Don Camillo, se siete un uomo aspettatemi qui fuori!». «Va bene, Peppone... ma ricordati che siamo in due... Perché prima le prendi dall’uomo e poi le buschi dal prete!». In questa battuta di
Don Camillo e l’on. Peppone c’è tutto il carattere del personaggio inventato da Giovannino Guareschi ed entrato nella leggenda anche grazie all’interpretazione di Fernandel. Domani ricorrono i 40 anni dalla scomparsa del grande attore francese, nato a Marsiglia nel 1903 da una famiglia piemontese (a Meano di Perosa Argentina, sulla strada per il Sestriere, c’è ancora la casa in cui vissero i genitori). Fernand Joseph Désiré Contandin, questo il suo vero nome, salì per la prima volta sul palcoscenico a 5 anni, accanto al padre, un impiegato con la passione per il varietà che si esibiva nei teatri di rivista della Provenza. Fernandel imparò così l’arte della vaudeville.Prima di affidarsi al suo talento per guadagnarsi la pagnotta, però, il giovane Fernand fece il commesso, lo scaricatore e il portinaio. Finché, nel 1921, lasciò un lavoro in banca per dare vita, col fratello Marcel, al duo Sined. Si mise subito in evidenza per la capacità di passare con disinvoltura, e ricchezza di sfumature, dal comico esilarante al patetico, sfruttando anche una faccia allungata e il sorriso da cui spuntava una dentatura cavallina. Si affermò come cantante in commedie musicali e operette. L’esordio nel cinema avvenne nel 1928 con una particina ne
Il bianco e nero. Ma in seguito, dal 1930 al 1969, interpreterà più di 150 film guadagnandosi la stima di registi come Claude Autant-Lara, Henri Verneuille, Julién Duvivier, Luigi Comencini, Mario Soldati e Vittorio De Sica. Approdò a Hollywood, nel 1956, per recitare ne
Il giro del mondo in 80 giorni a fianco di David Niven. Il nome d’arte Fernandel nacque quando l’attore si fidanzò con Henriette Manse, che diventerà sua moglie. La futura suocera, infatti, vedendolo insieme alla figlia esclamò: «Voilà, le Fernand’elle» (Ecco il suo Fernand). La coppia ha avuto tre figli: Josette, Janine e Franck, chansonnier di successo. L’attore ha lasciato un ricordo indelebile, non solo negli spettatori che l’hanno ammirato al cinema, ma anche in chi lo incontrò personalmente apprezzandone simpatia e affabilità. Vittorio Granelli, da 57 anni sagrestano della chiesa di Brescello, il paese della Bassa Padana dove furono girati i film su Don Camillo, racconta che un giorno d’estate Fernandel gli chiese se, durante una pausa, potesse riposare sul suo divano al fresco: «Alla fine della pennichella mi ringraziò regalandomi un pacchettino dove c’erano 5 mila lire». Di lui, l’attore Franco Interlenghi, il Mariolino del primo
Don Camillo, ha detto: «Era simpatico anche fuori dal set, raccontava barzellette divertentissime».«Fernandel stimava mio padre tanto da fargli dichiarare in due interviste che Guareschi era il Molière italiano» afferma il figlio dello scrittore, Alberto. «Io l’ho incontrato due volte – racconta – sul set, quando ero bambino, e al mio ristorante di Roncole Verdi, assieme a Gino Cervi in occasione del pranzo di nozze di mia sorella: mi è rimasto il ricordo di un uomo serio, dalla parlata veloce e dal sorriso contagioso, come appare nella foto con Cervi e papà che tiene in braccio la mia primogenita Giovanna».Un tumore ai polmoni impedì a Fernandel di terminare le riprese di
Don Camillo e i giovani d’oggi, per la regia di Christian Jaque (lo stesso che nel 1958 lo aveva diretto insieme a Totò in
La legge è legge). L’attore si spense a Parigi il 26 febbraio 1971.