
Il presidente ucraino Zelensky con l'inviato Usa, Kellog - Ansa
«Giuda l’americano», lo apostrofano per le strade del Sud, dove l’accanimento russo a suon di missili, droni e artiglieria pesante è visto come fosse il sigillo di Trump e non più la sola vendetta di Putin. «Ci ha tradito come tradirono Budapest nel ‘56», riassume una vecchietta che brandisce la gruccia e ricorda di quando i carri armati russi schiacciarono la rivolta antisovietica: «Questa stampella è per Trump e per i russi, gliela tirerò addosso se mi arriveranno vicino». Parla come se dall’altra parte della costa, dove la nevicata cala il sipario sull’orizzonte, a puntare i cannoni ci fossero adesso russi e americani insieme.
Quando le bombe esplodono, le parole dei politici pesano come gli ordigni che piovono addosso. E alla vigilia del terzo anno di guerra, quello di Trump non è vissuto come un voltafaccia solo apparente in vista del negoziato. Dopo gli schiaffi a Zelensky, definito dal tycoon «mediocre comico e dittatore», gli Stati Uniti si sono perfino rifiutati di sostenere, al contrario di altri 50 Paesi, la bozza di risoluzione Onu in cui si afferma l’integrità territoriale dell’Ucraina e si condanna l’aggressione russa, che gli Usa non accettano più di definire appunto come «aggressione», rinnegando tre anni di sostegno a Kiev.
Durante i colloqui in Arabia Saudita, il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha dichiarato che Putin è pronto a colloquiare con Zelensky. Ma – ha aggiunto – devono essere presi in considerazione «gli aspetti legali relativi alla sua legittimità». Argomenti usati anche da Trump, a sua volta accusato da Zelensky di essere imprigionato nella «bolla della disinformazione russa», specie quando sostiene che il leader ucraino goda di «un tasso di approvazione del 4%». Secondo un sondaggio dell’Istituto internazionale di sociologia di Kiev (Kiis) pubblicato il 19 febbraio, «circa il 57% degli ucraini ha fiducia in Zelensky», con un aumento di cinque punti percentuali rispetto a dicembre. Lo stesso giorno l’agenzia Reuters riferiva di un sondaggio negli Usa nel quale il tasso di approvazione per Trump è attualmente del 44%. In Russia una ricerca del Levada Center, un’organizzazione non governativa, indicava all’87% il consenso per Putin a gennaio. Trump, dunque, è dei tre leader quello con il minore gradimento.
Zelensky reagisce ma evita la trappola. L’Economist ieri ha scritto che Trump vuole pensionare «il mediocre comico» e far posto a elezioni sostenendo la candidatura del generale Zaluzhny, l’eroe della difesa di Kiev e della vittoriosa controffensiva del 2022, finito in rotta con Zelensky e spedito a fare l’ambasciatore a Londra. Non esattamente un amico di Mosca. Keith Kellog, l’inviato Usa per l’Ucraina ieri ha incontrato Zelensky a Kiev dopo le dichiarazioni di Trump, seguite dall’annullamento del viaggio del presidente ucraino a Riad, dove Usa e Russia hanno ripreso a parlarsi. Kiev ha definito l’incontro «produttivo». Non sarà facile ricucire. Un diplomatico europeo di lungo corso a Kiev suggerisce di guardare al passato per riesaminare il presente. Alla fine del suo primo mandato, Trump chiese a Zelensky di incastrare il figlio di Joe Biden per i suoi interessi in Ucraina. Favore negato, togliendo al miliardario l’arma che gli serviva per battere l’avversario democratico e ottenere la riconferma. Vecchie ruggini e nuove vendette, tra geopolitica e business. «Penso che risusciterò quell’accordo, o le cose non lo renderanno troppo felice», ha detto nei giorni scorsi il primo cittadino d’America. Zelensky aveva infatti respinto la proposta Usa per l’accaparramento di metà delle “terre rare” ucraine. Kiev possiede il 5 per cento delle riserve globali, il decimo Paese al mondo: litio per le batterie delle auto elettriche, titanio per le tecnologie aerospaziali e altre risorse necessarie all’industria dei semiconduttori, per non dire di satelliti e smartphone. A tutti pare certo che la guerra si chiuderà entro il 2025. Lo dice Trump, lo prevede Putin, lo sostiene il capo dei servizi segreti militari ucraini, Kyrylo Budanov. Le posizioni sono drasticamente opposte, ma «allo stesso tempo – ha detto Budanov -, penso che raggiungeremo un cessate il fuoco quest’anno». È il primo obiettivo da raggiungere, prima ancora della pace: «Quanto tempo ci vorrà, quanto sarà efficace, è un’altra domanda. Ma penso che accadrà», ha ribadito Budanov.
A Kherson nessuno si fida dei buoni propositi. Un condominio fracassato ieri, almeno due morti, due bambini in gravi condizioni e un imprecisato numero di dispersi sotto le macerie. A Odessa mezza città è al buio mentre in serata fonti militari informavano di almeno due cacciabombardieri russi decollati dal Caspio a ridosso delle consuete squadriglie di droni kamikaze. Verso un’altra notte di guerra per negoziare la pace.