domenica 11 agosto 2019
È dagli anni 60 che la loro scomparsa agita le menti di palentologi, esperti del clima, scrittori, cineasti, ma soprattutto muove all'identificazione una fetta importante del genere umano
Due statue di dinosauri nel Crystall Palace Park a Londra

Due statue di dinosauri nel Crystall Palace Park a Londra

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Per il critico americano W. J. Thomas Mitchell rappresenta «l’animale totem della cultura moderna, una creatura che unisce la scienza moderna e la cultura di massa ». Difficile dargli torno, perché nessuna specie animale ha suscitato tanta curiosità scientifica negli ultimi due secoli, fino a imporre una vera mitologia e modelli iconografici che vanno dall’arte al fumetto, dal cinema ai videogiochi.

Certo è che nessuno ha mai visto dal vero un dinosauro. Perché la loro estinzione avvenne milioni di anni fa e le cause di questa scomparsa improvvisa e relativamente rapida fondano questa mitologia. Su come accadde esistono teorie le più diverse ma soprattutto non c’è accordo fra gli scienziati. Sarà stato l’asteroide caduto sessantasei milioni di anni fa in Messico la causa della glaciazione che ne ha deciso l’estinzione?

Oppure, più o meno in quella stessa era lontanissima, fu una straordinaria attività vulcanica nell’India occidentale a produrre analoghi cambiamenti climatici risultati poi letali per i dinosauri? Stiamo parlando di qualcosa che avvenne in un’epoca fra il Cretaceo e il Paleogene e tutto ciò viene ipotizzato sulla base di tracce fossili rinvenute sulle rocce che attestano eventi catastrofici: può essere una eccessiva concentrazione di iridio che assegnerebbe la responsabilità al grande asteroide, oppure saranno le risultanze di rocce laviche riscontrate in Asia.

Difficile saperlo con certezza. Quando parliamo di queste cose nella nostra mente il tempo subisce una singolare contrazione mentre dovremmo vederlo nella sua reale distensione: se furono le eruzioni vulcaniche, dobbiamo considerare che, secondo studi recenti di università americane – quella di Berkeley in California e quella di Princeton –, questi fenomeni si protrassero per un milione di anni e cominciarono quattrocento milioni di anni prima della scomparsa dei dinosauri. Ma è sulla successione degli eventi che le due università non concordano e dunque ancora fumata nera per stabilire come si siano estinti questi mitici animali. In compenso Boria Sax, docente di letteratura a New York, ha scritto un libro per spiegarci come il mito dei dinosauri sia invece saldissimo nella nostra memoria collettiva, e anzi goda di particolare fortuna. Il libro s’intitola Dinomania. Perché amiamo, temiamo e siamo incantati dai dinosauri (Odoya, pagine 248, euro 18) e ci racconta in modo accattivante, senza rinunciare a evocare pensatori del calibro di Levi-Strauss, Derrida o Lyotard, come questi antichissimi bestioni sopravvivano oggi in un articolato universo mediatico. I dinosauri sono più che una questione scientifica o una forza dell’immaginazione. Sono un caso particolare di entertainment che ogni giorno alimenta il dibattito e gli affari. E in certi momenti del Novecento il dinosauro è stato persino un barometro dello stato d’animo umano rispetto al futuro e all’ignoto. Si parla di “rinascimento dei dinosauri” e pare cominci negli anni Sessanta con le teorie del paleontologo John Ostrom che studiando un artiglio fossile di deinonico ipotizzò che camminasse in posizione eretta e fosse assai forte. Ed è da qui che il ventitreenne Robert Bakker, suo allievo, ripartì nel 1968 scommettendo sulla «superiorità dei dinosauri».

Il giovane palentologo, oggi curatore del Museo di scienze naturali di Houston, sostenne infatti che fossero animali di “sangue caldo” e che siano stati i dominatori del pianeta come oggi la specie umana (il paragone si reggeva appunto sulla tesi del metabolismo endotermico che ci accomunerebbe, idea in sé abbastanza dubbia). Ma per molti i dinosauri sono esseri molto familiari, se è vero che un sondaggio del 1990 rivelò che il 41% degli americani credeva che fossero apparsi sulla terra più o meno contemporaneamente alla nostra specie. Dopo circa vent’anni, nel 1986 Bakker pubblicò The Dinosaur Heresies, dove la comparsa di questi animali già estinti nella notte dei tempi, veniva infatti collocata quasi contemporaneamente a quella dei mammiferi, che poi ebbero il sopravvento. L’idea di Bakker è fuoriviante, commenta Sax, perché fa pensare che fra dinosauri e mammiferi vi fosse una competizione per estendere il proprio dominio sul pianeta, mentre probabilmente vissero più o meno pacificamente. Ma siccome era l’epoca delle campagne per i diritti civili, da quella per gli afroamericani a quelle di altre etnie, mister Bakker pensò bene di montarne una anche per i dinosauri «sostenendo che erano vittime di pregiudizi». Poiché si erano estinti, osserva Sax, «venivano associati anche all’anacronismo e al fallimento, e dopo la Grande Depressione veniva anche rinfacciato loro l’uso che industriali come Carnegie ne avevano fatto per simboleggiare le grandi aziende».

Quando si parla di rottamare qualcosa o qualcuno da troppo tempo sulla scena non lo si definisce forse «un dinosauro»? Se la crisi del ’29 aveva preso nel mirino anche i poveri dinosauri, bisogna dire che questi superpachidermici animali e il loro destino incarnarono nell’immaginario degli americani gli stati d’animo di fronte alle calamità, all’insicurezza, alle guerre, in particolare l’ultimo conflitto mondiale e la Guerra Fredda: «La gente non aveva sempre voglia di assistere a sanguinosi combattimenti o estinzioni apocalittiche» perciò agli americani la voglia di parlare dei dinosauri tornò soltanto dopo. Le stesse teorie di Bakker tendevano a rappresentare il mondo dei dinosauri come un sistema strutturato in clan e dinastie, mutuando concetti della storia umana come quello di conquista e quindi «la retorica dell’espansione imperiale e della competizione capitalista ». Con gli americani queste riduzioni simboliche seguono transfert sociopsicologici ben noti: durante gli anni del reaganismo e la politica per fronteggiare la proliferazione sovietica del nucleare Hollywood portò sul grande schermo Alien, il mostro incubato dall’uomo che uccide l’ospite e prende possesso del mondo mettendo a rischio l’intera umanità.

Era il pensiero fisso della società americana e del pacifismo internazionale di fronte al nucleare (come oggi lo è dell’ecologismo). Come per un certo periodo l’invasione dei marziani. Anche sui dinosauri ha inciso il mutamento dei paradigmi scientifici, secondo le teorie di Thomas Kuhn che nel 1962 pubblicò uno dei “vangeli” della nuova epistemologia: La struttura delle rivoluzioni scientifiche. In buona sostanza, a partire da un paradigma scientifico – per esempio la visione tolemaica – quando le “anomalie” nei dati raccolti successivamente rendono intollerabile il paradigma s’impone un drastico cambio di prospettiva, cioè una svolta “catastrofica”. Anche nella paleontologia si sentì la necessità di cambiare paradigma, e questo avvenne appunto con Ostrom e Bakker e poi molti altri. Ma, come nota Sax, non è poi così vero che i paradigmi siano fra loro incommensurabili. In realtà, ogni nuova teoria poggia almeno in parte su qualcosa che la precede. Il fatto è che molto di ciò che sappiamo sui dinosauri è un sapere recente. E quando si deve stabilire cosa siano ecco che non è facile dirlo. Per oltre un secolo, per esempio, li si è visti come esseri solitari e questo, spiega Sax, si sposava bene col mito americano del «cowboy solitario che entrava a cavallo in una cittadina come archetipo della virilità ». Poi però nel 1979 dal Montana venne la scoperta che alcuni dinosauri formavano mandrie e stazionavano a lungo in certi luoghi. L’epoca vittoriana aveva allestito nel Crystal Palace Park una scena che enfatizzava le stranezze e le diversità dei dinosauri, con effetti anche esotici. Le cose cambiarono all’inizio del XX secolo quando i dinosauri trovarono una immagine coerente nei dipinti realizzati da Charles Knight per i musei di storia naturale: «Mentre i dinosauri del Crystal Palace Park – scrive Sax – avevano rappresentato la Gran Bretagna e il suo impero, quelli nuovi rappresentavano le grandi società per azioni che “divoravano” di continuo aziende più piccole e a volte si scontravano fra loro». Un secolo dopo, l’immaginario dei dinosauri è oggi quello di Jurassic Park e magari alla grandezza si sostituisce la taglia più piccola di esseri carnivori che cacciano per branchi. A Stephen Jay Gould che gli chiedeva perché i bambini fossero tanto attratti dai dinosauri, lo psicologo infantile Shep White rispose lapidario: «Grossi, feroci, estinti». Risposta che spiega il fascino anche sugli adulti, il ricorrere di analogie con gli sviluppi moderni delle nostre società, il modo con cui tanti pensano l’avventura umana su questo pianeta. Teniamolo a mente.

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