Giuseppina Torre (foto Phil Travis)
«Io abito vicino a Pozzallo, meta di sbarchi. Un giorno la Guardia costiera mi ha fatto vedere dei video originali di salvataggi. Ricordo un buio profondo, la luce della luna e tanti occhi bianchi. Quando si sono accesi i fari delle motovedette ho visto un mare di mani che si alzavano. Ma molte di quelle mani le ho poi viste scomparire, inghiottite nel nero del mare». Un mare di mani è diventato il titolo di uno dei dieci brani del nuovo disco della pianista siciliana Giuseppina Torre, Life Book (Decca Records). Quelle mani e l’implorante biancore di occhi in cerca di aiuto sono per l’artista di Vittoria il più potente emblema di quella “cultura dello scarto” contro cui lei stessa ha dovuto lottare, vittima delle violenze dell’ex marito. «Ora ho davvero raggiunto la serenità interiore, non ho più i tormenti e la rabbia di prima, quel profondo senso di ingiustizia. Non mi sento più uno scarto come donna, come madre e come artista. Ero arrivata a un bivio: o soccombere o reagire. Ma c’era mio figlio Emanuele a darmi la forza necessaria». A lui è così dedicata un’altra delle dieci toccanti tracce, Mentre tu dormi.
Un album che conferma la piena maturità musicale di Giuseppina Torre, la cui impronta pianistica e compositiva classica è declinata in chiave universale con una intensa e spiccata creatività melodica e armonica. Ad aprire il disco Rosa tra le rose, il brano forse più doloroso. «È stata la prima traccia scritta dopo la morte di mia mamma due anni fa. Ero via e fui raggiunta da una telefonata. Mia mamma si chiamava Rosa e amava le rose. Tutto il disco è un ininterrotto flusso di sentimenti che termina con Never look back, nata di getto. Una traccia autobiografica, l’invito a non voltarsi mai indietro, a non riaprire le porte del passato ma a scrutare tutta la vita meravigliosa che ho e abbiamo davanti».
Prodotto dal chitarrista e dj Davide Ferrario (esce ora il suo Ep Lullabies) e mixato da Pino “Pinaxa” Pischetola, entrambi storici sodali di Franco Battiato, Life Book induce un respiro quasi liberatorio come se Giuseppina Torre volesse lasciarsi alle spalle quel tormento che si percepiva a tratti nel precedente disco Il silenzio delle stelle. «Sono stata guarita dalla musica, a partire dal lavoro di due anni fa: la colonna sonora del documentario sul libro di papa Francesco La mia idea di arte (frutto del libro omonimo di Bergoglio scritto insieme alla giornalista Tiziana Lupi, ndr). Ma anche da mio figlio, perché la sua vita, che io dovevo proteggere, mi ha spinta a riprendere in mano con coraggio anche la mia. È importante avere figli. Per me è stato il motivo per cui al mattino dovevo alzarmi e farmi vedere con il sorriso. Dentro di me piangevo, ma a lui volevo sembrare spensierata. Bastava un mio annebbiamento perché mi dicesse: mamma che cos’hai? Non sarei mai riuscita ad amare questa vita se non avessi amato anzitutto me stessa, è questo il vero miracolo».
Miracle of love, un’altra perla del disco. Come Golden cage: «Un titolo che richiama la gabbia in cui mi trovavo prigioniera, mi sentivo in uno stato di torpore in cui non riuscivo a vedere quello che mi accadeva intorno, ero inerme. Ma da quella gabbia vedevo ciò che c’era fuori. Il mondo e la vita che mi aspettavano. E grazie anche alla fede, con tanta sofferenza, sono riuscita a uscirne». Da una gabbia, al cielo aperto. Ma anche tra i brani composti da Giuseppina c’è stato uno “scarto”. «Avevo registrato un pezzo – racconta – che però non rientrava nello spirito dell’album. Così l’ho spedito a un concorso indetto da Alitalia: “Fai Volare la tua Musica”. Tra migliaia di tracce è stato scelto e farà parte di una playlist che Alitalia userà nelle fasi di decollo e atterraggio. S’intitola Look at the rainbow ». Scartato, volerà.