Il nuovo direttore del Piccolo Teatri di Milano Claudio Longhi
«Il Piccolo Teatro di Milano ha una funzione cardine, è un riferimento perché una certa idea di teatro è nata lì. Un momento di crisi del Piccolo Teatro di Milano è un momento di crisi del sistema del teatro italiano. Non so se sarò all’altezza di un compito così difficile, non posso che rimettermi al giudizio delle persone che hanno ritenuto di rivolgersi a me. Non è stata una scelta semplice, ma mi sono messo a disposizione con grande senso di responsabilità».
Così Claudio Longhi, bolognese, 54 anni, attuale direttore di Ert si è presentato oggi alla stampa nell’attesa di assumere l’incarico di nuovo direttore del Piccolo Teatro di Milano dal prossimo primo dicembre.
Superato l’empasse di quest’estate sulla nomina del successore di Sergio Escobar dopo 20 anni di direzione, Longhi ha quindi presentato le linee guida della sua prossima gestione, ben consapevole di «navigare a vista in un mare in tempesta«». Come ha sottolineato il presidente del Cda del Piccolo Salvatore Carrubba, «in questo momento molto difficile, nel quale tutto il teatro e la cultura non soltanto in Italia e in europa si trova ad operare, il Piccolo Teatro continua a rappresentare una occasione di incontro civile, dibattito e discussione per l’avvenire». Un nuovo ciclo quindi si apre dopo le due fasi storiche Grassi-Strehler e Ronconi-Escobar.
Longhi ha presentato le linee e i principi ispiratori al Cda e ai lavoratori del teatro, che in questi mesi avevano protestato più volte per le incertezze sul futuro.
«Mi trovo a vivere una grandissima emozione che impasta la gioia di trovarmi a ricoprire un ruolo simile, in considerazione dell’importanza che il Piccolo ha avuto nella mia biografia personale di spettatore, studioso e operatore di teatro – ha spiegato oggi Longhi, già collaboratore di Luca Ronconi, in videoconferenza - . Ho un senso di profonda responsabilità per le scelte complesse a cui il tempo in cui viviamo ci costringe. Un passaggio epocale che chiude un ciclo culturale fondamentale del pianeta».
Pur consapevole della difficoltà di immaginare il futuro durante la pandemia, il nuovo direttore del Piccolo Teatro ha cercato di delineare, ringraziando i suoi predecessori, ancor più che un programma, «una sorta di mappa di linee programmatiche che possa orientare la programmazione della Fondazione. Linee frutto della coscienza del profondo rinnovamento del tempo che stiamo vivendo e della consapevolezza che proprio in un tempo così vorticoso il peso della tradizione è importante, può essere una bussola preziosa per avventurarsi nel mare del nuovo».
Venendo alle linee guida, Longhi ribadisce «la necesità di affrontare seriamente la funzione pubblica del teatro. La funzione che il teatro deve tenere nel confronto di una società, della famiglia, della città, e del Paese». Insomma ragionare sull’idea di servizio pubblico che è all’origine della vocazione del Piccolo, e capire come questa idea può essere adattata ai tempi che viviamo, «ragionando su un’idea di teatro come bene comune».
Ed ecco, in sintesi, le linee guida del neo direttore: ribadire il rapporto forte con l’Europa che nello stesso statuto di Teatro d’Europa; consolidare il rapporto con la propria tradizione; dare voce alla nuova drammaturgia italiana in dialogo con quella internazionale; ribadire la funzione del Piccolo di vetrina dell’eccellenza del nostro Paese all’esterno e vetrina dell’eccellenza e innovatività delle esperienze teatrali straniere; impegno nel passare l’importanza dell’esperienza teatrale all’intero del sistema artistico del Paese; continuare il legame pofondo con la comunità milanese.
«In concreto – aggiunge Longhi – si tratta di sviluppare il dialogo con la Fondazione, cda e dipendenti tutti. Il modello cui guardo è costruito sula presenza di artisti residenti in seno al teatro, oltre che ospiti. Da esplorare possibilità che il direttore venga affiancato da un collegio di “dramaturgen”, sul modello tedesco, con la funzione di mediazione culturale, arricchimento della pratica creativa e di confronto delle linee di programmazione. Per il teatro di repertorio penso ad un “ensemble” permanente. Al tempo stesso occorre impegnarsi su un segmento trascurato da teatro italiano, il teatro ragazzi che in Italia esprime eccellenze a livello mondiale. Inoltre punteremo a una attenzione alla scuola e alla didattica teatrale all’interno dei nostri programmi formativi. Stipuleremo protocolli di intesa con il Miur per trovare una progettualità. Infine il tema delle nuove tecnologie e della sostenibilità delle produzioni, perché un teatro “green” è necessario».