«E se ti dicessi che ti ho amato veramente / che ero felice quando venivi / saresti qui oggi / per stare nella mia canzone cantava Paul McCartney nell’82 in
Here today, col pensiero a John Lennon scomparso da poco più di un anno. Ma la mobilitazione planetaria per quei settant’anni che l’uomo di
Imagine avrebbe compiuto proprio ieri, coglie l’ex compagno un po’ meno macerato di un tempo. «John aveva una doppia personalità: ruvida fuori e tenera dentro. Mi ha segnato a fondo» spiega l’ex Beatle al telefono da Londra. «Dopo così tanto tempo, mi spiazza ancora cantare quel pezzo, mettere a nudo sentimenti tanto privati davanti ad un mare di persone che nemmeno conosco. Ma lo faccio con piacere e se mi viene da piangere, piango. A 68 anni certe cose me le posso anche permettere».
Tug of war, l’album che contiene
Here today, è uno dei dischi che prossimamente verranno rimasterizzati e distribuiti sul mercato sotto l’egida di quella Paul McCartney Archive Collection con cui Macca intende dare nuova vita al suo catalogo post-Beatles. Si comincia con
and on the run, uno dei suoi dischi più amati in assoluto, con oltre 7 milioni di copie vendute, nei negozi il 1° novembre in ben quattro formati: disco singolo, disco doppio e dvd, disco triplo e dvd, e doppio vinile. «Avendo parecchio materiale in archivio, l’idea è quella di accompagnare queste ripubblicazioni con delle versioni deluxe arricchite da materiale raro o inedito – spiega Sir Paul –. Dalle registrazioni di ogni album è avanzato infatti materiale mai pubblicato. Stesso discorso per i filmati».
Ma ha scelto di cominciare con «Band on the run» per motivi affettivi?«Quel disco è certamente tra i miei preferiti, assieme a
McCartney del ’70 e al live
Wings over America. Fra i più recenti, invece, metterei
Chaos and creation in the backyard».
«Band on the run» nacque a Lagos, in Nigeria, tra non poche difficoltà...«Già, il giorno prima della partenza Harry McCollough e Denny Seiwell, chitarra e batteria degli Wings, dissero che sarebbero rimasti a casa. Così, a me, Linda e Denny Lane, non rimase che scegliere se volare lo stesso in Africa o mandare tutto a monte tutto».
Alla fine andaste...«E fu un’avventura. Il Paese era molto più arretrato di come ce l’avevano descritto e così pure lo studio di registrazione. Un giorno collassai per il caldo e un altro io e mia moglie fummo rapinati in strada sotto la minaccia di un coltello. Ma l’esperienza si rivelò straordinaria lo stesso».
Il dvd contiene testimonianze sia di questa avventura a Lagos che del concerto «One Hand Clapping».«Lo girammo negli studi di Abbey Road, dando vita ad un piccolo strano show da vendere a qualche televisione. Ma forse era troppo strano e nessuno lo volle, così rimane una bella testimonianza degli Wings di allora».
Ma a lei piace rivedersi?«Certo, quando riguardo filmati con John, George e Ringo mi dico: eravamo proprio forti. Invece non ascolto molta musica dei Beatles. Preferisco i film, perché in ogni immagine c’è un pozzo di ricordi da cui, oltre alla bellezza delle canzoni, si evince tutta la nostra gioia di suonarle».
Nel gruppo di "fuggiaschi" immortalati sulla copertina di «Band on the run» ci sono pure James Coburn e Christopher Lee. Chi li chiamò?«Io. Dovendo trovare un’idea per la copertina, con Linda pensammo a dei carcerati sorpresi dal fascio di luce dei secondini mentre tentano di evadere di prigione. La logica avrebbe voluto che nella foto ci fossero solo gli Wings, perché eravamo stati noi a "fuggire" in Nigeria, ma poi ci rendemmo conto che sarebbe stato più interessante coinvolgere attori, politici, conduttori televisivi, sportivi, dando vita ad uno strano insieme di persone che avrebbe certamente incuriosito».
Dice spesso di essere "un sopravvissuto". «Effettivamente lo sono. Ho perso la mia prima moglie e amici come John Lennon, George Harrison e Brian Epstein. Ma la musica aiuta molto ad andare avanti».
Ha appena prodotto «Avaible Light», il primo disco di suo figlio James, che ha 33 anni...«James suona da tanto tempo e così, quando mi ha detto che intendeva incidere un disco, ho chiamato il produttore David Khane e ci siamo dati da fare per dargli una mano. È venuto fuori un lavoro molto interessante, semplice e diretto».
Cosa si aspetta dal futuro?«Ho molti progetti. L’anno prossimo, ad esempio, potrei dare alle stampe un portfolio fotografico; sono anni che scatto e forse è arrivato il momento di dare un senso a questa attività».
Il suo «Up and coming tour» non ha ancora toccato l’Italia. Quando arriverà?«Spero presto. Anzi, già il prossimo anno».