L’ Inghilterra, strana e imprevedibile com’è, sembra crederci. Sembra credere al fatto che una ragazzina di 14 anni, tale Faryl Smith, lanciata da uno dei tanti reality (il titolo era Britain’s got talent) della tv britannica, possa risollevare le sorti della musica classica. Faryl è una cantante lirica. Ha una voce da mezzosoprano, anche se è difficile immaginarla nei panni di Carmen o di Isotta. Una voce ancora un po’ acerba: basta fare un giro su You tube e cercare qualche sua esibizione per accorgersene. C’è, però, chi sentendola passare dall’Ave Maria di Gounod alla rivisitazione di The way old friends go degli Abba ha ipotizzato che la ragazzina di Kettering – mamma parrucchiera, fratello idraulico e padre che ha lasciato il lavoro per farle da manager – potrà diventare la star di maggior successo della musica classica dopo Pavarotti. Parole che fanno inorridire i puristi del genere che non digeriscono la tendenza (iniziata nel 1990 con i Tre tenori e oggi portata avanti da Il divo, dalla Sissesl, da Sara Brightman o dai nostri Alessandro Safina e Filippa Giordano) a contaminare classica e pop. Parole che, però, fanno gongolare i discografici. Tanto più che una parte d’Inghilterra si è messa in fila per comprare il primo cd della giovane star – Faryl raccoglie dodici brani tra classica e pop – uscito questa settimana e forte di ottantamila prenotazioni, cosa che nemmeno l’ultimo disco degli U2 era riuscito a fare. «È la nostra priorità internazionale» dicono i vertici della Universal, la casa discografica che ha fatto firmare alla ragazza un contratto da 2 milioni e 300 mila sterline e si appresta a portarla in tour in Inghilterra e negli Stati Uniti. Cifre da capogiro per una studentessa di provincia – Faryl non ha lasciato la scuola nel Northamptonshire e ha inciso il suo album durante le vacanze di Natale – catapultata sotto i riflettori dopo il successo ottenuto nel reality che, tra l’altro, non ha nemmeno vinto (non vi viene in mente la storia di Giusy Ferreri lanciata da X-factor?). Cifre che fanno sorgere più di un dubbio su quanto sia educativo, non solo per Faryl, ma anche per tutti i ragazzi della sua generazione, far passare il messaggio che un programma tv possa portare a guadagni tanto alti. E i dubbi aumentano quando pensi che se una volta erano i conservatori e le accademie, scuole dove il rigore e la disciplina venivano prima di tutto, a sfornare le nuove voci del belcanto, ora potremmo ritrovarci sui palcoscenici del Covent Garden o della Scala volti resi popolari dal piccolo schermo. Forse in Italia, visto anche il tipo di pubblico (adulto e conservatore) che va all’opera, l’ipotesi per ora risulta abbastanza irrealizzabile, ma in Inghilterra il passo potrebbe essere breve: già il mondo del musical si è affidato alla tv (Andrew Lloyd Webber ha lanciato un reality per cercare il protagonista del suo Joseph) e il Covent Garden fa di tutto per aver in cartellone cantanti come Anna Netrebko o Anghela Gheorghiu che con il loro fisico da modelle ammiccano da manifesti e copertine di cd alla ricerca di un nuovo pubblico che non si riuscirebbe a intercettare solo con un’opera di Verdi o una sinfonia di Beethoven. Lo stesso a cui puntano i discografici (forti delle vendite dei Tre tenori o di Bocelli), anche a rischio di bruciare giovani talenti. La giovanissima Faryl Smith, la quattordicenne mezzosoprano che sta dividendo l’Inghilterra