L’attore Giancarlo Giannini 80 anni il prossimo 1° agosto
«A Venezia hanno dato premi a tutti, a me non hanno dato manco un gatto nero...». È lo sfogo ironico, quanto amaro, fatto sere fa da Giancarlo Giannini durante l’omaggio del “Fara Film Festival” che ha celebrato in “anteprima” gli 80 anni dell’attore (cadono l’1 agosto). Un motivo in più, quello delle 80 straordinarie primavere di questo istrione, per sanare la svista d’autore veneziana e assegnargli lo strameritato Leone d’oro alla carriera. Anche perché, facendo leva sul suo talento di autodissacratore, Giannini è anche l’ultimo dei sopravvissuti a quell’ultima generazione di “mostri”: i suoi amici di set e di vita, che rispondono ai nomi di Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Gian Maria Volonté... «Io sono l’ultima goccia di quella generazione fantastica. Quello era un cinema che raccontava anche in modo divertente il divenire dell’Italia. Oggi non c’è più , in compenso c’è questa passione di fare la vita di tutti , Garibaldi, i Papi...», ha ribadito a Fara Giannini. Attore totale da quasi duecento film («tanti e ne salvo pochi») e che mezzo secolo fa aveva già fatto sussultare la giuria di Cannes che al Festival del 1973 lo premiò estasiata per la migliore interpretazione in Film d’amore e d’anarchia. Uno dei tanti capolavori diretti dalla sua pigmaliona, Lina Wertmüller con cui ha girato 9 film (dai musicarelli con la Pavone Rita la zanzara (1966), fino agli ultimi film-tv Francesca e Nunziata, del 2001).
Lina, la donna per cui ha un debito di riconoscenza infinito e anche quell’affinità elettiva all’italica incomprensione. «Se non ci fosse stata lei, io non sarei qui. È lei che mi ha costruito. Sono stati i suoi primi piani, in cui era maestra assoluta, ad avermi reso quello che sono. A Lina devo una candidatura agli Oscar e una Palma d’Oro », disse commosso Giannini all’indomani della morte della cineasta da noi bollata come «regista di successo, commerciale, e quindi sottovalutata, mentre per gli americani era un genio. Come mai?», si chiede ancora Giannini. Hollywood dopo averla candidata come prima donna per la miglior regia, nel 2020 gli ha dato l’Oscar alla carriera. E il suo fraterno amico Giancarlo ricordava un’altra notte magica, dopo quella del ’73, vissuta assieme a lei a Cannes. «Era il Festival del 2019, DiCaprio ha fatto carte false per sedersi con Lina e conoscerla. Woody Allen, Francis Ford Coppola adoravano la Wertmüller. In Italia non è stata così apprezzata: premiavano sempre me e lei veniva snobbata». Quando l’occhialuta e geniale Lina lo chiamò la prima volta per Film d’amore e d’anarchia, «che nessuno voleva fare», diede anche inizio all’alchemica triade Wertmüller-Giannini-Melato.
Un’intuizione quest’ultima, l’allora attrice teatrale Mariangela Melato, che Giannini caldeggiò alla regista, la quale l’anno dopo, nel 1974, girò l’esilarante Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto. Il remake, Travolti dal destino diretto dal britannico Guy Ritchie, vede protagonista un ottimo Adriano Giannini, il secondogenito di Giancarlo, che tentennò, intimorito dal confronto, nell’accettare quel ruolo che era stato del padre che poi lo convinse da Picaro: «Ma quando ti ricapita di prendere a schiaffoni Madonna?». La pop star americana fece del suo meglio, ma certo la sua è un’interpretazione lontana anni luce da quella inimitabile della Melato che in ogni film in cui hanno lavorato in coppia ha fatto volare il personaggio di Giannini. Un volo lieve e una presenza scenica importante quella dell’eclettico Giancarlo. E lo sanno bene gli americani che nel ’77 lo candidarono all’Oscar come migliore attore per Pasqualino Settebellezze, altra perla di celluloide della Wertmüller che fece quel film su esplicita pressione di Giannini: «La convinsi a raccontare quella storia che era la storia vera di un signore di Cinecittà. Lo vedevo come una specie di Pulcinella tragico».
Nella sua vita, raccontata a Gabriella Greison nella biografia Sono ancora un bambino. Ma nessuno può sgridarmi (Longanesi), il momento più tragico è stata la morte del primo dei suoi quattro figli, tutti maschi, Lorenzo: «Se l’è portato via un aneurisma a 20 anni (nell’87). Per fortuna la fede mi ha aiutato tantissimo ». Quella fede la riversa anche nel lavoro e lo porta ad essere ancora al centro del villaggio cinematografico, pronto per altri progetti: «Una serie italiana sul calcio dove interpreto un procuratore, un film dove interpreto un Papa, e uno con grandi attrici americane, Diane Keaton, Jane Fonda e Mary Steenburgen, che ho finito di girare proprio qualche giorno fa proprio a Venezia». Quella Serenissima che continua a negargli il Leone, mentre gli americani gli hanno annunciato l’assegnazione della stella della “Walk of Fame”: «Ritirerò la stella a fine anno. Sono il secondo attore italiano a riceverla, l’altro è stato Rodolfo Valentino. Lui l’unico italiano del cinema muto, io l’unico di quello sonoro. Comunque questa stella la dedico alla mia cara Lina Wertmüller».