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«Lutz è andato all’Ovest con Gretchen e il marmocchietto (…) Per la prima volta sento con dolore – e non soltanto con la ragione – la tragedia delle nostre due Germanie. Le famiglie disgregate, la contrapposizione tra fratello e sorella – che argomento letterario! Perché nessuno gli dà forma, perché nessuno ci scrive un libro di valore? Paura? Incapacità?». Così annotava la scrittrice Brigitte Reimann nel suo diario il 29 aprile del 1960 parlando del passaggio del fratello con la famiglia nella Germania capitalista. Alle domande diede lei stessa una risposta, scrivendo a partire dal 1961, anno della costruzione del Muro, il romanzo Fratelli, uscito nel 1963, con il quale vinse il prestigioso premio Heinrich Mann. Non senza essere passato per tagli e modifiche anche stilistiche. Non per un normale lavoro di editing, ma perché in molte parti il romanzo, nel quale traspare il retroterra autobiografico, conteneva critiche e descriveva una realtà sgradita al regime, quella della fuga di chi preferiva il bieco capitalismo al pardiso dei lavoratori.
Ora questi tagli e queste varianti sono ricostruibili per il fortunoso ritrovamento nel 2022 - durante i lavori di ristrutturazione di un appartamento a Hoyerswerda (Sassonia), dove la scrittrice aveva abitato - del manoscritto originale. Uscito in una nuova edizione integrale in Germania nel 2023, e diventato un caso editoriale, Fratelli appare ora in italiano da Neri Pozza (pagine 192, euro 18,00, traduzione di Monica Pesetti). È la storia di tre fratelli, Elisabeth, Ulrich (Uli) e Konrad. Quest’ultimo ha lasciato la Ddr prima dell’edificazione della “Barriera di protezione antifascista”, come il simbolo della Guerra fredda veniva pomposamente chiamato. Anche Uli, amareggiato per i fallimenti lavorativi e per il clima che si respira, vuole andarsene. Nella Pasqua del 1961, pochi mesi prima che il Muro venga innalzato, Elisabeth viene a sapere del progetto di fuga. E cerca di ostacolarlo. Sono i colloqui tra fratelli il centro propulsore del racconto. Uli, che manifesta apertamente il proprio essere un outsider, un cane sciolto, è un lettore di Arthur Koestler, mentre Elisabeth che comunque è – come tutta la famiglia – di estrazione borghese e non è iscritta al partito, si attiene invece alla retorica del regime, preferendo opere del realismo socialista come Cement di Fyodor Gladkov. L’esperienza della guerra ha saldato il rapporto tra Uli ed Elisabeth. Sono protettivi anche da adulti e la gente li scambia per una coppia. Anche con l’altro fratello i dialoghi sono serrati e vertono sulle differenza tra i due sistemi. Ma la distanza è già siderale. Ed è sul tentativo di fermare Uli e sulla ferita che il suo progetto provoca alla sorella che il romanzo verte. Se la fuga riuscirà o meno e come lei cercherà di bloccarla, lo lasciamo in sospeso. Elisabeth è una pittrice, ma è impiegata in un Kombinat, un complesso industriale di più fabbriche affini per le produzioni. Proprio come Reimann, morta di cancro a soli 39 anni nel 1973, che aveva lavorato presso il VEB Gaskombinat “Fritz Selbmann” Schwarze Pumpe, stabilimento per la raffinazione della lignite.
Ma il vero lavoro di Reimann era la letteratura. L’autrice ebbe anche un grande successo. Non solo con Fratelli, due anni prima nel 1961 con Ankunft im Alltag (“Arrivo alla quotidianità”), ambientato proprio in un Kombinat, aveva dato vita al filone letterario detto proprio Ankunftsliteratur, una serie di opere (come lo stesso Fratelli, Il cielo diviso dell’amica Christa Wolf e altre) che pur ponendosi in atteggiamento critico verso il regime, venivano in sostanza a patti con esso. Nell’ambiente letterario della Ddr Reimann fu in amicizia e in rapporti epistolari con autori come Günter De Bruyn (il carteggio è appena uscito in Germania per Quintus Verlag) e con la più celebre Wolf. Diversamente dall’autrice di Riflessioni su Christa T., Reimann da noi finora era nota solo per l’opera postuma Franziska Linkerhand, apparsa nel 2005 per Voland. E anch’essa passata sotto le forbici della censura.
Angela Drescher e Nele Holdack, curatrici dell’edizione tedesca del 2023, nella postfazione (presente anche nella traduzione italiana) ricostruiscono la complessa vicenda editoriale del libro ed evidenziano i tagli apportati (ad esempio per rendere più occidentale e negativa la figura del primo fratello transfuga, Konrad, viene omesso che egli era stato il capo della gioventù comunista ai tempi del liceo). Le due studiose danno conto poi, attraverso pagine del diario della scrittrice, dei suoi rapporti con gli editori, della genesi dell’opera e della ricezione che essa ebbe. Dal punto di vista generale a Reimann, scrivono le curatrici, è riuscita a rendere «dolorosamente tangibile la tragedia rappresentata dalla divisione della Germania che si era appena compiuta» e a mostrare «cosa significasse per il popolo tedesco».
La forza del romanzo sta, in effetti, nella descrizione della frattura spirituale, ancor prima che fisica della Germania. Una nazione che pochi anni prima della chiusura della Cortina di ferro appariva una landa desolata, di macerie, senza padri. silenziosa ma pronta ad esplodere, come annotava nel 1959 un attento osservatore straniero, Carlo Levi, del quale Einaudi ripropone le impressioni di viaggio dal titolo faustiano La doppia notte dei tigli (pagine 146, euro 11,50, con introduzione di Mario Desiati). E non è un caso che polemiche e una pletora di saggi politologici, sociologici e romanzi sul passato , sia esso nazionalsocialista o comunista, oppure riguardante i travagliati rapporti tra Ovest ed Est siano all’ordine del giorno e tengano qual fuoco sempre acceso. Ad esempio il recente Das Jahr ohne Sommer (L’anno senza estate, edito da Ullstein) di Constanze Neumann - autrice nota in Italia per Il cielo sopra Palermo (Kalós, 2021) e l’appena uscito L’onda del destino (SEM), primo capitolo di una saga familiare che in Das Jahr ohne Sommer, secondo atto, ha al centro proprio una famiglia dell’Est, quella dell’autrice, trasferitasi all’Ovest da Lipsia.