lunedì 17 febbraio 2025
Giustizia, rispetto della libertà e della privacy, accoglienza dello straniero: tutte dimensioni messe in crisi dal dominio delle big tech. Ecco perché va riletto il discorso del politico ateniese
Elaborazione grafica del disegno di un busto di Pericle

Elaborazione grafica del disegno di un busto di Pericle - Massimo Dezzani

COMMENTA E CONDIVIDI

Nel secondo libro della Guerra del Peloponneso Tucidide riporta il discorso che Pericle, generale e politico ateniese, tenne nel 431 a.C. ai suoi concittadini, in commemorazione dei caduti di quel conflitto. Il discorso, sulla democrazia e le usanze di Atene, è cadenzato da frasi che iniziano con “noi”, una forma retorica che ribadisce il senso etico universale delle affermazioni di Pericle, nonostante l’esplicito riferimento “locale”. I temi trattati sono tanti e molto attuali e meritano un approfondimento, anche alla luce dei cambiamenti politici e tecnologici dei nostri giorni.

La giustizia, che deve essere uguale per tutti, si basa sul rispetto dei magistrati e delle leggi, con particolare attenzione nei confronti di «quelle poste a tutela di chi subisce ingiustizia». Più complesso appare il rispetto di quelle norme che «pur essendo non scritte, portano a chi le infrange un disonore da tutti riconosciuto». Ciò che valeva ad Atene, con una popolazione di 250.000 abitanti, non vale adesso, semplicemente per una questione numerica. Le reti sociali, con la loro innata capacità di dare parola a chiunque lo voglia, ampliano a dismisura il concetto di giusto e di buon senso, implicito nelle leggi non scritte. L’intelligenza artificiale, poi, favorisce la generazione di contenuti che polarizzano le opinioni, dando spazio a notizie false e infondate.

La libertà è considerata un bene supremo e si estende alla vita quotidiana. Il cittadino ateniese non è sospettoso e non infastidisce il suo prossimo che può vivere a modo suo, purché ciò avvenga «senza danneggiarsi a vicenda». Il concetto di privacy è nascosto in queste parole, che difendono le scelte personali ma, soprattutto, la vita privata contro attacchi e aggressioni. Si ritrovano le idee di Rodotà, quando, voce solitaria, affermava il diritto alla riservatezza, ad avere una vita privata protetta dagli occhi degli altri. Su queste fondamenta morali, Rodotà gettò le basi della moderna concezione della privacy. Come non pensare all’uso dei dati personali da parte delle piattaforme digitali possedute dalle big tech, dal loro uso per la profilazione e lo sfruttamento commerciale? Come non pensare ai dati usati dall’intelligenza artificiale generativa per le fasi di addestramento?

La democrazia, secondo Pericle, «è retta non a favore di poche persone, ma della maggioranza» e si basa sulla discussione, che non viene mai vista come un ostacolo. Ai suoi tempi la discussione era prevalentemente orale, esercitata mediante interazioni dirette nell’Agorà, dove chiunque aveva titolo a esprimere le proprie opinioni. Si trattava di un processo lento e faticoso in cui l’abilità oratoria favoriva chi ne era dotato. Le idee dovevano essere espresse in maniera chiara e semplice, perché tenerne una traccia permanente era praticamente impossibile. Una situazione molto diversa da quella dei nostri tempi, data la facilità di accedere in maniera istantanea a tutto lo scibile umano. Eppure, adesso questa disponibilità non sembra favorire la discussione. Le camere d’eco chiudono i cittadini all’interno di un perimetro concettuale che impedisce loro l’accesso ad altre fonti informative, rendendone vana la disponibilità globale.

La politica, infine. Pericle ritiene che il cittadino che si distingue debba essere chiamato a servire lo Stato «a seconda del suo emergere in un determinato campo, non per la provenienza da una classe sociale, ma più che per quello che vale». L’impegno personale viene così stimolato e diventa qualcosa che potrà essere ricompensato con un’ulteriore responsabilità, il servizio allo Stato. La politica non è vista come una “professione” ma come la continuazione di una vita dedicata a un obiettivo personale. Ai nostri tempi si parlerebbe di “tecnici” che passano alla politica. La politica non è inoltre un affare riservato a pochi, considerando «non già ozioso, ma inutile chi non se ne interessa». Gli affari dello Stato sono rilevanti e non possono essere trascurati. Considerata l’umana natura, possiamo immaginare che anche nell’antica Atene, la loro narrazione non fosse completamente sincera e completa. Ma non al livello attuale, dove è possibile affermare che gli aerei si scontrano per colpa delle politiche di inclusione. Ad Atene simili affermazioni sarebbero state fonte di grandi discussioni, perché Pericle riteneva che, se erano pochi coloro che decidevano di dedicarsi alla vita politica, tutti erano invece in grado di giudicare il loro operato.

Il discorso di Pericle è un proclama che afferma la grandezza di Atene e l’orgoglio di ogni suo cittadino di farne parte, sviluppando «la propria indipendente personalità a ogni genere di occupazione, sviluppando in sé una felice versatilità», confidando nei confronti dei nemici in un «innato ardimento verso l’azione». Più di duemila anni fa, andare in guerra era la regola e tutti erano pronti a questa evenienza. Fortunatamente, adesso questo destino sta invece diventando una triste eccezione. Ma Pericle non si limita a rafforzare l’idea di uno Stato forte, i cui cittadini sono aperti alla discussione democratica e all’impegno politico. Non ne vuole fare una fortezza isolata dal mondo e chiusa alle idee, anche diverse, che in questo contesto nascono e si affermano, perché Atene è esplicitamente e orgogliosamente «aperta a tutti». Nel rispetto e nel convincimento di questa posizione, Pericle ribadisce che ad Atene «noi non prendiamo provvedimenti per espellere gli stranieri» perché è così che si comportano i suoi cittadini.

È un discorso forte, che fa onore ai caduti cui è dedicato, motivando il popolo ateniese a combattere, per difendere la supremazia di Atene nell’Ellade. Ma è anche un’occasione per parlare del valore morale e politico della democrazia e di ciò che contraddistingue gli ateniesi dagli altri popoli: «e che questo non sia ora un vanto di parole più che una realtà di fatto, lo indica la stessa potenza della città, potenza che ci siamo procurata grazie al nostro modo di vivere».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI