mercoledì 15 maggio 2019
Dopo 18 anni anche l’ultima bandiera saluta la Roma e se ne va, forse negli Usa. Il 26 maggio contro il Parma sarà l’ultima partita del successore di Totti. Due capitani da "una squadra una vita"
De Rossi, il futuro resta senza capitano
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«Svegliarsi un giorno a Roma...», canta Niccolò Fabi, e scoprire che il Futuro è dietro le spalle di Daniele De Rossi, che saluta e se ne va. “Capitan Futuro”, il gladiatorio uomo con la fascia della Roma, dopo 18 anni da trascinatore, sempre in prima linea, ha salutato romanamente le sue schiere a Trigoria: «Se vedemo! ». Ma è un addio molto amaro (che è anagramma di «a Roma»), «perché certi amori non finiscono», canta un altro incupito tifoso romanista, Antonello Venditti, alla notizia dell’ennesima “dismissione” di un capitano giallorosso. La Curva Sud prova ancora il magone al ricordo del “Totti Day”: 28 maggio 2017, Olimpico in lacrime davanti al monologo – stile barcarolodi Lando Fiorini – del “Pupone” e famiglia. « Francè nun ce lassà », urlava disperata la giovane Sara di «svegliati è primavera». Il milanese snob seduto al caffè di San Babila guardava quelle immagini e commentava sgranocchiando l’olivetta: « Tac, la solita sceneggiata romana ». Vero.

Questa, nonostante le buche che ne fanno il più grande campo da golf a cielo aperto, è la città anche dei Fori imperiali, delle cento fontane ma anche della risata grassa, di Rugantino e del Marchese del Grillo e anche quella poetica e smaliziata di Gioacchino Belli che era un romano rispettoso e ammiratore di Milano. Nonostante questo lungo letargo delle istituzioni, a Roma è il popolo che comanda, almeno quando si tratta di ricordare la meglio gioventù che passa o è passata su un campo di pallone. Anche Pier Paolo Pasolini, romano d’adozione, aveva chiaro in testa il concetto e si sentiva libero e felice solo quando poteva andare in gol sui campetti spelacchiati delle borgate. Il Poeta è stato assassinato all’Idroscalo di Ostia, «la città degli Spada», per la pubblica ottusità, ma soprattutto, il cuore antico della Roma imperiale e che ha dato i natali a Daniele De Rossi, classe 1983.

Anche i murales a Ostia parlano di lui, del “Capitan Futuro”, dell’ex ragazzino figlio di Alberto De Rossi, il vero «papà» della Roma, l’allenatore di tutti i pischelli nati e cresciuti negli ultimi vent’anni nel nobile vivaio giallorosso, Daniele compreso. Daniele è stato l’allievo migliore, un predestinato, come Totti. Don Fabio Capello lo lanciò in prima squadra a 18 anni, ottobre 2001, sfida di Champions Roma-Anderlecht (1-1). Sulla maglia giallorossa il biondino ostiense portava stampato lo scudetto appena vinto dalla Roma, mentre lui, in diciotto anni quel tricolore l’ha sfiorato tante volte senza afferrarlo mai. In compenso si è rifatto in Germania nel 2006, da protagonista, nel bene e nel male, della vittoria della Coppa del Mondo. Per Marcello Lippi «Daniele è titolare irremovibile» ma nella partita contro gli Stati Uniti alza il gomito su McBride e si becca quattro giornate di squalifica. Il volto rosso fuoco di De Rossi quel giorno fece il giro del mondo. In quella espressione c’era tutta la grinta e la rabbia agonistica del lupo che voleva azzannare il Mondiale e invece se ne doveva tornare delittuoso e castigato in tribuna. Ma Lippi gli vuole bene, come tutti i mister che l’hanno allenato alla Roma, perché al coraggio e alla generosità di “Capitan Futuro” tutti riconoscono il dovuto rispetto a cominciare dal ct Roberto Mancini. Così, alla finale mondiale del 9 luglio De Rossi partecipa all’apoteosi sotto il cielo di Berlino: nel secondo tempo entra e prende il posto di fratel Totti. E anche in questa staffetta azzurra-giallorossa campione del mondo, sta scritta la storia di una dualità che non ha mai conosciuto problemi di convivenza.

Daniele ha sempre rispettato Francesco come il suo capitano e viceversa Francesco non lo ha mai considerato un vice ma un «capo» a tutti gli effetti. Entrambi hanno stipulato un patto di sangue con la Roma. Totti pur di restare, ha rinunciato a un contratto faraonico con il Real Madrid che magari gli avrebbe garantito qualche Pallone d’Oro da mettere nella bacheca di casa. De Rossi disse «no thank you» anche a sir Alex Ferguson che lo considerava il miglior centrocampista del mondo e lo voleva a tutti i costi al Manchester United. Totti ha sopportato tutto per amore della Magica, a cominciare dal pressing asfissiante di una città che lo ha elevato al rango di ottavo re di Roma, salvo poi impedirgli di farsi una passeggiata in libertà in via del Corso. De Rossi ha resistito anche a scene da Romanzo Criminale quando è stato minacciato e ferito dalla malavita romana che si era insinuata nel suo primo matrimonio. Allora mise su la barba e risistemò la maglia dentro i calzoncini per affrontare un altro decennio a petto in fuori. Fino a ieri, quando ha fissato il giorno di arrivederci Roma, il 26 maggio contro il Parma sarà la sua ultima partita in giallorosso.

Vero che la società non naviga nell’oro e che fino a qualche tempo fa con i suoi 6,5 milioni a stagione De Rossi era il giocatore italiano più pagato della Serie A, ma margini per trattenerlo fino al 20° anno di militanza ci sarebbero stati. Ma mister James Pallotta continua a recitare, e male, il ruolo di un Americano a Roma, senza avere nè l’arte e tanto meno la parte di Alberto Sordi. Il sor Claudio Ranieri, il supplente inglese tornato da Londra al capezzale romanista, non ha potere per fermare la fuga di “Capitan Futuro” il quale però non dà l’addio al calcio. De Rossi che possiede quell’audacia che è mancata a capitan Totti, vuole spendere gli ultimi scampoli di carriera lontano da Roma. La solita fake da blog parla di una chiamata di Pep Guardiola al Manchester City, ma con tutto il rispetto per le immense capacità di adattamento di De Rossi, in questo momento per stare al ritmo partita della frenetica Premier League, al buon Daniele servirebbe una bombola d’ossigeno per affrontare i febbrili 90 minuti come piacciono a Nick Hornby. E sempre a differenza di Totti, De Rossi oltre al romanesco e l’italiano parla un ottimo inglese, affinato anche con la complicità della compagna, Sarah Felberbaum, attrice e modella di origine anglo-statunitense. Ed è la seconda patria della bella Sarah, gli Stati Uniti, che potrebbe accogliere “Capitan Futuro”: un paio d’anni alla Pirlo a New York, piuttosto che nella Boston del patron “traditore” Pallotta che non riesce o non vuole trattenere l’ultimo core de Roma. Il destino è amaro come questo addio, ma già scritto: dopo il Pupone e Capitan Futuro, ora quella fascia che scotta, tocca al braccio di core de nonnaFlorenzi. A lui l’onere e l’onore di seguire l’insegnamento di Francesco e Daniele, capitani coraggiosi e di lungo corso, ma soprattutto rari uomini di calcio, da «una squadra, una vita».

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