La solitudine del bomber: «Tutte le mattine mi sveglio e ringrazio il Signore per tenermi ancora in vita. Io sono un miracolato e per fortuna che Dio è sempre con me, perché il mondo del calcio mi ha abbandonato...». Salvatore Garritano, 53 anni, è uno dei tanti reduci di questa palla avvelenata: da 2 anni e mezzo lotta contro un avversario inattaccabile, «ho una leucemia cronica». Per curarsi, dalla Spagna dove lavorava come consulente di calciomercato, ha dovuto far ritorno alla natìa Calabria. «Sono affetto da una leucemia “capelluta”, della quale mi dicono gli ematologi non si muore, ma non è certo uno scherzo conviverci…». Una sfida sempre più dura, specie quando i mezzi di sostentamento cominciano a scarseggiare. «Sopravvivo a fatica con la pensione di calciatore. Sono 1.400 euro, la maggior parte dei quali però servono per pagare gli alimenti ai miei due figli di 16 e 10 anni che vivono a Terni con la madre. Poi ci sono gli spostamenti continui per le terapie a Firenze. A volte anche tre viaggi al mese e i soldi non bastano mai... Sono stato costretto a mettere in vendita la mia casa di Cosenza, ma con i tempi che corrono non ho ricevuto neppure un’offerta». Con dignità e con la disperazione nel cuore, il bomber si sente ogni giorno più solo. «Ho dato tanto alle squadre in cui ho giocato ( Ternana, Torino, Atalanta, Samp, Bologna, Pistoiese) e speravo in un pizzico di riconoscenza in più. Ho anche militato in tutte le selezioni della Nazionale, dall’Under 16 fino all’Under 23, eppure dalla Federazione, tranne il vicepresidente Albertini che si è dimostrato sensibile alla mia situazione, nessuno ha mosso un dito... Ho pianto per Stefano Borgonovo (colpito dalla Sla), ma comincio a pensare che finché non ti vedono in quelle condizioni i potenti del calcio fanno finta di di non sentire chi come me soffre e chiede aiuto». Il Milan che per Borgonovo (insieme alla Fiorentina) ha messo subito in campo tutte le risorse necessarie e una straordinaria campagna di sensibilizzazione non sembra ascoltare l’sos di Garritano. «Ho chiesto una mano e mi hanno risposto che non potevo lavorare con loro perché secondo tradizione prendono solo gente che ha vestito la maglia rossonera». Eppure il consulente di mercato rossonero Ernesto Bronzetti a noi non risulta che abbia mai giocato a calcio. «Faccio appello ad Adriano Galliani e alla sua memoria: quando lavoravo a Madrid ero sempre a sua completa disposizione, non può aver dimenticato... La famiglia Gattuso si è sempre ricordata del sottoscritto e mi è stata molto vicino, ma per il resto solo porte in faccia da questo mondo in cui credevo di avere tanti amici. Un amico vero comunque si è confermato Ciccio Graziani e posso solo dire grazie al Torino e a quel gran signore del presidente, Urbano Cairo. Su segnalazione di Ciccio l’anno scorso mi ha assegnato l’incarico di osservatore per il Sud. Con questa collaborazione mi arrivano altri 600 euro che però divido con mio figlio Francesco (33 anni) che si è trasferito a vivere con me in Calabria e mi aiuta nell’attività di segnalazione di giovani talenti... Ma il contratto di collaborazione con il Toro scade a giugno, e poi?...». Sono tanti i punti interrogativi nella vicenda umana e professionale di Garritano che è stato inserito nel grande fascicolo dell’inchiesta del giudice Raffaele Guariniello: «Mi ha chiamato due anni fa, ma sto ancora aspettando che mi convochi a Torino». La leucemia è una delle patologie più contratte nella tragica formazione delle “morti bianche” del calcio, ed è inevitabile accostarla all’abuso dei farmaci. «Chiamateci pure generazione di ignoranti, perché è vero che prendevamo sempre qualcosa per andare in campo senza neppure domandare cosa fosse. Mi ricordo come tanti miei colleghi che ci davano il Micoren. “Prendetelo, serve a rompere il fiato...”, ci dicevano i medici e i massaggiatori di allora. E noi ingenuamente ci fidavamo, convinti che la carriera venisse prima di tutto. Così come non posso negare di aver fatto delle flebo in momenti particolari della stagione quando mi sentivo un po’ fiacco fisicamente. In quel caso dicevano che dentro ci mettevano solo zucchero. Ma vai a capire cosa fosse davvero... Con il tempo i miei dubbi sono aumentati e di conseguenza anche la paura. Come quella che ho adesso: al minimo mal di testa il pensiero mi porta a ripensare a certi episodi un po’ strani, ai quali quando hai vent’anni non dai nessuna importanza. Ai ragazzi di oggi infatti dico: non prendete niente, sudore e allenamento è l’unico farmaco necessario, perché è meglio un anno di meno in campo che dover poi fare i conti tutti i giorni con queste malattie che spesso portano alla morte. Giuliano Fiorini stava con me nel Bologna, era tre anni più giovane: quando ho saputo che era morto mi sono sentito perso. Con Giorgio Rognoni abbiamo giocato nella Pistoiese: l’ha stroncato la Sla a 39 anni, la stesa età in cui è morto di leucemia Bruno Beatrice. Adesso so che a Firenze c’è un’inchiesta che potrebbe far luce sulla sua fine... Ma tante sono le storie oscure di calciatori sui quali bisognerebbe andare a fondo». È una delle richieste alle quali Garritano chiede risposte per il 2009, insieme alla possibilità di un volo di sola andata per la Spagna. «Sogno di tornare a Madrid, lì ho vissuto sei anni, conosco lo spagnolo e ho ancora qualche aggancio per rientrare nel giro, ma soprattutto so che c’è un ematologo di fama mondiale che potrebbe essere molto utile alla mia salute. Mi occorre però un piccolo aiuto finanziario per tornare a una vita normale e continuare ad offrire il mio contributo al calcio che mi ha dato tanto, compreso il dolore di questi anni». Salvatore Garritano, al centro con la maglia del Bologna (stagione 1980-’81), tra i romanisti Falcao e Di Bartolomei