Famiglia sami durante una celebrazione primaverile - WikiCommons
Dal 3 al 5 giugno si terrà la 13ª edizione del “Premio Ostana: scritture in lingua madre”, edizione “En partatge” (termine in occitano che significa condivisione). In questa edizione, in modalità online, autori da tutto il mondo si incontreranno in un festival della biodiversità linguistica. Nel Decennio Internazionale delle Lingue Indigene 2022-2032 proclamato dalle Nazioni Unite, il filo conduttore sarà una riflessione sui diritti linguistici. Tra gli ospiti più attesi, Pirita Näkkäläjärvi, attivista della cultura sami impegnata nella difesa dei diritti delle popolazioni indigene, l’antropologa brasiliana Maria Isabel Lemos, Luci Tapahonso, esponente della letteratura e poesia Navajo, e ancora Maite Puigdevall e Macarena Dehnhardt in un incontro in cui si parlerà del ruolo della traduzione come strumento di inclusione. Infine spazio alla musica, a Bogre – documentario di Fredo Valla – e a un laboratorio esperienziale per imparare una lingua dall’inconscio, progetto dell’artista siriano Ammar Obeid.
Oliver Loode: «Immersione in un nido linguistico»
Oliver Loode - Premio Ostana
Il “Premio Ostana: scritture in lingua madre” è da 13 anni un’opportunità per riflettere sui diritti linguistici. Nell’edizione di quest’anno, tra i relatori anche Oliver Loode, attivista estone, esperto nel campo dei diritti umani dei popoli indigeni e direttore di Uralic, centro che promuove i diritti culturali e linguistici dei popoli indigeni ugro-finnici e samoiedo. Loode dialogherà su lingue minoritarie e diritti delle popolazioni indigene con Davyth Hicks e Mariona Miret (5 giugno, ore 10.00, online).
L’anno internazionale delle lingue indigene è stato nel 2019; dal 2022 al 2032 sarà il Decennio internazionale delle lingue indigene: quanto è importante?
È notevole che il sistema delle Nazioni Unite, incluso l’Unesco, stia investendo così tanto del suo capitale simbolico, risorse umane e finanziarie nella promozione e nella protezione delle lingue indigene. Cinque anni fa non era così, poiché le lingue erano una questione di priorità inferiore rispetto ai diritti alla terra e alle risorse naturali. La speranza è che il Decennio porterà benefici a migliaia di comunità linguistiche. Sono circa settemila le lingue nel mondo, la maggior parte delle quali indigene. Ciò include anche le lingue indigene d’Europa, compresa l’Italia. Perché non sfruttare il Decennio per rivitalizzare la lingua sarda?
Le lingue possono contribuire a dare benefici emotivi alle persone?
Le lingue costituiscono una parte fondamentale dell’identità di una persona. Pertanto, qualsiasi restrizione all’uso della propria lingua madre equivale a un atto ostile contro l’identità e la dignità di una persona. Può portare a traumi permanenti a livello individuale e collettivo, come è accaduto ad esempio con le scuole residenziali per bambini indigeni in Canada. D’altra parte, se si è in grado di esprimersi e comunicare liberamente nella lingua madre, anche ricevere un’istruzione nella lingua madre, ciò contribuisce a uno sviluppo più sano di una persona e rafforza i suoi legami con la famiglia, la comunità e la propria cultura. Conoscere e utilizzare la propria lingua madre protegge le persone dall’alienazione e dall’assenza di radici che caratterizzano la società moderna.
Quali sono le attività su cui sta lavorando Uralic?
Uralic è un’organizzazione per i diritti umani con sede in Estonia, che si concentra sulla promozione dei diritti culturali e linguistici delle popolazioni autoctone ugro-finniche in Estonia, Lettonia, Russia e altrove. Uno dei progetti di punta è il coordinamento del programma delle Capitali della cultura ugro-finniche che è stato modellato sulle più famose Capitali europee della cultura. Ma invece di grandi città, le capitali ugrofinniche della cultura sono di solito villaggi che per un anno servirebbero come “cuori culturali” per il movimento ugro-finnico internazionale. Ma Uralic lavora anche con altre etnie, compresi i tartari di Crimea e gli indigeni dell’Ucraina.
Come si difendono i diritti delle lingue indigene?
Il numero delle lingue del mondo sta diminuendo a un ritmo allarmante, che è uno dei motivi per cui il sistema delle Nazioni Unite ha investito nell’Anno e nel Decennio internazionale delle lingue indigene. Ma d’altra parte stiamo vedendo più esempi di rivitalizzazione della lingua indigena da luoghi diversi come Nuova Zelanda (lingua maori), Hawaii (hawaiano), Finlandia (inari sámi), Canada. Il modo migliore per difendere una lingua indigena vulnerabile è rivitalizzarla consapevolmente e sistematicamente. Ciò richiede un approccio globale e un apprendimento immersivo delle lingue a livello prescolare: l’approccio “nido linguistico”. Uno dei migliori esempi di nidi è quello della lingua Punana Leo nelle Hawaii, al centro della rivitalizzazione dell’hawaiano.
Il tema di Ostana quest’anno è “ partatge”: “condivisione”, “collaborazione”. Cosa significa per lei?
La “condivisione” è qualcosa che per la maggior parte della storia umana è stato uno approccio mentale e di comportamento naturale, perché era l’unico modo per un individuo di sopravvivere in una comunità tradizionale e proteggersi da minacce esterne. Come risultato della cultura individualista occidentale, molti di noi hanno perso la capacità di condividere liberamente, senza aspettarsi qualcosa di tangibile, come il denaro, in cambio. Ma nel campo della rivitalizzazione delle lingue la condivisione è fondamentale, perché anche se le lingue che necessitano di essere rivitalizzate sono diverse tra loro, le cause del declino e i metodi per rivitalizzarle, possono essere molto simili.
Davyth Hicks: «Il digitale è la nuova frontiera»
Davyth Hicks - Premio Ostana
L’avvento del digitale, le discriminazioni contro le lingue, gli sviluppi linguistici delle minoranze in Europa, sono temi di strettissima attualità da affrontare con attenzione, perché riguardano diritti e doveri relativi l’abitare un territorio e il favore la biodiversità. Ne abbiamo parlato con Davyth Hicks (relatore a Ostana con Oliver Loode), specialista nelle lingue minoritarie e nella loro rivitalizzazione, nonché segretario generale e fondatore della Ong europea per le lingue minoritarie Elen, European Language Equality Network, che rappresenta 45 lingue minoritarie, attraverso 166 organizzazioni membri in 23 Stati e ha status consultivo presso Parlamento europeo, Consiglio d’Europa, Onu e Unesco.
Gli strumenti digitali possono rafforzare le lingue?
In breve, sì. Elen sta attualmente lavorando al progetto pilota europeo sull’uguaglianza delle lingue istituito dal Parlamento europeo. Per questo progetto il nostro compito è raccogliere dati su tutte le lingue europee meno usate e sugli attuali livelli di offerta digitale. Per poter vivere le nostre vite nelle nostre lingue, pensiamo sia fondamentale che le nostre lingue siano in grado di stare al passo con gli sviluppi digitali. Vediamo già le nostre lingue emarginate quando i bambini non possono usare i social media o giocare ai videogiochi nella loro lingua, poiché gran parte delle nostre vite sono vissute digitalmente, perciò dobbiamo garantire alle generazioni future che le lingue siano sviluppate nel digitale.
La Commissione su razzismo e intolleranza definisce la discriminazione contro la lingua come una forma di razzismo. Come si combatte?
L’Ecri del Consiglio d’Europa ha raccomandato che la discriminazione contro la lingua è una forma di razzismo, sia diretto che indiretto. Sono d’accordo e vorrei che tale definizione fosse pienamente attuata dal Consiglio d’Europa, dall’Ue e dagli Stati. Discriminare la lingua di qualcuno è un attacco contro la sua identità. Il razzismo è generalmente definito come basato sulla discriminazione sulla base della razza o dell’etnia di una persona, ma vorremmo vedere l’ambito di tale definizione esteso alla discriminazione linguistica come forma di razzismo.
Quali sono le principali attività su cui sta lavorando l’European Language Equality Network?
In Francia stiamo affrontando la questione derivante dalla legge Molac e dalla sua censura da parte della Corte Costituzionale. In questi giorni i nostri membri tengono 48 dimostrazioni in tutto lo Stato per le loro lingue. La Francia continua a discriminare le sue lingue territoriali indigene e abbiamo davvero bisogno di vedere un cambiamento. È anche importante che l’Italia ratifichi l’Ecrml (Carta europea delle lingue regionali o minoritarie; trattato internazionale concluso a Strasburgo nel 1992 nell’ambito del Consiglio d’Europa) e attui una legislazione linguistica sostanziale per tutte le sue lingue territoriali. Siamo poi impegnati con il progetto Listen sull’assertività linguistica. All’Onu abbiamo lavorato per il rilascio di prigionieri politici catalani. Saremo anche impegnati con il Decennio Unesco sulle lingue indigene, la Conferenza sul futuro dell’Europa e altri progetti dell’Unione europea. L’Italia diventerà un punto focale entro la fine dell’anno e per il futuro, mentre continuiamo a fare campagna per la ratifica di Ecrml, nonché a sviluppare il nostro lavoro con tutte le Ong linguistiche territoriali.
Quali sono i recenti sviluppi linguistici per le minoranze in Europa?
Stiamo avendo alcuni successi con il recupero della lingua, ma in tutta Europa la discriminazione contro le lingue continua a vari livelli. Allo stesso tempo, molte delle lingue dei nostri membri sono in pericolo. La pressione è alta per garantire che tutti abbiano una protezione adeguata in termini di legislazione linguistica e incorporino l’educazione immersiva nel sistema scolastico. La sfida più grande è come reintrodurre la trasmissione linguistica intergenerazionale, oltre a garantire un maggiore utilizzo e recupero delle lingue da parte della società.
Cosa significa per lei la parola-tema di quest’anno a Ostana, “ partatge”?
Penso la condivisione sia al centro di tutto ciò che fa Elen. Le nostre organizzazioni si incontrano per condividere le loro esperienze e competenze nelle campagne per le lingue e nel rigenerare le lingue. Negli anni siamo diventati un’organizzazione di amici che lavorano per una causa comune e la condivisione è al centro di tutto ciò che siamo.