Le coste dell'Antartide - Anastasìa Portnà/CCby4.0
Quando pensiamo all’esplorazione del continente antartico, il più a sud del Pianeta, la narrazione parte sempre prendendo in considerazione quanto hanno fatto gli uomini che vivono nell’emisfero boreale. Qualunque libro di storia dell’esplorazione antartica infatti, riporta che ci fu un primo avvistamento del continente verso la fine di gennaio del 1820, avvenuta a distanza di pochi giorni da parte di Fabian Gottlieb von Bellingshausen (un capitano della Marina Imperiale Russa), di Edward Bransfield (un capitano della marina britannica) e di Nathaniel Palmer (un cacciatore di foche statunitense).
Chi fu poi il primo a mettere piede sul continente di ghiaccio è ancora oggetto di diatriba, anche se per la maggior parte degli storici fu il capitano John Davis, un cacciatore di foche che sostenne di «aver raggiunto un grande corpo di terra», dove non trovò foche, ma dove ebbe la certezza che quel territorio del sud doveva appartenere a un continente che fino a qual momento era sconosciuto. Era il 7 febbraio 1821. Il primo sbarco indiscusso in Antartide tuttavia, avvenne solo 74 anni dopo, il 24 gennaio 1895, quando un gruppo di marinai della nave norvegese Antarctic scese a terra in quello che oggi viene chiamato Capo Adare, per raccogliere campioni di roccia.
Ma ora un nuovo studio, a opera di ricercatori neozelandesi, potrebbe mettere fine a tutte le discussioni in quanto dimostrerebbe che a porre piede per primi in Antartide furono popolazioni indigene polinesiane, che poi diverranno i maori della Nuova Zelanda e molto tempo prima di quel che si racconta fino ad oggi.
Il gruppo di ricerca, guidato dalla biologa Priscilla Wehi del Manaaki Whenua Landcare Research, ha esaminato le storie orali e la 'letteratura grigia' esistente, ovvero ricerche, rapporti, documenti tecnici e altro materiale, pubblicato da organizzazioni al di fuori dei comuni canali di pubblicazione accademici o commerciali ed è giunto alla conclusione che così descrive la ricercatrice: «Abbiamo scoperto senza ombra di dubbio che l’Antartide era già stato visitato ben prima dell’arrivo degli uomini che scesero dall’emisfero boreale».
Stando alla ricerca, che è durata diversi anni, gli studiosi hanno potuto stabilire che un primo viaggio a sud della Nuova Zelanda venne realizzato all’inizio del VII secolo da parte di un capo polinesiano, Hui Te Rangiora e dal suo equipaggio. Durante quell’esplorazione essi furono realmente i primi uomini a vedere le acque antartiche. Oltre mille anni prima, dunque, della spedizione russa e anche molto prima della migrazione che attorno al 1300 portò un gran numero di polinesiani a stabilirsi in Nuova Zelanda.
«In alcune narrazioni, si racconta con dovizia di particolari come Hui Te Rangiora e il suo equipaggio abbiano viaggiato per molto tempo verso sud. Molto a sud, incontrando anche della terraferma. Ciò dice che molto probabilmente essi furono i primi umani a mettere gli occhi non solo sulle acque antartiche, ma anche sul continente», si legge nell’articolo pubblicato sul Journal of the Royal Society of New Zealand. «Il viaggio e il ritorno di Hui Te Rangiora fanno parte della storia del popolo Ngati Rarua, e il racconto compare in numerose incisioni», sottolinea Wehi.
Questa scoperta potrebbe non sorprendere gli stessi maori della Nuova Zelanda (discendenti di quel popolo polinesiano con a capo Hui Te Rangiora) in quanto storie di viaggi verso il continente bianco sono raccontate da sempre anche oralmente. Purtroppo quel che manca, come viene spiegato nella ricerca, è il riconoscimento ufficiale della letteratura accademica. E per avere ciò deve essere fatta ancora molta strada. «Le narrazioni dei gruppi sottorappresentati e la loro connessione con l’Antartide rimangono scarsamente documentati e riconosciuti nella letteratura di ricerca», spiega Wehi: «Questo nostro documento dovrebbe iniziare a colmare questa lacuna ». E a riscrivere la storia dell’esplorazione antartica.
La storia ufficiale vuole che il primo maori e quindi il primo neozelandese a vedere l’Antartide fu Te Atu – un uomo Ngapuhi (un gruppo di Maori che vive a nord della Nuova Zelanda) – nel 1840, il quale faceva parte di una spedizione esplorativa degli Stati Uniti.
I Maori ebbero un ruolo fondamentale – e anche in questo caso troppo poco riconosciuto – anche in quella che viene chiamata "Era eroica dell’esplorazione antartica", che si ebbe tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. I Maori infatti, aiutarono gli esploratori europei nel viaggiare verso l’Antartide con la medicina, le competenze scientifiche a loro note e molto altro. «La partecipazione dei Maori ai viaggi e alle spedizioni antartiche è continuata fino ai giorni nostri, ma è raramente riconosciuta o evidenziata», sottolinea Wehi. «Essi possedevano un’abilità unica nel districarsi tra i mari antartici che certamente né gli europei, né gli americani possedevano a quel tempo».
Oggi, un certo numero di Maori sta partecipando a diversi programmi scientifici antartici della Nuova Zelanda, facendo studi nelle basi neozelandesi poste sul continente in numerosi campi della ricerca scientifica, dagli effetti del cambiamento climatico all’ecologia della popolazione dei pinguini.