Aldo Moro in una foto del febbraio del 1978 - Ansa
L' Aldo Moro che non ti aspetti, icona dell’antifascismo, e che tuttavia invita – nel discorso inedito che pubblichiamo – a tener ben presente la «distinzione tra fascista di tessera e fascista di fede», per non cadere in eccessi manichei di segno opposto. Il Cln aveva appena dettato la linea: abdicazione del Re ed epurazione, ma Moro, controcorrente, invita alla prudenza, per tracciare le basi di una nuova convivenza nella riconciliazione e non nella vendetta.
Domani alle 16, con una cerimonia da remoto trasmessa sul canale online della Presidenza della Repubblica, sarà presentata la piattaforma digitale dell’ Edizione nazionale delle Opere di Aldo Moro e verrà pubblicato il primo volume dedicato agli Scritti giovanili (1932-1946). «Vuole essere un modo per farlo conoscere oltre gli stereotipi, a un pubblico più largo possibile, creando un ponte con le giovani generazioni, che forse di Moro hanno conosciuto solo le tristi immagini dalla prigione brigatista», spiega il professor Renato Moro, presidente dell’Edizione nazionale e nipote dello statista. Questo primo segmento è dedicato al Moro degli anni dell’Azione Cattolica, giurista non ancora “prestato” a titolo definitivo alla Repubblica italiana: «Di questi testi ne erano stati sinora pubblicati nelle varie antologie disponibili 120, noi ne pubblichiamo 234».
Testi per metà del tutto inediti, quindi, o non conosciuti. Attraverso gli scritti di quello che ne fu uno dei maggiori interpreti, scopriamo così il contributo decisivo portato dalla dottrina sociale, per il tramite dell’Azione Cattolica, al dibattito postbellico, trasferito poi in passi fondamentali della nostra Costituzione. C’è un Moro che, ad esempio, si occupa di sovranismo e fratellanza universale: «Nella dottrina sociale cristiana l’idea di patria ha il suo riconoscimento», premette. E tuttavia «il cristianesimo non rinunzia ad una compiuta, veramente universale, realizzazione del suo ideale di fratellanza umana», attraverso l’idea di «comunità internazionale». Per cui «il potere sovrano dello Stato, non soltanto non può ostacolare la realizzazione della comunità delle genti, ma deve anzi promuoverla», spiegò a un convegno di Ac.
Salta anche lo stereotipo di un Moro troppo tenero con l’impostazione comunista. «Di fronte ad ideologie ed esperienze politiche, che hanno risolutamente operato in questo ultimo quarto di secolo, assegnando ideali collettivistici alla vita, si oppone ora da più parti, anche da una di quelle che sembrarono più compromesse con i miti totalitari, un ideale di libertà e dignità umana», avverte Moro, indicando l’essenza del personalismo cristiano cui si ispira la nostra Carta: «L’uomo viene considerato come principio e fine di ogni esperienza sociale. Il singolo non è più elemento componente di un tutto e in funzione di questo, ma piuttosto la società, il tutto vive per il singolo, allo scopo d’incrementarne e svolgerne nel miglior modo le possibilità di vita».
Il progetto, messo a punto dal Digital Humanities Advanced Research Centre dell’Università di Bologna, renderà le opere di Moro scaricabili da da pc, tablet, smartphone, anche con l’ausilio del software del Digital Humanities Research Group della Fondazione Bruno Kessler di Trento, in collaborazione con le due università di Moro, quella di Bari e la Sapienza di Roma. Sui discorsi verrà proposto, accanto al testo scritto, il corrispondente documento visivo e/o sonoro.
L'inedito / Lasciarsi il fascismo alle spalle, senza vendette
Proponiamo il testo di un intervento tenuto a Radio Bari, presumibilmente nei primi mesi del 1944, nel quale Moro si schiera contro le intransigenze giustizialiste: giudica controproducente un atteggiamento di assoluta intransigenza nell’epurazione di quanti si sono compromessi con il regime fascista. Sebbene la loro punizione sia condizione necessaria per il ripristino della vita sociale e politica, egli invita ad agire e ad individuare le colpe e le sanzioni più opportune con equilibrio, in modo puntuale e senza alcuno spirito di vendetta. Una lezione di saggezza anche per oggi?
Si sente parlare molto in questi tempi di epurazione della vita pubblica italiana dagli elementi compromessi con il fascismo. In modo pressoché unanime si invocano provvedimenti in questo senso; provvedimenti immediati, rigorosi, senza discriminazione alcuna. Non si può non notare, almeno avendo riguardo alle espressioni verbali, che il nostro popolo con questa pressante richiesta assume una posizione di intransigenza, senza rendersi perfettamente conto che essa, così assunta senza discriminazione, rischia di conservare ed approfondire il solco fatale che ha diviso per tanti anni il popolo italiano, distinguendo coloro che sono al centro da quelli che sono ristretti ai margini della vita nazionale. […]
Non può certo meravigliare che il popolo italiano, pur condotto per natura a perdonare e dimenticare ed alieno da ogni ferocia, sia giunto a questo punto di esasperazione e di intransigenza. Troppi e troppo grandi sono i nostri dolori di ieri e di oggi; troppe sono le previste dure conseguenze della dittatura per noi stessi e per i nostri figli; troppo grande l’offesa arrecata alla nostra libertà e dignità di uomini; troppe ingiustizie furono perpetrate in nome di un falso particolaristico ideale di Patria, perché non sorga naturale in tanti il desiderio di giustizia. […] Non si può, ancora, non tener presente che quest’opera di epurazione sembra condizione preliminare per un realmente nuovo indirizzo della nostra vita politica ed a garanzia dell’efficacia della nostra stessa azione armata contro l’oppressore tedesco, per conseguire in definitiva la nostra libertà. Si osservi pure che proprio l’eliminazione totale e definitiva degli elementi fascisti dalla vita pubblica italiana sembra la sola forma idonea ad assicurare il nostro popolo contro il ritorno in forza, sempre possibile, dei negatori della libertà e della vita altrui, i quali verrebbero così ancora a tradire la libertà, avvalendosi delle possibilità che quest’ultima generosamente ad essi consente. Sicché l’epurazione appare non solo come giusta reazione per quello che fu fatto soffrire a noi, ma come la sola idonea misura di sicurezza per un leale e costante rispetto della nostra libertà per l’avvenire.
Tutto quello che si è detto sin qui è certo esatto, ma non si tiene abbastanza conto di altri meno chiari ed imbarazzanti aspetti della situazione, i quali invitano ogni persona assennata a considerare con maggiore spirito di prudenza queste cose ed i progettati drastici provvedimenti. Innanzi tutto intanto bisognerebbe definire il "fascista". È troppo nota, perché occorra riprenderla qui, la distinzione tra fascista di tessera e fascista di fede. […] Si consideri ancora che il giustissimo desiderio di rendere sicura l’Italia da un ritorno della vecchia dittatura, la quale già una volta tradì la libertà, se si concreti soltanto in una reazione feroce e piena di odio, se sia tutta realizzata cioè con metodo e spirito fascista, finirebbe per dare ai signorotti di ieri una pericolosa aureola di martiri, giustificando la loro accusa che altri prosegua in fondo per la stessa strada, sostituendo alla richiesta tessera fascista una tessera antifascista e - perché no? - magari fissando dei privilegi di anzianità per coloro che parteciparono all’opera di epurazione. Ciò, s’intende, per nulla esclude che siano adottati provvedimenti di giustizia e di sicurezza a carico di tutti i responsabili e i pericolosi. Ma intanto li vuole misurati, giusti, realizzati soprattutto con la forza e con i limiti della legalità e cioè con mente serena e senza spirito di parte o di vendetta.
Quello che sembra in definitiva giusto e necessario è una misura di garanzia e non una vendetta volgare; cioè una misura di garanzia che sia irrogata, la parola non sembri strana, perché è semplicemente cristiana ed italiana, con spirito di comprensione e di amore, nell’intento cioè di persuadere e di rieducare alla vita civile ed al rispetto della libertà, anziché porre soltanto impedimenti fisici o giuridici a nuovi possibili attentati al nostro vivere umano e civile. Qui è veramente il nucleo dell’assillante problema. Che l’epurazione si debba fare prima o poi è una cosa secondaria. Quello che conta è vedere quel che debba intendersi per epurazione e se si debba essere attenti ad una umana e cristiana voce di comprensione o se si debba fascisticamente tirare diritto. E qui soccorre la comune considerazione che l’etica è veramente cosa economica, che anzi un agire sistematicamente contro di essa è umanamente e socialmente impossibile, che un perdono generoso, e tuttavia sempre vigile, (salvi s’intende i casi più gravi) non è solo un omaggio reso ai supremi valori di fraternità e di umanità della vita, ma pure un calcolo accorto, almeno per chi guardi lontano, per ricostruire una società che ebbe troppo a soffrire di alcune divisioni, perché non abbia ora bisogno urgente di unità.
Aldo Moro