Giovanni Malagò ci apre la sua stanza presidenziale al Coni e traccia un bilancio dei suoi 24 mesi da n.1 dello sport italiano.
«Abbiamo realizzato il 70% dei punti prefissati. Nonostante i tagli e la recessione i finanziamenti allo sport sono rimasti immutati. Abbiamo riformato la giustizia sportiva, i vertici delle strutture antidoping e presto vedrete delle importanti novità... Con il “moral suasion” sono state introdotte nuove leggi sull’impiantistica. Con il Miur e grazie al governo è partito il progetto “Scuola di Classe” - due ore di educazione fisica in tutte le scuole primarie - e lo sport in carcere. Abbiamo istituito la “Walk of fame”, migliorata la comunicazione con un nuovo sito e un nuovo logo Coni. E molto altro ancora...».
Nella nuova gestione Malagò si è vista una nuova visione dello sport, meno “calciocentrica”.
«Sì ma se il calcio va in crisi ne risente tutto il movimento sportivo, però questo non lo ha esentato dalla diminuzione dei contributi pubblici (“taglio” di 25 milioni di euro, ndr), ora serve quella degli stranieri in rosa e delle squadre di Serie A, da 20 a 18. Quanto agli impianti di proprietà dei club, realizzare un nuovo stadio per il calcio a Napoli o a Palermo e garantire palestre ai ragazzi di Scampia o dello Zen sono progettualità che dovrebbero andare di pari passo. Le federazioni che non campano di diritti tv devono attrezzarsi per reperire risorse alternative, se invece rinunciano a priori ad autofinanziarsi anche solo dell’1%, beh io questo non solo non lo capisco, ma non lo posso accettare».
Che voto si darebbe dopo questi 24 mesi?
«Personalmente mi do sempre un sei meno, sarebbe inelegante concedermi un voto superiore – continua Malagò - . Le critiche che mi hanno fatto male? Quando qualcuno da fuori, senza conoscere, ha detto che la mia presidenza risponde ad interessi e logiche personali, mentre io ho solo a cuore le sorti di uno sport che guarda al futuro seguendo la migliore lezione del passato. Di questo mi hanno dato atto in tanti e le trasformazioni già avviate sono lì a confermarlo».
Infine uno sguardo alla candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2024
«Roma ha tanti problemi, però ha altrettante frecce vincenti al suo arco: dal suo tesoro storico artistico, al potenziale di una futura offerta di Giochi ecologici e trasparenti. A questo penserà il nostro garante, il giudice Raffaele Cantone . Se ognuno nel suo campo, da qui a settembre del 2017 sarà in grado di lavorare al meglio, in una squadra che sarà pronta nei prossimi giorni, allora le Olimpiadi possono tornare a Roma e in Italia».
L'intervista completa su Avvenire del 18 gennaio:
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