Più Aristofane che De André, così a occhio. Se delle nuvole si può fare argomento di critica sociale, oltre che di poesia, all’Eur la Nuvola di Fuksas non sfugge all’eccezione. Se ne sta lassù, aerea e luminosa al culmine del Convention Center, mentre il grosso dei piccoli e medi editori allinea i suoi stand più in basso, in uno spazio molto ordinato ma meno spettacolare del previsto. Circa cinquecento gli espositori, tra i quali si contano comunque defezioni eccellenti, prima fra tutti quella del bastian contrario Marcello Baraghini di Stampa Alternativa, che una ventina d’anni fa impose al mercato la rivoluzione dei “Millelire” e che a “Più Libri Più Liberi” non ha voluto mettere piede neppure quest’anno. Per lui la fiera romana, giunta adesso alla sedicesima edizione (ieri l’inaugurazione, padiglioni aperti fino a domenica, tutto il programma sul sito www.plpl. it), ha il difetto di essere pur sempre un’iniziativa dell’Aie, l’Associazione italiana editori che negli ultimi tempi ha affiancato all’aspetto più istituzionale uno spirito di intrapresa decisamente vivace.
Che cosa sia successo lo sappiamo: lo strappo con il Salone internazionale del Libro di Torino e il lancio di “Tempo di Libri”, la nuova manifestazione milanese che nella scorsa primavera ha esordito in modo non proprio entusiasmante e che ora rilancia da “Più Libri Più Liberi”, con il direttore Andrea Kerbaker che annuncia una seconda edizione diversamente articolata e più vicina alla città. Ma questo succede, appunto, sulla Nuvola, all’ombra della quale è tutto un pullulare di proposte e controproposte. Ieri, mentre in fiera l’Aie presentava gli ultimi dati relativi all’andamento del mercato, nei dintorni del Convention Center in un’assemblea congiunta di Odei (Osservatorio editori indipendenti) e Fidare (Federazione italiana degli editori indipendenti) si discuteva dell’opportunità di stringere rapporti più stretto con il Salone torinese.
Il progetto, neppure troppo dissimulato, è quello di rafforzare l’esperienza di Book Pride, rassegna di editori piccoli e piccolissimi che da Milano, dove è nata, si sta sposando in altre città d’Italia, per esempio a Genova, dove nelle scorse settimane si è celebrata un’edizione da cui i partecipanti sono tornati molto soddisfatti. E non è un caso che per domani il neodirettore di Book Pride, lo scrittore Giorgio Vasta, abbia organizzato insieme con il suo omologo del Salone di Torino, il premio Strega Nicola Lagioia, un appunta- mento informale che si tiene, ancora una volta, in zona Eur. All’ombra della Nuvola, praticamente. Capito come mai a questo punto lo spiritaccio del vecchio Aristofane potrebbe tornare utile? Sigle che si rincorrono e calendari che si sovrappongono, ma un motivo per tanta frenesia dovrà pur esserci.
La spiegazione viene dai dati che, come già ricordato, l’Aie ha diffuso ieri. Si tratta della rilevazione Nielsen relativa ai primi dieci mesi del 2017, dalla quale i segnali di ripresa sembrano emergere con minor timidezza rispetto al passato. Il fatturato del libro è in crescita dell’1,5%, a dispetto di una flessione dell’1% sul numero di copie vendute. Ma se nel conteggio complessivo non si tiene conto dei risultati della cosiddetta Gdo (la Grande distribuzione organizzata, il canale commerciale che più ha risentito della crisi e, in particolare, della concorrenza del commercio on line), il quadro risulta ancora più confortante: il fatturato recupera il 2,9% e perfino le copie azzardano un modesto passo in avanti nell’ordine dello 0,5%.
Ad avvantaggiarsi di più della situazione sono, per l’appunto, gli editori di dimensioni contenute – per essere considerati “piccoli” non bisogna superare il fatturato di 16 milioni di euro all’anno – e, nel contempo, non appartenenti a grandi gruppi. Circostanza, quest’ultima, molto interessante, se si considera che in tempi recenti il dibattito si era concentrato quasi esclusivamente sulle sorti dei maggiori raggruppamenti editoriali. Che continuano a coprire la quota di mercato più importante, è chiaro, rispetto alla quale i “piccoli” possono però oggi rivendicare una porzione più che ragguardevole. Il loro è un 39% particolarmente qualificato, che – sempre secondo i dati Nielsen – si sta consolidando in modo piuttosto rapido.
Non solo il 2017 segna infatti il terzo anno di crescita consecutiva per la piccola editoria, ma il valore del fatturato è del +3,3% contro il 2,7% dei grandi gruppi (per le copie, invece, lo scarto invece è tra +06% e + 04%). Merito dello spirito d’innovazione, rivendica Diego Guida, presidente del Gruppo piccoli editori dell’Aie. Vero è, per tornare ad Aristofane, che non tutti i piccoli sono piccoli allo stesso modo. A guidare la riscossa sono infatti una cinquantina di editori “medi”, capaci di buoni risultati in libreria specie nei settori nei quali le sigle indipendenti si stanno dimostrando più competitive. La narrativa straniera, in primo luogo, ma anche la manualistica e i titoli destinati a bambini e ragazzi. Girando tra gli stand di “Più Libri Più Liberi” ci si imbatte in diversi casi ormai classici, dalle avventure della “Schiappa” pubblicate dal Castoro e amatissime dai lettori più giovani fino ai romanzi dello statunitense Kent Haruf, rilanciati dalla milanese NNE, senza dimenticare il percorso di editori di ricerca come Keller (che ha saputo mettere a frutto il prestigio guadagnato nel 2009 con l’assegnazione del Nobel a Herta Müller) ed Exòrma, protagonista nei mesi scorsi dell’exploit che ha portato in classifica un romanzo di estrema raffinatezza come Cane, neve, piede di Claudio Morandini. I successi di domani potrebbero essere qui da qualche parte, tra le migliaia di volumi esposti a “Più Libri Più Liberi”. Per questo intorno alla Nuvola c’è tanto fermento.