«Honda su Honda... », canta l’onda anomala nipponica di Milano, sponda rossonera. Dal mare magnum del calciomercato globale è sbarcato al Milan il centrocampista giapponese Keisuke Honda. Per il ct del Giappone, il nostro Alberto Zaccheroni, si tratta di un «topplayer », per l’ad del Milan Adriano Galliani di un «grande acquisto». Il 27enne di Settsu, arrivato dal Cska Mosca (era svincolato), è un buon giocatore, ma come sempre quando si tratta di un campioncino made in Japan dietro, prima di tutto, c’è sempre il business. Il Milan ha solo i diritti tecnici del nuovo numero “10” che dal Sol Levante si è portato in dote una ventina di sponsor personali, per un introito commerciale, dicono, da 10 milioni di euro l’anno. Manager e dottori del marketing da Tokyo stanno già accendendo le loro calcolatrici e sono pronti a invadere Milano e i suoi 350 ristoranti giapponesi, o presunti tali. Sushi e football, sarà il menù domenicale per molti dei circa 300mila turisti nipponici che ogni anno atterrano sotto la Madonnina e che da ora, fino all’anno dell’Expo milanese (2015) nella lista della spesa - da “malati di shopping” - metteranno anche un biglietto di tribuna a San Siro. Con Honda torna in voga il “pacchetto giapponese” (visita alla città, con pernotto - minimo 4 stelle - e poltrona allo stadio) del quale fu precursore Luciano Gaucci quando nell’estate del ’98 portò al Perugia Hidetoshi Nakata. Il prode Hide, al quale ora viene paragonato Honda, arrivò in Umbria seguito da uno sciame di connazionali attratti dal suo talento, ma soprattutto dalla sua aurea di “fashion victim”. La stampa sportiva, nonostante veniva da un ottimo Mondiale e dal 2° titolo consecutivo di “miglior giocatore asiatico”, lo accolse cortesemente dandogli del «mezzo bidone», stile Kazuyoshi Miura, (l’ex genoano che nel ’94 fu il primo calciatore giapponese a giocare in Serie A, 21 presenze un gol, nel derby con la Samp). Invece Hide-gol stupì subito al debutto con una storica doppietta alla Juventus e dopo essere diventato l’eroe degli ultrà perugini e di un fumetto, chiuse la sua prima stagione italiana in doppia cifra (10 gol in 32 partite). Ad ogni sua rete corrispondeva un sensibile aumento delle presenze giapponesi al Curi e per la gioia di “Big Luciano” il cartellino di Nakata lievitò fino a 50 miliardi di vecchie lire. Tanto sborsò l’amico Franco Sensi, allora patron della Roma, al Perugia che nel contratto di cessione di Nakata inserì il famigerato “pacchetto” di promozione turistica e commerciale. Nella capitale la pressione mediatica e la responsabilità del ruolo di “vice-Totti”, bloccarono il timido e introverso Hide che segnò ancora alla Juve il “gol-scudetto” nella sfida di Torino, ma la torcida romanista quando l’anno dopo riparò al Parma (poi passò al Bologna e alla Fiorentina per chiudere con il calcio ad appena 30 anni) lo salutava con lo striscione «Nakatastrofe ». Dopo il colpaccio di Gaucci, Zamparini, ai tempi padre-padrone del Venezia, volle emularlo acquistando il fantasista, sì fa per dire, Hiroshi Nanami. «Non si tratta di una operazione di marketing: lo abbiamo acquistato solo perché è il più forte giocatore giapponese», mise le mani avanti Zamparini che, però, si accorse presto di aver preso un abbaglio colossale come dimostrano le 24 presenze e una sola rete dell’evanescente Nanami. Il Venezia scivolò dritto in B e del suo passaggio non restò traccia. Stessa sorte per Atsushi Yanagisawa, l’attaccante che svernò due anni in Italia, tra Samp e Messina. Ha lasciato il segno, invece, in Calabria, Sunshuke Nakamura che non era il “Baggio d’Oriente”, ma era dotato di un sinistro sopraffino e nella sua avventura alla Reggina ha realizzato 11 gol in 81 partite. Un buon affare anche in termini di merchandising per il presidente Lillo Foti che sognava di piazzare in Giappone un numero di maglie di Nakamura pari a quelle che di Nakata erano state smerciate da Gaucci, oltre 50mila. Cifra distante, ma a conti fatti Nakamura rimane, comunque, l’ultima gioiello che ha brillato al Granillo fino al 2005, quando si trasferì al Celtic Glasgow, prima di tornarsene in patria. Viaggio di ritorno amaro per Takayuki Morimoto che il Catania aveva scovato appena 18enne al Tokyo Verdy, ma che non è riuscito ad emergere sotto l’Etna e neppure nella seconda chance offertagli dal Novara. Perciò il neofita Honda, oltre al primato già acquisito di businessman in campo, può insidiare anche quello di “miglior giapponese” della Serie A che attualmente, però, spetta al suo amico e coscritto (classe 1986) Yuto Nagatomo che gioca nel-l’Inter. Al suo ingresso alla “Scala del calcio” (nel 2011) era stato scambiato per l’ennesimo “mandorlato tarocco”, oggi per gli interisti è semplicemente «Nagatomico». Un pilastro dei nerazzurri che non avrà mai alle spalle gli sponsor munifici di Honda ma, in compenso, ha già segnato 8 gol e per uno che gioca da difensore è davvero un gran bottino.