domenica 26 marzo 2023
I pilastri: oltre 450 comitati all’estero e in Italia, i corsi, la piattaforma online e le scuole certificate: «Occorre mettere in rete ciò che esiste sul territorio: dal Sudamerica all’Est Europa»
Lo storico Andrea Riccardi, presidente della Società “Dante Alighieri”

Lo storico Andrea Riccardi, presidente della Società “Dante Alighieri” - Ansa-Massimo Percossi

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Lo storico Andrea Riccardi confermato alla guida della società “Dante Alighieri” L’impegno per la qualità dell’insegnamento di una lingua sempre più apprezzata all’estero «Solo se si hanno radici storiche si ha un futuro saldo. Per questo credo molto nel difendere la lingua italiana e la civiltà italiana e nel proiettarla nel futuro ». Parola di storico che presiede una storica istituzione dedicata alla parola, la società “Dante Alighieri”, alla cui guida Andrea Riccardi è stato confermato venerdì per il terzo mandato quadriennale. È l’occasione per ripercorrere con lui le vicende di un’istituzione ultracentenaria e analizzare il rinato orgoglio per la lingua del “sì”, il cui studio sempre più attrae persone nel mondo. «L’italiano è una lingua inclusiva. E a questo proposito lancerò un’iniziativa per radunare e offrire uno spazio a scrittori stranieri in lingua italiana. Sarà presieduta da Edith Bruck, che è vicepresidente della “Dante”», annuncia Riccardi. In programma quest’anno c’è poi l’84° congresso internazionale che si terrà “tra due mondi”, a Rosario, in Argentina e a Roma. Sud America ed Europa i due cuori pulsanti (ma con arterie anche in Africa e Asia) di una sodalizio che conta 372 comitati esteri, 78 comitati italiani, 135mila soci e studenti nel mondo, 92 presìdi letterari, 15 scuole italiane nel mondo, 374 centri certificati Plida (Progetto lingua italiana “Dante Alighieri”). «Perché vogliamo garantire la qualità dell’insegnamento dell’italiano anche in scuole che non appartengono a noi, ma hanno la nostra certificazione», spiega il fondatore della Comunità di Sant’Egidio ed ex ministro. La società che dal 2015 presiede, ricorda lo storico, è nata nel 1889 sotto la spinta di Giosuè Carducci, per seguire gli italiani all’estero e nutrire l’irredentismo. Una storia lunga, che ha anche conosciuto una «pagina ingloriosa » con il fascismo, «perdendo quella libertà che l’ha sempre caratterizzata». Ingloriosa «soprattutto nel 1938, quando ha attuato l’epurazione degli ebrei, che erano stati una componente decisiva della crescita della “Dante”». Per questo Riccardi nell’anniversario delle «leggi razziste» (come lui preferisce chiamarle invece di «razziali») ha voluto restituire, attraverso i discendenti, i titoli di soci e socie onorari agli ebrei epurati e da allora mai reintegrati.

Negli anni più recenti?

Nell’Italia Repubblicana la “Dante” ha stentato a crescere perché il Paese ha creduto poco nella lingua. E la Società è stata progressivamente abbandonata dall’aiuto dello Stato fino a trovarsi in una crisi economica seria. All’inizio del mio mandato ho posto proprio la questione della sostenibilità della “Dante”, se all’Italia interessava avere un simile strumento. E debbo ringraziare i governi, da Renzi all’attuale, perché l’appoggio è stato crescente.

Cosa ha permesso questa nuova consapevolezza?

Una transizione dall’Ital-nostalgia, che riguardava gli immigrati italiani e i loro discendenti, all’Ital-simpatia. Abbiamo notato che c’è un interesse crescente per l’Italia e l’italiano. Che vuol dire tante cose: cultura , arte, paesaggio, archeologia stile, opera, design, prodotti.

Come spiega l’attrazione che esercita la nostra lingua.

L’italiano non è una lingua imperiale, come il francese e l’inglese, che si sono diffusi attraverso l’Impero. E non è una lingua globale, come l’inglese, che ormai ha in parte perso il rapporto con le radici storiche e culturali. Ma l’italiano non è nemmeno una lingua provinciale. È una lingua molto radicata nella nostra cultura, nella nostra terra e nella nostra identità. C’è, insomma, un rapporto tra la lingua italiana, l’umanesimo italiano e l’umanità viva degli italiani.

Questo come si traduce nella pratica?

Nei miei due mandati ho scoperto una grande domanda e quindi messo in campo l’impegno a rivivificare l’offerta di italiano. L’azione è a più livelli: i comitati, concentrati in America Latina e in Europa, ma presenti anche a Cuba, in Africa e a Hong Kong, e i loro centri, che organizzano corsi di lingua. Poi, in piena pandemia quando non si poteva insegnare de visu, è nata la piattaforma on line dante.global - inaugurata nella nostra sede centrale di piazza Firenze a Roma dal presidente Mattarella - per l’apprendimento dell’italiano, l’aggiornamento degli insegnanti e la diffusione della nostra cultura e dei libri. Infine, un livello completamente nuovo per la “Dante”: le scuole. All’estero alcune, molto importanti e con una grande tradizione, appartengono al ministero degli Esteri. Ma sono difficili da sostenere, anche solo pensando agli stipendi per gli insegnanti. Per questo abbiamo visto quante ce ne sono nel mondo, spesso nate dall’iniziativa di famiglie, di gruppi locali di emigrati e via dicendo. E le abbiamo federate, con un atteggiamento sussidiario. Inoltre ne abbiamo aperta una a Tirana, dove l’italiano stava decadendo. E ne appoggiamo due in Russia, come il liceo “Italo Calvino” di Mosca. Questo fa sì che la Dante nell’Europa dell’Est e in America Latina cominci ad avere una rete di scuole con una loro autonomia. Le scuole italiane all’estero hanno bisogno di essere appoggiate e messe in rete altrimenti rischiano di affondare in una condizione di solitudine.

E in Italia?

Abbiamo scuole per studenti stranieri e diplomatici. Per esempio abbiamo un accordo con la segreteria di Stato vaticana per un corso di alta scrittura dedicato ai suoi diplomatici. L’unica organizzazione internazionale in cui l’italiano è lingua veicolare è la Chiesa, per cui è importante l’impegno della segreteria di Stato e di alcune università pontificie perché lo si parli con qualità.

Lei ha definito l’italiano “lingua di pace”. In che senso?

Non abbiamo ambizioni egemoniche e non ci presentiamo in maniera competitiva. L’italiano è una lingua che aiuta a pensare e a incontrare. Come dice il linguista Francesco Bruni, la storia del nostro Paese è una storia di inclusione, l’italiano è una lingua inclusiva. Questo mondo globale, pieno di conflitti e di vuoti, non può essere cosmopolita e tutto inglese, ha bisogno di radici. E la lingua italiana è impregnata delle sue radici storiche. Per questo credo sia una lingua che ha futuro.

Dagli immigrati di ieri che eravamo noi a quelli di oggi. C’è questa attenzione?

Lavoriamo per insegnare l’italiano non solo agli studenti stranieri, ma anche ai migranti. A Roma lo facciamo con gli ucraini. È un tema caro alla “Dante” sin dalle origini.

Non a caso il Sommo poeta, del quale venerdì si è celebrata la giornata, è stato un esule.

Dante è una figura immensa. Esule sì, ma potremmo parlare di tanti aspetti. Ha investito il suo genio non nel latino, ma nell’italiano e ha creduto in questa lingua. Noi in parte parliamo ancora con vocaboli che vengono dalla sua lingua. Dante è la realtà e il simbolo delle potenzialità della nostra lingua: lessicali, espressive, culturali. Negli ultimi anni abbiamo ripreso l’orgoglio di parlarla in un mondo globale. E l’italiano sgorga dalle città. L’Italia è il Paese delle cento città. Quando vedo le nuove città nel mondo - vengo da un viaggio a Baghdad - sono impressionato dalla cementificazione e dalla distruzione delle radici storiche. Mentre le nostre, nonostante lo sviluppo, sono legate a una pianta antica, a una radice antica e in questo senso Dante, legato a Firenze, parla di una civiltà che sa integrare gli stranieri, si sa internazionalizzare, si sa modernizzare e si sa mettere in rete.

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