La statua di Pascal al Louvre - -
Il primo ventennio del XXI secolo sta per chiudersi con la notizia di fine ottobre che il Trattato del 2017 delle Nazioni Unite sulla proibizione delle armi nucleari ha raggiunto i 50 Stati firmatari, cioè la soglia necessaria per entrare effettivamente in vigore: a settantacinque anni da Hiroshima assistiamo dunque a una nuova battuta d’arresto alla cosiddetta “Storia forte” con l’iniziale maiuscola, dopo lo stop impostole il 26 dicembre 1991 con la fine dell’Unione Sovietica. Se non fosse che nella stanza dei bottoni di quella Storia, occupata fino a inizio anni Novanta del Novecento dalle vecchie ideologie e partiti politici, si trovano adesso la globalizzazione e i suoi effetti negativi che stiamo attualmente pagando col Covid. Nonostante il crollo del primo e principale regime socialcomunista e la conseguente fine di quell’era di grandi cataclismi che fu il “secolo breve”, l’uomo non ha insomma smesso di tentare di superare sé stesso con la propria ragione, volendo a tutti i costi conferire un significato agli eventi a prescindere dalla Rivelazione.
Eppure, la recente pubblicazione per Bompiani della prima traduzione italiana delle Opere complete di Blaise Pascal, a cura di Maria Vita Romeo (pagine 3200, euro 70,00), consente, adesso anche nel nostro Paese, di riaccostarsi alla riflessione di colui che Augusto Del Noce considerava una delle pietre miliari della filosofia spiritualista cristiana europea del XVII secolo e di tutta l’epoca moderna (e non solo). Vale a dire di quel filone culturale della modernità che diede vita non al sogno razionalistico e idealistico di trasformare il mondo attraverso la ragione e la tecnica, ma piuttosto al tentativo di continuare a comprendere il mondo sulla scia dell’insegnamento degli antichi e dei medioevali: anche a costo di dover rinunciare a cambiare il mondo. E nella convinzione non certo di una totale inutilità o persino nocività dei cambiamenti tecnici in quanto tali, ma piuttosto del fatto che, prima di cambiare le cose, bisogna almeno tentare di capirle. Nella loro sostanza, diceva Aristotele. Nel loro limite, ci dice Pascal, molto probabilmente volendo esprimere un concetto simile a quello della sostanza aristotelica… I nomi dei moderni Nicolas Malebranche, Giambattista Vico, Antonio Rosmini, John Henry Newman hanno quindi adesso la possibilità, anche grazie all’edizione italiana degli scritti pascaliani, di essere riproposti, dopo Chernobyl e durante il Covid, nella loro veste di grandi commentatori di una delle più note frasi di Pascal: «il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce».
Riprendendo Paul Ricoeur, uno dei filosofi contemporanei che può essere considerato l’erede di quelle riflessioni, quando scriveva che la filosofia consiste nel «ricordarsi per incominciare», possiamo affermare che l’odierna società globalizzata ha sconfitto la memoria del tempo che passa. E quindi ha sconfitto anche il cuore, che, come diceva sant’Agostino, è il luogo del tempo inteso come misurazione degli eventi passati e futuri. Possiamo viaggiare ovunque con lo smartphone, ma senza più sapere chi siamo, perché siamo rimasti senza memoria e senza cuore… Con buona pace di Steve Jobs che, lanciando l’i-Pod nel 2001 e dando avvio alla quarta rivoluzione industriale del cosiddetto “digitale”, pare abbia affermato trattarsi di uno strumento che mirava al cuore delle persone. Se infatti già la terza rivoluzione industriale, partita verso la fine degli anni Settanta del Novecento dai primi personal computer, aveva un volto problematico, ciò vale soprattutto proprio per la quarta: è quello che Michel Foucault, ancora all’avvio della terza, aveva descritto come la riduzione del cuore a collettore di informazioni provenienti dalla società comunicativa dell’enorme spazio del mondo fatto entrare facilmente nella propria camera. Tuttavia, questo scacco che la razionalità postmoderna ha dato a se stessa può forse essere superato, lasciandosi alle spalle (anche solo per un attimo) gli autori del problema: tornando quindi da Steve Jobs a Pascal e ad Agostino. In fondo, il libro cartaceo è uno di quei prodotti che sembra non temere la concorrenza di qualunque altro tipo di industria. Ormai da secoli, ma anche (e forse soprattutto) oggi, quando pare avere la meglio anche con l’ebook…