Cento partite ancora sotto inchiesta, 160 persone indagate, 200mila intercettazioni telefoniche tra i soggetti indagati. È uno scandalo che sembra non trovare fine o, per dirlo con le parole del procuratore di Cremona, Roberto Di Martino, «un pozzo senza fondo». È la piaga del Calcioscommesse, che dall’estate 2011, si intreccia alle sorti del calcio italiano, privandolo di protagonisti (qualcuno finito anche in carcere) e riscrivendone le classifiche. Uno scandalo scoperchiato dalla Procura lombarda e in cui spiccava il nome dell’allora capitano dell’Atalanta, Cristiano Doni, ma che poi si è esteso a macchia d’olio ad altre procure come Napoli, Genova e Bari, travalicando anche i confini nazionali. A due anni di distanza, il quadro che si presenta è ancora a tinte fosche: il calcio italiano, dalla Serie A alle categorie minori, sarebbe oggetto di interesse delle mafie e di un’organizzazione internazionale che da Singapore, passando per i Paesi dell’Est, ha raggiunto con i suoi tentacoli - vedi gli ormai noti “zingari” di Gegic e Ilievski - i singoli giocatori, comprati e, molto spesso, venditori di loro stessi. Come il “supermercato” dello spogliatoio del Bari che avrebbe ceduto partite ai migliori offerenti: compreso il famoso derby con il Lecce del 15 maggio 2011, venduto ai salentini per 200mila euro. «Nella mia indagine non si contesta solo l’associazione a delinquere diretta all’illecito, c’è l’aggravante della transnazionalità: Singapore è il luogo da dove partiva il denaro, nella ex Jugoslavia si sviluppava la fase di concertazione, l’attività specifica avveniva in Italia», spiega il capo della procura di Cremona, Roberto Di Martino, secondo il quale «nel calcio c’è un certo lassismo. La stessa mentalità dei calciatori – aggiunge – lascia perplessi: ritengono che la manipolazione di partite, soprattutto nella fase finale dei campionati, sia un fatto assolutamente veniale, una cosa del tutto lecita, quasi un piacere tra colleghi». Per questo la portata del fenomeno (o almeno di quello che è stato) è impressionante, almeno se si crede alle parole dei pentiti. «Uno dei calciatori arrestati ci ha riferito che il 70% dei calciatori scommetteva sulle partite di calcio. Questo ci indica che non si tratta di un aspetto minimale. Se un calciatore scommette su partite su cui è estraneo, è tentato di fare lo stesso anche sulla gara a cui fornisce il suo contributo». L’inchiesta della Procura pugliese, intanto, è chiusa e il 10 maggio si terrà la prima udienza penale. Quella sportiva ancora no: bisognerà attendere fine maggio per il secondo filone barese. Il procuratore della Figc, Stefano Palazzi, sta lavorando ai deferimenti relativi ai match Bari-Treviso e Salernitana-Bari del 2008/2009. Diversi i protagonisti, dal portiere del Torino Gillet all’interista Ranocchia, che rischiano il rinvio a giudizio sportivo. Ultimi, in uno scandalo che nei tre processi sul filone di Cremona, il primo di Bari e quello di Napoli ha visto sfiorare tesserati come il tecnico della Juve ed ex Siena, Conte, l’ex Bologna Portanova, portato alla ribalta i pentiti, Andrea Masiello, ex capitano del Bari, Carobbio e Gervasoni e sfiorato, ma poi assolti, calciatori del calibro di Paolo Cannavaro, Grava, Di Vaio, Bonucci e Pepe. A questo si aggiungono le penalizzazioni in classifica, per responsabilità oggettiva, di club di A come Atalanta, Siena, Samp, Torino, e il doppio salto di categoria del Lecce, retrocesso sul campo in B e, poi, dalla giustizia sportiva in Lega Pro. Ma la lista di protagonisti illustri potrebbe allungarsi ancora: la Procura Figc, infatti, attende la chiusura dell’inchiesta di Cremona per potersi muovere sui match Lazio-Genoa e Lecce-Lazio del 2011 che vedrebbero coinvolti anche il capitano biancoceleste Stefano Mauri e Omar Milanetto, ex Genoa. Si prospetta quindi un’altra lunga estate di processi.