giovedì 12 gennaio 2017
La 24enne bergamasca, sette podi stagionali in Coppa del Mondo e tanta voglia di stupire: «Lo sci è la mia vita. Non lascio nulla al caso dagli allenamenti fino all'alimentazione
Goggia, la scelta di Sofia: «Sciare con il cuore»
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La donna capace di riaccendere l’italica passione per lo sci è una ventiquattrenne amante del rischio. Una giovane atleta contenta di aver esaudito il sogno nel cassetto («A sei anni mi sarei immaginata così come sono ora»), una ragazza di città esplosa in montagna. Si definisce «volitiva, esigente e grintosa», esprimendo con un lessico arguto la sua gioia di vivere: «Se fai ciò che ti piace non puoi essere triste». Di scorza dura, si è messa alle spalle gli infortuni, rilanciandosi dal cancelletto di partenza e salendo sul podio. Un personaggio a tutto tondo, quindi, propenso alla conversazione e di buona favella. Benvenuti nel mondo di Sofia. Non quello filosofico narrato da Jostein Gaarder, bensì il quotidiano di Sofia Goggia, volto sorridente dello sci italiano. Da Tarvisio, sede di allenamento in vista della trasferta ad Altenmarkt, la bergamasca si racconta sfoggiando quella erre alla francese, il suo marchio di fabbrica, ma soprattutto può vantare - e non lo fa - sette podi stagionali, ma ancora va alla ricerca del primo successo di Coppa del Mondo.

Sofia, cosa è cambiato rispetto al passato?
«Non ho lasciato nulla al caso, dall’alimentazione agli allenamenti, lavorando in estate senza intoppi. Adesso sto raccogliendo ciò che attendevo ».

È sorpresa dai suoi risultati?
«Ero conscia di essere in forma, ma non mi sarei aspettata questa continuità».

Come si descriverebbe in tre parole?
«Volitiva, perché sono volenterosa. Esigente, perché pretendo tanto per dare il meglio. Grintosa, perché scio col cuore, con l’atteggiamento di una bambina che vuole divertirsi».

Com’è la sua vita al di fuori dello sci?
«Simile a quella che la gente vede in tv durante le gare. Sono semplice, calma e tranquilla, ma non troppo».

È religiosa o più scaramantica come molti suoi colleghi dello sport?
«Credo in qualcosa, ma per capirlo meglio dovrò maturare. Al collo ho un crocifisso. È un regalo a cui sono legata».

Che rapporto ha con la sua città?
«Non ho mai vissuto molto la mia Bergamo, perché sono stata e continuo ad essere sempre in giro. Conosco poche persone, ma con le amiche delle elementari sono ancora in contatto».

Che studi ha fatto?
«Liceo scientifico con indirizzo comunicativo. Ho dovuto scegliere un istituto privato, perché nessuna scuola pubblica mi ha accettato ».

Come mai?
«Per via delle numerose assenze. All’epoca non ero ancora in Coppa del mondo, ma ero sempre via. C’è stato un anno in cui al primo marzo avevo totalizzato solo 23 presenze».

Quando trovava il tempo per studiare?
«Mi portavo dietro i libri e chiedevo gli appunti ai compagni. Ho trascorso a leggere, scrivere e ripassare il tempo tra le gare e gli allenamenti. Un’ottimizzazione perfetta».

È riuscita a diplomarsi in tempo?
«Sì, con sacrificio e una grande forza di volontà. Ho fatto l’esame di stato da privatista e sono uscita con 83/100. Ora sono iscritta all’Università, alla facoltà di Scienze politiche, ma non riesco a dare esami».

Una scelta azzardata per una sciatrice professionista.
«L’ho fatto per me, per uscire da un mondo totalizzante e per arricchirmi, così da non fare la figura dell’ignorante quando esco con gli amici ».

Segue la politica?
«Quella pura sì. Mi intriga lo studio delle diverse forme di governo. Oggi la politica è diventata astratta perché si è piegata all’economia».

Torniamo allo sci, ha mai avuto paura?
«Sì, tante volte. Tutti ce l’hanno, anche chi non scia. Bisogna accettarla e affrontarla. C’è chi riesce e chi si arrende. Io appartengo alla prima categoria ».

Dove ha trovato la forza per superare gli infortuni?
«Dentro me stessa, mettendo insieme la passione per lo sci, lo sport che volevo fare sin da bambina, e la tempra genetica trasmessami dalla famiglia. Siamo gente dura».

Un suo pregio e un suo difetto?
«La tenacia e l’impazienza».

Vuol dire che non riesce mai a stare ferma?
«Impossibile. Quando non ho nulla da fare divoro libri: dai gialli svedesi ai romanzi di fine Ottocento. Di recente mi ha colpito la biografia di Nadia Comaneci. Ho poi l’hobby della fotografia e mi piacerebbe andare in moto».

Che rapporto ha con le sue colleghe?
«In pista siamo nemiche, perciò è difficile scindere la sfera agonistica da quella personale. Non sono simpatica a tutte, ma cerco di essere rispettosa verso le altre».

Nell’ultimo mese la sua esposizione mediatica è centuplicata. Avverte la pressione?
«Affatto. Penso che non esista la pressione, se non quella che le persone si creano. Il mio telefono squilla in continuazione, ma rispondo a tutti perché bisogna parlare delle cose positive».

Qual è il suo obiettivo stagionale?
«Essere la migliore Sofia Goggia che ogni giornata può richiedere. Quando arrivo al cancelletto sono convinta di me stessa, la gara va in scioltezza».

Chi sono stati i suoli?
«Deborah Compagnoni e Isolde Kostner». Le ha sentite di recente? «No, mi ha chiamato invece Alberto Tomba per complimentarsi. Mi ha fatto molto piacere ».

Quando ha capito di poter diventare una campionessa?
«Il giorno del quarto posto, da esordiente, ai Mondiali di Schladming 2013».

Dove le piacerebbe ottenere la prima vittoria?
«A Cortina, da profeta in patria. Prima però ci sono altre tre tappe».

Le pesa essere sempre con la valigia in mano?
«No, perché lo sci è la mia scelta di vita. Faccio ciò che mi piace, perciò non parlerò mai né di sacrifici né di rinunce».

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