Per la prima volta una retrospettiva mette in mostra tre generazioni della “premiata ditta” che rese immortale la fotografia fra Otto e Novecento. Alla Bibliothèque Nationale oltre duecento fra foto, disegni, caricature e dipinti Tra i due fratelli fondatori una competizione nel segno della forza e del sentimento Parigi.
Diciamo Nadar e pensiamo al grande patriarca della fotografia. Ma commettiamo un duplice errore. Anzitutto, era molto di più che un fotografo, Félix Nadar; era un genio sulfureo, un talento multiplo: scrittore, giornalista, inventore, pittore e disegnatore, caricaturista, rivoluzionario (nel marzo 1948 partì col fratello Adrien e il giornalista Antoine Fauchery per partecipare alla ribellione dei polacchi contro la Russia, vennero subito incarcerati e lo rimasero per un po’), sperimentatore del volo in mongolfiera, che gli fruttò la più larga notorietà come fotografo.
Era infatti anche un abile imprenditore di se stesso, tale da far sì che il marchio Nadar raggiungesse le località della provincia parigina dove aprì veri e propri studi fotografici imponendo la moda del ritratto. Secondo errore, oggi più evidente di ieri, è che Nadar significa tre generazioni di fotografi (dal 1854 al 1948); significa, cioè, svincolare il marchio di fabbrica, così lo intese Félix facendolo registrare come tale, dal suo unico nome, quando invece riguarda una intera famiglia, i Tournachon. Ma vuoi mettere il fascino di chiamarsi Nadar?
Intendo subito dichiarare la mia passione: se Félix era il genio polivalente ed esuberante che impose il marchio all’impresa familiare, rivendicandone a suon di processi la proprietà, Adrien è per me il poeta che lo supera sempre in intuizione e sentimento: lo supera ogni volta che i due fratelli si cimentano su un tema, un ambito, un soggetto analogo. Vedi, a mo’ d’esempio, i ritratti fotografici che eseguono di Gustave Doré: Félix lo rappresenta nella seconda metà degli anni Cinquanta su una sedia, sguardo consapevole di sé, con la sciarpa a quadretti annodata al collo che con un lembo gli copre la mano destra, come se volesse proteggerla da sguardi invidiosi (nel disegno caricaturale di qualche anno dopo, però, Félix si fa impietoso e la testa dalla fronte lunga e deforme, il mento volitivo e il labbro inferiore arcigno, denunciano tutta la presunzione vana del pittore, che si sovrastimava in tutto); Adrien raffigura Doré nel 1854 in una posa romantica, intabarrato nel cappotto, sguardo scapigliato con barba e capelli incolti e lunghi, mentre sul muro di fondo si staglia l’ombra ingrandita della figura e in particolare della testa: non celebra l’immagine pubblica del personaggio, ma mette in scena la sua interiorità, come del resto Adrien fa anche con se stesso quando nello stesso anno si rappresenta col volto quasi coperto da un cappello di paglia a larghe falde.
Quando nel 1865 la Bibliothèque Nationale, quella vecchia di rue Richelieu che ebbe il suo grande sviluppo sotto Luigi XIV e Colbert, dedica a Nadar una retrospettiva con oltre duecento fra opere e documenti, gli “altri” Nadar figurano solo come comparse nei ritratti o nei disegni di Félix. L’immagine che di lui dà l’allora direttore della biblioteca di Francia, Ètienne Dennery, è analoga a quella che leggiamo nelle note dei curatori della grande retrospettiva che la nuova Bibliothèque Nationale, intestata al nome di François Mitterrand che la volle costruire, dedica ai Nadar. Vitalità prodigiosa dispiegata in molteplici imprese: studente di medicina, già a 17 anni si era dedicato al giornalismo collaborando con numerose testate dell’epoca e poi fondandone di nuove (dalla vita breve); spirito boulevardier, romanziere feuilletonista, scrittore e documentarista, caricaturista, incisore, conduttore di aerostato (nel 1863 la folla parigina s’ammassò a Champ de Mars per vederlo ascendere nel suo pallone verso il cielo e poi atterrare a Melun), inventore e possessore di brevetti, precursore nella fotografia aerea che ebbe una funzione importante per lo sviluppo del catasto parigino, grande pubblicitario e venditore di se stesso, Félix usò in modo modernissimo l’arte dello scandalo per attirare l’attenzione su di sé: la prima e provocatoria mostra degli impressionisti, tanto per dirne uno, si tenne nei locali del suo atelier fotografico nel 1874.
Presentando questa notevole mostra, che s’intitola appunto Les Nadar. Une Légende Photographique ed espone oltre trecento opere (foto, dipinti, schizzi, documenti, caricature...) i curatori della rassegna – Sylvie Aubenas, Anne Lacoste e Paul-Louis Roubert – segnalano nell’introduzione al catalogo il «culto della personalità» che il marchio depositato Nadar ha prodotto, generando anche una certa confusione nella paternità delle foto di Félix e Adrien. “Trois Nadar”, ovvero tre generazioni che partendo dai due fratelli, vede poi aggiungersi negli anni Paul, figlio di Félix ed Ernestine Nadar, e quindi Marthe, figlia di Paul. La longevità dello studio Nadar sta nella capacità di evolversi nel tempo allargando l’orizzonte, come notano i curatori, dal ritratto agli altri ambiti cui il nuovo medium si presta.
La storia si conclude con l’acquisizione del fondo Nadar da parte dello Stato francese nel 1950. Molti materiali sono negativi fotografici, di valore ovviamente maggiore rispetto alle singole stampe. In tutto, ricordano gli studiosi a capo dell’esposizione, sono centinaia di migliaia di pezzi fra negativi, stampe, archivi di lavoro, registri dei clienti, campagne promozionali, riviste, documentazione professionale e fotografie di altri colleghi di Nadar.
In Mon coeur mis à nu, Baudelaire, che gli era amico nonostante le perplessità sul medium fotografico, annota: «Suo fratello Adrien mi dice che Félix ha tutte le viscere in subbuglio». Temperamento esuberante e incontrollabile, dispensa battute non sempre gradite e – scrisse lo storico e giornalista dell’epoca Charles de Virmaître – «tutto in lui è sproporzionato, la sua persona e la sua esistenza. Egli non vive che di soprassalti, la sua giornata non è che un continuo attacco di nervi». Nel 1860 il pittore e illustratore Alcide-Joseph Lorentz lo delinea così: «Occhio di selvaggio, naso da stallone, posa da scimmia, negro del Nord, torace d’Ercole, taglia gigante, gesto da mietitore, oratore appassionato...».
Félix Nadar è repubblicano, gauchiste, anarchico, agnostico, detesta la religione ma anche le anime belle di qualunque parte; è permaloso, protagonista di duelli e processi numerosi, litiga spesso col fratello e il figlio. Lo si celebra per la fotografia, ma in realtà in nessun campo è mediocre, e spesso eccelle, anche nella scrittura, come quando dopo aver eseguito una serie di fotografie nelle caves di Parigi, i sotterranei dove corrono le fogne, ma dove è anche allestito l’ossario coi resti esumati dai tanti cimiteri adiacenti alle chiese che anche in età moderna accoglievano cadaveri avvelenando le falde acquifere della città, Félix scrive un memorabile resoconto di quella esperienza (edito in italiano da Abscondita).
Eppure, nonostante i grandi talenti creativi, il carattere energico e il genio nell’intuire le nuove strade che la fotografia consentiva, eccellendo nella ritrattistica (memorabili le immagini di Baudelaire, sul quale scrisse anche pagine evocative, Delacroix, Victor Hugo, l’avanguardistico ritratto di schiena di Marie Laurent, ma tra le mie predilette c’è quella di Marie l’Antillaise), Félix agiva sempre con una sicurezza di sé che lo porta a dare al soggetto una resa condotta sul crinale della retorica sul personaggio (emblematica la scena del “Pantheon Nadar” che Félix disegna nel 1854).
Adrien – per troppo tempo confuso o relegato nell’ombra del fratello – è il vero artista della famiglia: il suo stile è pittorico, chiaroscurale, d’impronta sentimentale, sensibile alla dimensione umana, come si vede nei due Pifferai andini del 1856, o, immagine di vera bellezza, nell’aura malinconica e intelligente che impregna il ritratto di Nerval. Strepitosa poi la serie di ritratti del mimo Charles Deburau nei panni di Pierrot, per non dire del senso di comunione fra viventi che si avverte quando Adrien fotografa gli animali (cavalli, vacche, tori, il cane che fuma la pipa, gli asini) e, sulla stessa linea, le immagini che realizzò per gli esperimenti del dottor Duchesne de Boulogne sui Meccanismi della fisiologia umana del 1855 oppure il non meno celebre ritratto dell’ermafrodito. Sì, anche per la varietà dei soggetti, Adrien spicca in senso poetico e forse proprio per questo sublime talento a lungo le sue immagini furono attribuite all’istrionico fratello. Ma ora questa mostra rimette in chiaro i rispettivi meriti.
Parigi, Bibliothèque Nationale
LES NADAR
Une légende photographique
Fino al 3 febbraio