mercoledì 11 maggio 2011
Silenzio e applausi per tutta la corsa. Gruppo compatto per sei ore «Abbiamo parlato solo di lui». La Leopard arriva
in testa al traguardo, poi in serata lascia il Giro.
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Quarto dei Mille ne manca uno. Uno solo. È un ragazzo con la faccia pulita, i modi garbati, il sorriso dolce e gentile. Ieri mattina da Genova non è partito Wouter Weylandt, 26 anni, fiammingo di Gand, 11 vittorie in carriera, buon velocista in bicicletta: troppo veloce anche la sua vita. È morto l’altro ieri, alle 16.21, scendendo a tutta velocità la discesa del passo del Bocco. Un momento di rilassamento, un lieve movimento della testa per controllare cosa succede alle spalle e la bicicletta che sbanda. Picchia il pedale sinistro contro il parapetto in cemento, e Wouter e la sua Trek vengono proiettati contro una parete in pietra. L’impatto è violentissimo. La morte istantanea, come ha confermato l’autopsia effettuata ieri all’ospedale di Lavagna. Ieri mattina il Giro si è svegliato dopo una notte da incubo sotto un sole velato di tristezza. Il mare, la spiaggia, i bimbi per mano ai loro genitori alla ricerca di un sorriso, che non hanno trovato. In compenso c’erano i corridori, le squadre, le loro maglie e la loro ammiraglie. C’era il ciclismo, quello di sempre: semplice e disponibile. E a questi bimbi hanno dispensato un cappellino, un autografo, una borraccia come ricordo. Ma sorrisi no: quelli non c’erano. Il via tra il silenzio. Reale, dei tanti sportivi presenti, e quello solenne suonato dalla fanfara dei bersaglieri. Il via dopo aver pensato seriamente di fermarsi lì. I compagni di squadra di Wouter volevano tornare tutti a casa. Poi, a notte fonda, attorno alle due e mezza, il papà di Wouter parla alla squadra, a quegli otto ragazzi con il volto smunto e gli occhi colmi di lacrime e li esorta ad andare avanti. «Fatelo per mio figlio. Voi avete la sua passione, voi siete la passione di Wouter. Fatelo per lui». Ieri mattina sono risaliti tutti in bicicletta. Tutti hanno deciso di rimettersi in viaggio per Wouter.Duecentosedici chilometri sotto il sole e quasi sei ore di corsa che corsa non è stata. Tutti in doppia fila, tutti assieme: mancava solo il numero 108. Ventitre squadre, dieci chilometri a testa. L’ultima la Leopard, che taglia il traguardo poco prima delle 18 in parata tra gli applausi composti e straripanti degli sportivi. Otto compagni di squadra, più Tyler Farrar, l’amico americano, con il quale Wouter si allenava quotidianamente. Un lungo pedalare nel ricordo di Wouter. «Abbiamo parlato di lui», dirà a fine della tappa Giovanni Visconti, campione d’Italia, che del giovane belga è stato compagno di squadra alla Quick Step per due anni. Un lungo pedalare in una sorta di transumanza del dolore, nel nome e in onore di un ragazzo che meritava di spostare molto più in là il proprio traguardo. “Questo è il ciclismo: lo sport dove le cadute non sono una simulazione”, dice uno striscione esposto in partenza.«È giusto andare avanti, è giusto ricordarlo come a lui sarebbe piaciuto - dice Vincenzo Nibali, uno degli uomini più attesi in questo Giro -: mi spiace solo per quella foto in prima pagina sulla Gazzetta. Un modo proprio poco bello ed elegante per ricordarlo».In partenza gli amici di Wouter passano anche dall’ospedale Gaslini, per un saluto ai bimbi malati di tumore, per far vivere loro un momento di gioia, anche se chi ieri ha attraversato quel cortile non aveva tanta gioia da trasmettere. Piange Anne Sophie, disperata e inginocchiata sul luogo dell’incidente. Ieri mattina ha voluto andare lì, con i suoi genitori, con sua sorella, con i familiari più stretti. Ha deposto a bordo strada, contro quella dannatissima pietra, il suo mazzo di fiori: e ha pianto. Ha pianto con quella bimba che porta in grembo e che darà alla luce a settembre. Piange disperata. Piangono in tanti. Piange Tyler Farrar, velocista della Garmin, rivale di Petacchi e Cavendish, che ieri sera ha lasciato il Giro d’Italia. «Ho un dolore troppo grande nel cuore, mi spiace tanto, ma non ce la faccio».«Nella vita ci si ferma soltanto quando non si sa dove andare. Il Giro una meta oggi ce l’ha e anche un motivo», aveva detto alla partenza da Genova Angelo Zomegnan, il direttore del Giro. In serata tutta la squadra della Team Leopard decide di ritirarsi dal Giro e di riaccompagnare in Belgio l’amico perso per strada. Con loro si ritira anche l’amico intimo e compagno di allenamento Tyler Farrar (del team Garmin), rivale di Petacchi e Cavendish.
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