAnn Falletta. La seconda dirige da 11 anni la Buffalo Philarmonic, nel corso dei quali il budget dell’istituzione è cresciuto da 7,5 milioni di dollari a 10 milioni, l’orchestra ha vinto due Grammy, ha inciso 14 dischi e ha raggiunto il record di abbonamenti. Marin Alsop, 53 anni, alla testa della Baltimore Symphony dal 2007, è forse la più nota rappresentante delle bacchette femminili. Vincitrice di premi prestigiosi, tra cui l’Artist of the Year di Grammophone e il Conductor’s Award della Royal Philarmonic Society, la Alsop vanta un mentore illustre come Leonard Bernstein e un curriculum che l’ha vista protagonista alla testa di Royal Concertgebouw, London Philarmonic, Los Angeles Philharmonic. All’aprile 2008 data il debutto alla Scala, prima donna in 230 anni a dirigere nel teatro del Piermarini. Sembrano lontani i tempi in cui un direttore in gonna era spunto per solleticare la curiosità del pubblico, come accadeva nelle cronache dei primi del secolo scorso. Anche se la bacchetta poteva impugnarla Nadia Boulanger, pioniera di molte strade del Novecento musicale. La progressiva corrosione della gabbia che ha tenuto (e tiene ancora) le donne fuori dal podio parte da lontano. La componente femminile non ha mai avuto vita facile in un sistema tradizionale e maschile come quello orchestrale: solo durante la Seconda guerra mondiale, con gli uomini al fronte, le donne poterono finalmente condividere i leggii con i loro colleghi. Ma con una paga inferiore. Oggi l’australiana Simone Young (1961) è tranquillamente direttrice principale dell’Opera di Amburgo e può vantarsi di essere la prima donna ad avere diretto (ma solo nel 2005) i Wiener Philarmoniker. La finlandese Susanna Mälkki (1969) riceve entusiastiche recensioni come direttrice stabile dell’Ensemble Intercontemporain o sul podio dei Berliner. La stessa Zhang, prima di Milano, ha collezionato successi con la New York Philarmonic. Le storiche difficoltà per le direttrici certo non si sono volatilizzate. Diffidenza, presunta incapacità di gestire la leadership, persino «eccessiva sensibilità» e incompatibilità con la maternità sono pregiudizi che durano a morire. Si ha l’impressione di un talento sprecato. Spesso le ragazze rinunciano alla carriera prima di provarci. Secondo i dati della League of American Orchestras, le donne sono l’11,9% dei direttori delle orchestre Usa. Le previsioni per il 2011 vogliono le direttrici al 16% del totale. Nel 2007 sui 224 partecipanti della seconda edizione del concorso Mahler di Bamberga (lo stesso che nel 2004 lanciò Gustavo Dudamel) 33 erano di sesso femminile. Il 14%. Tra i 14 finalisti, le donne sono state 3: il 21%. Un dato che non tiene conto della qualità: se il primo premio non è stato assegnato, il secondo l’ha vinto la coreana Shi-Yeon Sung, mentre la polacca Ewa Strusinska si è aggiudicata il quarto. «I critici guardano come siamo vestite e l’acconciatura dei capelli» si è lamentata JoAnn Falletta. Ma, come ha commentato Antonio Pappano, «È bella? È brutta? Capita. Ma ogni direttore deve dare prova di sé ai strumentisti. E alla fine il loro talento musicale vincerà».