Il difensore di origine senegalese ma nazionale di Francia Kalidou Koulibaly, in forza al Napoli, ha subito molti attacchi razzisti - Ansa
Si intitola Un calcio al razzismo. 20 lezioni contro l’odioil libro (edito da Giuntina) scritto da Massimiliano Castellani e Adam Smulevich, che è anche il titolo omonimo della campagna che da oggi lancia il quotidiano Avvenire in piena sintonia con la Lega di Serie A e la sua “Lotta al razzismo” presentata ieri dall’amministratore delegato Luigi De Siervo. Un calcio al razzismo si apre con la partita nel lager nazista di cui fu testimone Primo Levi e spazia (in venti storie esemplari) dall’antisemitismo al razzismo nella sua evoluzione storica, fino agli episodi più eclatanti dei giorni nostri (Balotelli, Koulibaly e Lukaku). “Venti lezioni” che si propongono di sradicare uno dei mali peggiori che affligge il mondo degli stadi. Il libro, come ha annunciato ieri De Siervo, sarà donato dalla Lega di Serie A ai club e avrà una diffusione coordinata anche nelle scuole. Il saggio di Castellani-Smulevich, in parte tratto da approfondimenti pubblicati sulle pagine di Avvenire, è approdato di recente anche sul “New York Times” nel quadro di un focus sul tema del razzismo negli stadi italiani. (M. Ion.)
Forse è finito il tempo dei proclami fini a se stessi, molto governativi, per intenderci, quelli della «tolleranza zero» contro i razzisti. Da ieri, nella Lega di Serie A è iniziata una nuova era, quella della concretezza, in cui tutti nessuno escluso, scenderà in campo per difendere il nostro calcio dagli attacchi di quella minoranza rumorosa composta dai razzisti. «Ciò che in Inghilterra la Thatcher è riuscita a fare in dieci anni contro il calcio violento (lotta agli hooligans, iniziata dopo il 29 maggio 1985: la tragedia dello stadio Heysel in cui negli scontri con i tifosi del Liverpool morirono 39 tifosi, 32 italiani, sostenitori della Juventus, ndr) noi lo realizzeremo in due anni». È una presa di posizione netta quella dell’amministratore delegato della Lega di Serie A, Luigi De Siervo, che ieri nella sede milanese della “confindustria del pallone”, ha tracciato le linee guida entro le quali dovrà muoversi il calcio di vertice per affrontare l’emergenza razzismo.
Un fenomeno diffuso in tutto il mondo del calcio quello del razzismo, e non certo una prerogativa italiana. Però il razzismo all’italiana rientra tra i pericolosi rigurgiti settimanali che si segnalano, con episodi di intolleranza, nei maggiori campionati europei. E la nostra massima serie finalmente, dopo aver firmato un documento sottoscritto da tutte e 20 le società che si impegnano ad essere parte attiva di una campagna antirazzista promossa dalla Lega di A, adesso segue le indicazioni di quest’ultima per un progetto a tutto campo che mira a mettere definitivamente in fuorigioco le orde balorde che orchestrano le Curve con gli striscioni e i cori oltraggiosi.
Luigi De Siervo, ad Lega Serie A - Ansa
Al bando la violenza verbale dei «buu» indirizzati ai giocatori di colore. «Ognuna delle 20 squadre ha scelto il suo rappresentante per la nostra “Lotta al razzismo” e tra questi ci sono calciatori di colore come Koulibaly del Napoli ma anche altri stranieri e italiani come il giovane difensore del Milan Calabria o il portiere dell’Atalanta Gollini, magari più sensibili alla campagna che stiamo per avviare», spiega un energico e quanto mai convinto De Siervo che, prima di illustrare le linee guida, ci tiene a spazzare via una volta per tutte le polemiche pretestuose innescate nei giorni scorsi in me- all’audio “rubato” nella riunione della Lega di A del 23 settembre scorso, in cui si insinuava dei cori razzisti da non trasmettere in diretta tv. «In base alle linee guida preesistenti dal settembre 2015 (evitare di mostrare immagini di qualsiasi attività contraria al rispetto umano, sia per razza, religione, politica e che inciti alla violenza o lesivi dell’immagine della Lega di A) è stato sospeso il regista di Cagliari-Brescia perché indugiava per 40 secondi sulla Curva dei tifosi sardi che protestava contro la decisione del Var e anche il regista di Inter-Lazio che mostrava a lungo uno striscione raffigurante il narcotrafficante (ex capo ultrà laziale, defunto, ndr) Diabolik ». Su questo versante dell’amplificazione dei media si muoverà la campagna nell’area sportiva intitolata “We are one team” che prevede «la stesura della carta dei principi, la fascia da capitano a tema antirazzismo, la dedica di un turno di Serie A e della Coppa Italia alla campagna contro il razzismo».
Ma prima del coinvolgimento diretto e costante dell’area sportiva c’è il lavoro in “partnership” con le istituzioni antirazziste, a cominciare da quello consolidato con la “Mandela Foundation”. Si intensifica con questo giro di boa anche l’impegno di formazione e informazione con e nelle scuole e il relativo progetto “Caro calcio ti scrivo”. Partire dalla base, per dare un calcio al razzismo e cambiare radicalmente la cultura sportiva nel nostro Paese è l’obiettivo dichiarato.
L’area culturale pertanto prevede una serie di iniziative a cominciare dalla mostra perrito manente - negli spazi milanesi di via Rosellini - delle opere realizzate dall’artista Simone Fugazzotto. Si tratta di un trittico raffigurante delle scimmie dalle bordature colorate che richiamano ai colori delle maglie delle squadre della Serie A.
L'opera realizzata dall'artista milanese Simone Fugazzotto - Ansa
«Attraverso l’arte mando un messaggio che negli stadi non si può dire, ma che vuole essere distensivo e di fratellanza, ovvero la scimmia come metafora dell’essere umano – spiega Fugazzotto – . La teoria evolutiva dice proprio questo, perciò la scimmia è la scintilla per insegnare a tutti che non c’è differenza, e che in fondo siamo tutti “scimmie”».
È lo stesso principio provocatorio, ma altamente civile, che il campione del mondo con la Francia del ’98, l’ex difensore di Parma e Juventus, Lilian Thuram, lancia da anni (specie nelle scuole) presentando il suo libro Le mie stelle nere( edito da Add): «Se la prima donna dell’umanità, 3 milioni di anni fa è stata Lucy, allora siamo tutti africani, quindi tutti fratelli». La fratellanza e il fairplay in campo e sugli spalti è un valore che va conquistato. E purtroppo il conseguimento del risultato prevede l’incentivazione della terza area, quella “repressiva”.
«Un termine, repressivo, che non ci piace, ma che è necessario per garantire la maggiore pubblica sicurezza all’interno degli stadi. Pertanto potenzieremo e aumenteremo il numero delle telecamere all’interno degli impianti sportivi. Chiederemo al Governo nella persona del Garante per la privacy di darci il via libera per l’introduzione dello speciale software per il “riconoscimento facciale” di quei tifosi che lanciano cori e insulti razzisti e individuarli, accedendo alle immagini nelle 48 ore successive all’evento. Infine – conclude De Siervo – abbiamo istituito una “Task Force” Serie A più club, dedicata alla social responsability, con la costituzione al suo interno di un ufficio antirazzismo a tempo indeterminato perché il razzismo purtroppo non è un problema momentaneo. E d’ora in avanti dobbiamo vigilare per sempre e cercare quanto più possibile di limitarlo e magari un giorno di eliminarlo del tutto».