mercoledì 8 marzo 2023
Nel romanzo "Cuore del Sahel" la protagonista è una ragazza costretta da Boko Haram a una vita difficile
Djaïli Amadou Amal

Djaïli Amadou Amal - Solferino

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Djaïli Amadou Amal ha 46 anni, è musulmana e originaria del Camerun del Nord, di madre egiziana e padre fulani. Data in sposa a 17 anni, riesce a liberarsi sia dal primo matrimonio che dal secondo, fuggendo a Yaoundé, dove comincia una nuova vita lavorando, scrivendo e fondando un’associazione per l’istruzione femminile (Femmes du Sahel). Nel 2010 il suo Walaande, l’art de partager un mari le attira l’attenzione del pubblico e delle istituzioni. Già nota in Italia per Le impazienti – uscito con Solferino – è da poco tornata in libreria con Cuore del Sahel (Solferino, pagine 312, euro 19,00) in cui racconta la storia di Faydé, una ragazza che vive in montagna nell’estremo Camerun settentrionale e per aiutare la famiglia dopo la scomparsa del padre in un raid di Boko Haram, decide di andare a Maroua, il paese più vicino, con un lavoro di domestica, in una nuova vita complessa. Con Amal abbiamo parlato della condizione delle donne nel Sahel e di ingiustizie verso la condizione femminile.

Faydé, dopo aver cambiato vita, deve abituarsi alla città, al disprezzo di classe e ai maltrattamenti. Come si fa a trovare la propria strada in luoghi in cui il destino sembra segnato?

Faydé è una ragazza intelligente e determinata, che impara rapidamente. Sa perché ha lasciato il suo villaggio, dove la vita tende a diventare impossibile. Sa perché si trova a Maroua, in un ambiente difficile per i lavoratori domestici a causa del loro background etnico e religioso. Vuole andarsene, per poter aiutare la sua famiglia a casa. E capisce che questo significa reprimere la rabbia, accettare di sopportare la propria condizione e tenere duro. Ma la forza di Faydé è stata soprattutto quella di non prendere la strada più facile né di farsi scoraggiare e cedere, mantenendo la fiducia nel potere dell’educazione. Faydé sfrutta ogni opportunità che le si presenta e non si arrende al destino, anzi prova a forzarlo.

Il suo è un romanzo sulla condizione femminile nel Sahel: com'è la situazione oggi?

Sebbene la situazione sia notevolmente peggiorata a causa dei fattori discussi nel libro, il riscaldamento globale, l’insicurezza alimentare e la crisi della sicurezza, sono stati compiuti sforzi di sensibilizzazione e, qua e là, iniziative più o meno isolate da parte di autorità pubbliche e istituzioni non governative stanno lavorando per migliorare questa condizione. Come in ogni crisi sociale, sono soprattutto le donne e i bambini le prime vittime. Sono i segmenti più vulnerabili della società. D’altra parte, la questione della discriminazione contro le donne risiede nel mancato rispetto dei loro diritti, nell’intolleranza e nel disprezzo delle classi che si aprono a questi abusi, ai quali sono ovviamente più esposte. Ciò richiede soprattutto un cambiamento di mentalità attraverso la sensibilizzazione e l’applicazione delle leggi in materia. Si notano sforzi, ma molto ancora resta da fare per raggiungere un livello minimo accettabile.

Nel suo libro emerge il tema della scala sociale e un profondo impegno contro l’ingiustizia della condizione femminile.

Nella mia società, senza dubbio per la loro palese natura, questi sono argomenti fondamentali e irrinunciabili quando ci si impegna nella difesa dei diritti delle donne. Sono al centro della mia lotta per cambiare le cose e far evolvere in modo positivo la condizione delle donne ovunque.

Mi può parlare dell’associazione per l’educazione delle donne Femmes du Sahel? Quali sono i progetti in corso?

Oltre ad attività con bambini di classi sociali svantaggiate, ci impegniamo per creare biblioteche in località più o meno isolate del Sahel camerunese; attualmente ne abbiamo due in fase di realizzazione. Di recente è partita anche una campagna di sensibilizzazione nelle scuole secondarie, rivolta in particolare alle ragazze, con l’obiettivo di insistere sull’importanza dell’istruzione, sulla prevenzione della violenza e sulla dispersione scolastica.

Lei si sente un modello per le giovani donne?

Cerco di dare il meglio di me e ispirare giovani donne che potranno trarre la forza di sperare e la motivazione per realizzarsi, fornendo il mio modesto contributo al miglioramento della condizione femminile. Il mio romanzo Le impazienti è letto in alcune scuole, il che è fonte di speranza. Non dimentichiamo che i giovani di oggi sono gli adulti di domani.

Tra i problemi sociali che lei evidenzia nel suo libro c’è la xenofobia. Il potere della scrittura può aiutare a contrastarlo?

La scrittura è un’arma che ha un impatto duraturo, quindi penso di sì. Inoltre, una delle cause della xenofobia è l’ignoranza. La letteratura credo possa cambiare la mentalità, nel senso che incide sulle coscienze e le interroga. Cuore del Sahel spero contribuisca a stimolare il dibattito sul tema e a renderlo rilevante per la società.

Quale messaggio voleva raccontare con il contrasto tra l’amore che emerge tra le pagine del libro e ciò che accade con Boko Haram?

L’amore è una forza che trascende le divisioni etniche e confessionali erette dall’uomo e che minano il suo sviluppo coltivando la differenza, la discriminazione e il conflitto. Forse arriveremo a capirlo veramente e a lavorare per il meglio di noi stessi, della nostra umanità.

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