Il voglio ma non posso dell’italian style produce a Praga un pareggio immeritato (0-0) che non complica il cammino verso il mondiale (siamo in testa al girone a + 4 dalla Bulgaria), ma si carica sul groppone una catena di indizi non proprio esaltanti che in terra di Brasile, Confederations cup, potrebbero diventare prove dolenti e forti complicanze. La squadra azzurra subisce e non costruisce calcio; ha una coppia d’attacco più teorica che funzionale (Balotelli- El Shaarawy non si passano la palla); il suo maggior talento si conferma lunatico ed indisciplinato: ieri è stato (ingenerosamente) espulso al 70’ per doppia ammonizione, ma uscendo dal campo ha perso il controllo prendendo a calci tutto ciò che gli capitava attorno. Insomma, Praga per la nostra Nazionale ha segnato un passo indietro. I nostri avversari potevano farci molto male, hanno preso un palo all’85’, sembravano di altro rango. L’Italia non si è fatta suonare, ma se Abate nel primo tempo salva con un “quasi- autorete” e tutto il resto è noia, va da sé che la sonata nostrana nel suo complesso non sia stata di quelle indimenticabili. Non è un Italia rock ma nemmeno sincopata: poche intuizioni, geometrie arrancate, calcio approssimativo e zero folate. Quasi nessuno tra gli azzurri ha raggiunto il minimo sindacale, nemmeno l’inconsistente Mario Balotelli. Si dirà che Cesare nostro si è affidato all’usato sicuro, in fondo quella di Praga è la stessa formazione che ha giocato la finale degli Europei 2012, con un El Shaarawy in più e un Cassano in meno. Appigli. La creatura non ha nemmeno tirato in porta. Uno slalom gigante senza sci ai piedi. In compenso ha giganteggiato Buffon, splendide le uscita su Jiracek e la doppia respinta sul laziale Kozak. Nella ripresa Prandelli ha giocato la carta Giovinco al posto del fantasma El Shaarawy. Non è cambiato nulla, ma molto dovrà cambiare se si vogliono evitare figuracce in terra brasiliana.