Rien Schuurhuis e il figlio Tomas - Ivan Sommonte
La testimonianza di Rien Schurrhuis (classe 1983) che domani correrà la prova élite dei Campionati del mondo di ciclismo in rappresentanza di Athletica Vaticana, per la seconda volta ai Mondiali di ciclismo. Per l’occasione la squadra del Papa incontrerà la comunità “Ozanam” che accoglie le persone più fragili.
La bicicletta con la quale correrò i Campionati del mondo di ciclismo, domani a Glasgow, sarà poi messa all’asta e il ricavato sarà interamente devoluto al Dispensario pediatrico “Santa Marta” che, in Vaticano, assiste 500 famiglie povere con bambini piccoli. La bici è stata donata da Pinarello, una delle aziende più note al mondo. Inoltre l’8 luglio Athletica Vaticana ha fatto salire per la prima volta sulle bici alcuni di questi bambini che vivono in situazioni di povertà e sono arrivati coi genitori in Italia sulle rotte delle migrazioni: hanno imparato a pedalare proprio davanti all’Aula Paolo VI in Vaticano.
Questo progetto concreto di inclusione attraverso lo sport testimonia che la squadra di ciclismo di Athletica Vaticana si è preparata molto bene per i Mondiali scozzesi. C’è la consapevolezza della responsabilità di rappresentare l’Associazione polisportiva vaticana per il secondo anno consecutivo ai Mondiali di ciclismo, dopo la bellissima esperienza all’edizione iridata di Wollongong, in Australia, nel settembre 2022. Athletica Vaticana oggi incontrerà le persone più fragili nel Centro “Ozanam”, in collaborazione con l’arcidiocesi di Glasgow, per testimoniare con i fatti la visione sportiva fraterna e inclusiva di Papa Francesco. Ai Mondiali non andiamo a pedalare “e basta”. Ci alleniamo anche alla solidarietà. La presenza in gara ufficiale ai Mondiali di ciclismo è possibile per il riconoscimento dell’Unione ciclistica internazionale (Uci), avvenuto nel settembre 2021.
Nell’atletica ci sono già state partecipazioni ai Giochi del Mediterraneo 2022 in Algeria e ai Campionati di Piccoli Stati d’Europa a San Marino e a Malta. Con lo stile di Athletica Vaticana siamo andati in Australia e ora andremo a Glasgow per promuovere concretamente, e non solo a parole, valori importanti come la fraternità e l’inclusione attraverso il ciclismo. Lo sport è per tutti e tutti nello sport hanno la stessa dignità. Per questo è anche un modo per trovare strade di unità e di pace, riconoscendo la ricchezza delle nostre diversità con un linguaggio comune e a tutti comprensibile. Nel 2022 a Wollongong, alla vigilia della gara mondiale, abbiamo incontrato la comunità aborigena: precisamente la Kinchela Boys Home Aboriginal Corporation, un progetto di Caritas Australia.
Accompagnati da Kirsty Robertson, direttore di Caritas Australia, dal nunzio apostolico e dal vescovo incaricato della pastorale sociale abbiamo ascoltato e abbracciato alcuni sopravvissuti alla tragedia di essere portati via con la forza dalle loro famiglie. L’incontro con gli aborigeni è stato un punto centrale della nostra presenza in Australia per i Mondiali, proprio come la gara vera e propria: due esperienze profondamente legate nella visione sportiva che Papa Francesco ha consegnato alla “sua” Athletica Vaticana. Con questo spirito di comunità sportiva posso testimoniare che non mi sento mai solo quando pedalo in bici: siamo veramente una comunità e nessuno è da solo. Il ciclismo insegna questa esperienza di essere insieme, “gruppo” che si sostiene e non lascia mai solo chi resta indietro.
Mi ha stupito lo stile fraterno con cui Athletica Vaticana è stata accolta da tutti sul più alto palcoscenico del ciclismo mondiale. Molti corridori, oltre che addetti ai lavori, si sono avvicinati a noi, interessati alla nostra storia, e hanno voluto saperne di più: cosa ci fa la “squadra del Papa” in gara ai Mondiali? Perché l’incontro con gli aborigeni? Di solito, prima di una gara sono piuttosto teso e ancor di più... alla partenza di un Mondiale. Invece in Australia mi sono avvicinato al “via” con serenità spirituale. Credo sia dipeso proprio dal nostro approccio sportivo: non ero lì solo a pedalare, c’è un progetto spirituale e inclusivo da vivere e l’incontro con realtà fragili lo ha testimoniato. In Australia ho avuto il privilegio di schierarmi come primo corridore sulla linea di partenza. Alla mia destra c’era il campione del mondo uscente, il francese Julian Alaphilippe, e alla mia sinistra il belga Remco Evenepoel che avrebbe vinto la corsa.
Alaphilippe è stato così gentile da darmi consigli: secondo lui, la gara sarebbe stata combattuta fin dall’inizio e la velocità sulla prima salita sarebbe stata sostenuta. Ed è proprio così che è andata. Quando l’andatura è rallentata, dopo circa 30 minuti dal “via”, proprio grazie ai suggerimenti di Alaphilippe mi sono trovato addirittura nella posizione di iniziare una piccola fuga. Onestamente, la fuga ai Mondiali ha superato tutti i miei sogni di ciclista. A Glasgow rilanceremo, con umiltà, queste esperienze di sport e solidarietà. Mi sono allenato al meglio delle mie possibilità, sulle strade di Roma e intorno ai laghi di Albano e di Bracciano. Lo stesso hanno fatto i miei due compagni di squadra che correranno la Gran Fondo. Daremo il meglio di noi stessi in bici, crescendo insieme come persone che fanno parte della comunità sportiva fraterna, inclusiva e solidale di Papa Francesco.