martedì 22 marzo 2011
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Amore e guerra civile. Perdo­no e odio. Dio e il mondo. Nel nuovo film di Roland Joffé, There be dragons, la passione per l’uomo san Josemaría (il fonda­tore dell’Opus Dei, canonizzato da Giovanni Paolo II nel 2002) si respi­ra in tutto il film, che ha come atto­ri protagonisti Charlie Cox, Wes Bentley e Dougray Scott. La pelli­cola, che uscirà nelle sale spagnole il 25 marzo e negli Stati Uniti il 6 maggio, non ha ancora una distri­buzione in Italia.Joffé, partiamo dal titolo: quali so­no i draghi di cui parla il film?L’origine del titolo viene dai draghi che nelle mappe antiche indicava­no ciò che non era conosciuto. Ma nel film i veri draghi diventano l’a­vidità, l’odio, la morte.Due sono i protagonisti: Manolo, un personaggio inventato, e san Jo­semarìa, un santo del Novecento. Perché ha voluto scrivere e dirige­re una storia su di lui?Sono rimasto colpito, dopo aver vi­sto un filmato, dalla sua naturale e profonda umanità. Lui non era un uomo 'ideologico'. E poi dalla sua allegria e dalla sua capacità di cre­dere nella libertà degli altri. Uno sguardo alle realtà di ogni giorno che lo portava a trovare Dio nella vi­ta quotidiana. Mi sono chiesto: co­me faceva a trovare Dio nella guer­ra? Da lì è nato il desiderio di fare un film su un messaggio cristiano che portava in primo piano l’amore, an­che attraverso la guerra e il perdo­no. La forza del messaggio di san Jo­semaría è che arrivava e arriva a tut­ti, atei e non credenti, e fa capire quanto è straordinario vivere la vi­ta di ogni giorno, lottando contro ciò che non va.Nel film, Manolo è un padre che ha chiuso le porte al figlio, mentre san Josemarìa sembra essere un sacer­dote che cerca di essere un buon padre.La struttura della sceneggiatura par­te proprio da questi due binari, il cui contorno è la guerra civile spa­gnola, fonte di divisione civile e fa­miliare. Il significato profondo del film è come può nascere il perdono di fronte all’odio, senza per questo dover creare una separazione netta tra il bene e il male, ovvero da una parte il mondo spirituale di san Jo­semarìa e dall’altra il mondo seco­lare di Manolo. Mi azzardo a dire che il film non ci sarebbe stato sen­za il personaggio di Manolo.Come hanno reagito gli attori di fronte alla storia? Wes Bentley ha rilasciato un’intervista nella quale diceva che aveva chiuso con la dro­ga.Sì, è vero. Ma non posso parlare per loro. Però la cosa più bella è che tut­ti hanno compreso l’importanza della responsabilità personale nel­le scelte di ogni giorno. Senza di­menticare la profondità della libertà di questo uomo, Josemaría Escrivá, che è diventato santo.È stato scritto che questo film è sta­to organizzato e voluto dall’Opus Dei.Chi conosce bene l’Opus Dei sa che non si può parlare di un’opinione comune. Alcuni membri dell’Opus Dei hanno voluto investire nel film. Ma lo hanno fatto come una loro personale scelta professionale. È u­na caratteristica propria insegnata da san Josemaría: la completa li­bertà di agire secondo la propria co­scienza nelle cose temporali.Il suo prossimo progetto?Sto già lavorando ad un film che sarà ambientato in India. I film sono co­me i figli: per ora sono concentrato sull’ultimo arrivato. E se dovessi di­re cosa mi ha lasciato There be dra­gons non avrei dubbi: la vita ti offre sempre delle incredibili opportu­nità.
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