«Noi dobbiamo difendere la nostra spiritualità e siamo sulla terra per lasciare un segno. Io da bambino non sapevo nemmeno cosa volesse dire tirare un pugno, poi è arrivata la fisicità della vita». Un’esortazione e un proposito, il rammarico di una purezza perduta e un’amara presa d’atto. Anzi,
per Gianluca Grignani, da pochi giorni 43enne, è piuttosto una presa di coscienza. Lui, che a volte esagera (come l’estate scorsa quando forse in preda a un attacco di panico, spintonò due carabinieri, venne arrestato e patteggiò poi un anno per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale), ora si confessa svelando il suo infinito gioco di ombre e luci. Il modo migliore per aprirsi anche al pubblico che ora affronta, il 20 aprile agli Arcimboldi nella sua Milano e, in tour, con i brani del nuovo disco
A volte esagero. Un ispirato e intenso album arricchito dalla perla sanremese
Sogni infranti dichiaratamente “dedicata” a Francesco, «il primo Papa, anche se io sono un cattolico non molto praticante, ad avermi coinvolto davvero. Perché è un grande uomo che avvicina tutti, è un vero rivoluzionario».
Senta, ma chi è davvero il nuovo Gianluca Grignani? «È uno che finalmente ha deciso di smettere di avere paura di vivere e di essere amareggiato. Da piccolo ero sempre in un angolo, non riuscivo a reagire, a farmi valere. Quell’insicurezza mi è rimasta, ma con la consapevolezza che ho conquistato ora la posso neutralizzare, anzi ne faccio tesoro. Dietro all’apparenza di uno che ha fatto qualche bravata di troppo, io ho infatti una profonda sostanza. Certo, a volte esagero. Mi arrabbio e reagisco, anche male. L’aggressività umana in fondo è una reazione alla paura».
Reagisce contro gli altri o sotto sotto contro se stesso, quello a cui magari ha ancora qualcosa da perdonare? «Forse reagisco contro quello che per tanto tempo non è stato capace di dire in faccia agli altri ciò che di loro pensava. Ora non ci penso due volte a smascherare chi mi vuole ingannare con false parole e apparenze. Questa libertà di pensiero è una vera forza della natura, esorto tutti a scoprirla in sé e a tirarla fuori. Andare a fondo e dare attenzione alle persone: è questa la mia missione d’artista».
Ma si può fare davvero qualcosa con una canzone? Magari accompagnata da coerenza di comportamento... «Se si è onesti dentro, sì. La società del consumo ci ammorba e ci dice quello che dobbiamo essere. E noi alla lunga ci abituiamo. Poi un giorno qualche coscienza d’artista si sveglia e crea un contatto con la gente, un humus comune dove possono crescere tanti alberi che danno ossigeno. Ma guai a tornare indietro o a fare come certi colleghi che fingono di sdegnarsi e intanto intascano».
Un attacco alla categoria? «Non soltanto. È che mi sento inconciliabile con il quotidiano teatrino mediatico che ci tocca sorbire, a partire da certa televisione. Per questo avverto sempre più il compito, nonostante alcune mie sbandate di cui mi dispiaccio e pento, di contribuire ad alzare il livello. Le persone sono molto più ricche dentro di quanto i mass media ci vogliano far credere. Quando, per esempio, essere famosi sarà finalmente fuori moda, a quel punto si tornerà a dare spazio ai valori autentici. Personalmente, più sovrastrutture mi tolgo, più mi sento leggero e vicino a Dio. Ma è stato ed è sempre un lungo cammino».
Forse, pur riconoscendo la sua qualità artistica, non tutti riuscirebbero però a vedere preponderante in lei questo aspetto “spirituale”... «Ho sempre avvertito il bisogno di riempire un vuoto esistenziale che mi porto dentro fin da bambino. Musica a parte, le risposte che ho cercato nella letteratura, nella filosofia e poi nella fisica ora le scopro tutte concentrate nella Bibbia. E per questa infinita domanda di senso c’è una sola risposta, che poi risposta in senso stretto non è: la fede. L’ho sempre saputo, ma non lo volevo ammettere quando ero giovane. I giovani spesso sono totalitari, vogliono tutto e subito. Per loro esistono solo il bianco o il nero. Anch’io non volevo cogliere il grigio».
Ma quanta angoscia c’è in questo grigio di cui a volte non si riesce a comprendere il senso? «Io ogni giorno mi sveglio positivo ma combatto lo stesso con una domanda: perché deve valere la pena vivere? Poi mi guardo dentro e mi pento di questo pensiero. Ma la domanda resta. Perché vedo negli occhi di tante persone il vuoto cosmico? Tanti, troppi, credono di poter riempire quel vuoto esistenziale in mille modi assurdi e finiscono solo per ampliarlo».
È capitato o capita anche a lei? «Quando sono caduto, sì. Eppure la vera risposta l’ho sempre saputa, ma non volevo crederci, a volte anche adesso. L’uomo deve essere imperfetto per poter avere la fede e stare con Dio. La fede è possibilità di non vedere, è il mezzo che Dio ci dà per poter essere perfetti. Ma non quaggiù. Se noi sapessimo con assoluta certezza scientifica che esiste Dio, che esiste l’aldilà, che esiste altro da qui, non saremmo immensi come invece siamo, con questo vuoto da colmare. Senza la fede, questo gap ci rende insoddisfatti, infelici, rabbiosi e invidiosi».
Lei di bambini ne ha quattro. Che padre sente di essere? «Con i miei figli riesco a essere dolcissimo, ma avverto molto la delicatezza del ruolo. Mi sento responsabile del mantenimento della loro purezza, ma a volte temo di non essere all’altezza».
© RIPRODUZIONE RISERVATA Intervista Il cantante in tour dal 20 aprile «A volte esagero Le risposte al vuoto le trovo nella Bibbia» CANTAUTORE. Gianluca Grignani ora in tour
(Francesca Dall’Olio)