Gli scontri di Bergamo del 25 aprile, prima di Atalanta-Fiorentina, semifinale di Coppa Italia
Il saluto alla curva, le maglie lanciate alla curva, le scuse alla curva. Il calcio italiano è pieno di gesti retorici rivolti agli ultrà considerati il vero punto di riferimento dei calciatori all’interno dello stadio. Un rito che prosegue incurante dei numerosi fenomeni negativi certificati da provvedimenti della giustizia sportiva e inchieste giudiziarie. Il ritorno delle semifinali di Coppa Italia ha ribadito la pericolosità di molti gruppi organizzati. Atalanta-Fiorentina è stata preceduta da scontri tra tifosi viola e forze dell’ordine (12 agenti feriti). Milan-Lazio è stata funestata da un diluvio di ululati razzisti nei confronti di Bakayoko e Kessie da parte degli ultrà biancocelesti. Un comportamento disgustoso che avrebbe meritato l’interruzione delle partita secondo le norme anti-razzismo varate dalla Figc, ancora in attesa di essere applicate in modo convincente. Adesso a preoccupare è la finale di Coppa Italia, in programma all’Olimpico il 15 maggio, a causa dei rapporti conflittuali tra le tifoserie organizzate di Atalanta e Lazio. Ma forse qualcosa sta cambiando. Le curve non sono più padrone assolute degli stadi. È interessante notare quello che si sta muovendo intorno alla curva dell’Inter, protagonista a più riprese di fenomeni di razzismo. Hanno fatto il giro del mondo i «buu» a Koulibaly il 26 dicembre scorso durante Inter-Napoli, ululati che hanno spinto all’esasperazione il difensore senegalese espulso per proteste. Da quel momento lo scenario ha iniziato a modificarsi. Il club nerazzurro non ha fatto ricorso contro la squalifica del giudice sportivo che ha imposto la chiusura di tutto lo stadio per due partite e della curva per un’altra gara ancora. È stata una decisione molto importante perché ha dimostrato la volontà del club nerazzurro di prendere le distanze. Negli stessi giorni la società ha lanciato la campagna anti-razzista basata sull’inversione di senso del «buu» trasformato da scherno razzista nell’acronimo di “Brothers Universally United”. Il resto del pubblico ha contribuito in modo significativo. Alla prima partita casalinga a stadio interamente aperto dopo la squalifica, dalla curva sono piovuti ululati all’indirizzo del giocatore senegalese del Bologna Mbaye, tra l’altro ex interista. L’ennesima dimostrazione di barbarie questa volta è stata coperta dalla disapprovazione evidente degli altri settori dello stadio, manifestata da sonori fischi. Un comportamento premiato dal giudice sportivo che non ha sanzionato l’Inter perché la maggior parte degli spettatori si è ribellata al razzismo. La gran parte degli spettatori nerazzurri si è anche dissociata dalla contestazione a Icardi in occasione di Inter-Atalanta, prima a San Siro dell’ex capitano dopo lo stop seguito al cambio della fascia di capitano. Scena replicata durante Inter- Roma. A quel punto gli ultrà, irritati dalla perdita di controllo sullo stadio, hanno insultato gli altri settori. Se tre indizi fanno una prova significa che la curva di una delle principali squadre italiane non è più padrona nei confronti del club e della maggioranza degli appassionati. Anche se va registrato ancora qualche legame tipico del passato. Ad esempio, prima del derby di ritorno due capi ultrà sono stati avvistati all’interno della Pinetina. Ma l’inversione di tendenza è chiara. Ed è comune ad altri club italiani.
Pallotta tre anni e mezzo fa ha criticato pesantemente gli ultrà giallorossi definendoli «fucking idiots» (traduzione non necessaria) dopo le offese rivolte alla madre di Ciro Esposito, il tifoso del Napoli ucciso prima della finale di Coppa Italia del 2014. De Laurentiis è ai ferri corti con i gruppi della Curva A e Curva B del San Paolo. Lotito è sotto scorta per le frizioni con gli ultrà laziali. Durissima la posizione di Preziosi contro la curva genoana, una fermezza che ha portato all’esposizione a Marassi di striscioni insultanti estesi ai famigliari del proprietario rossoblù. E una nuova ondata di contestazione contro Preziosi è andata in scena alla vigilia della partita col Torino. Il club aveva già preso una posizione molto dura contro i capi ultrà schierandosi a favore di Gasperini tre anni fa. A proposito della dissociazione del resto dello stadio nei confronti della tifoseria organizzata va registrato anche il caso della Juventus dove lo sciopero della Curva Sud nei confronti del caro-prezzi, deciso dalla società all’inizio di questa stagione, non viene approvato dagli altri settori dell’Allianz Stadium. Un tema molto sensibile perché il bagarinaggio da parte di alcuni capi ultrà bianconeri legati alla ndrangheta era al centro delle inchieste della magistratura piemontese. E l’aumento del costo dei tagliandi ovviamente comprime i margini di chi vuole trarre profitto da questo business illecito. Fino a qualche anno fa un quadro simile sarebbe stato impensabile. I rapporti erano quasi ovunque molto stretti. Sembrava rivoluzionario sostenere, come aveva fatto Angelomario Moratti nel 2007, che gli stadi italiani avrebbero dovuto copiare l’Inghilterra dove il tifo organizzato ha perso importanza negli stadi più moderni.
Il prossimo passo potrebbe essere l’espulsione dei tifosi più pericolosi dallo stadio da parte dei club, come succede all’estero. In alcuni casi sono stati banditi interi gruppi come ha fatto il Real Madrid con gli Ultras Sur (ora fischiati dal resto del Bernabeu quando cercano di rientrare in occasione delle partite senza tutto esaurito, quindi con maggiore possibilità di reperire i biglietti). Un’altra idea interessante è quella di estendere a tutto lo stadio il saluto a fine partita rivolto solo alle curve. Sarebbe un modo per mettere tutti gli spettatori sullo stesso piano evitando omaggi particolari a gruppi nei quali in diversi casi gli interessi criminali dei leader hanno il sopravvento sulla passione sportiva dei soldati semplici. Le ultime vicende di cronaca nera legate alle dinamiche della curva del Milan confermano quali intrecci oscuri si nascondono dietro le fila del tifo organizzato.