Il monumento a Goethe di Edmund Hellmer a Vienna - .
Esce in una nuova, bella traduzione italiana di Laura Balbiani, con introduzione di Marino Freschi e testo originale a fronte, Poesia e verità di Goethe, nella collana 'Il Pensiero occidentale' di Bompiani (pagine 2112, euro 60). L’opera raccoglie i quattro volumi, l’ultimo edito postumo, in cui il grande scrittore tedesco ricostruì in età matura, principalmente a Weimar fra il 1809 e il 1831, la propria vita giovanile, compresa fra la nascita il 28 agosto 1749 e il trasferimento a Weimar nel novembre 1775 su invito del duca Karl August. Nella sua mole e variegatezza, non prive di scorrevolezza e organicità, lo scritto è una straordinaria narrazione, svolta su più registri, non solo della formazione ed evoluzione letteraria del drammaturgo, colto nel contesto storico e familiare in cui crebbe, ma anche una messe infinita di testimonianze su letterati e scienziati, artisti e personaggi, ambienti e costumi, eventi storici e istituzioni dell’epoca: fra le più fiorenti per l’impero germanico.
In un autore come Goethe, in cui la genialità è predominante su ogni regola e l’artisticità si manifesta in molte forme, principalmente scritte ma non solo (dalla drammaturgia alla poesia, dalla prosa narrativa a quella scientifica, dal canto alla pittura, dalla vita sociale alla peregrinazione del viaggiatore), secondo un’aspirazione all’imitazione della natura nella sua inesauribile creatività e spontaneità, risultano di particolare rilevanza la sua educazione infantile dapprima e l’autoeducazione giovanile poi, assolutamente presenti in Poesia e verità. Il padre, giurista e consigliere imperiale ritiratosi a vita privata, dedicò gran parte del proprio tempo all’educazione dei figli, svolta in prima persona, e alla cura dell’ambiente familiare, oltre naturalmente al proprio continuo affinamento spirituale. Il piccolo Johann Wolfgang in casa poté parimenti giocare in una camera-giardino, fra piante e fiori, e fantasticare, attraverso una raccolta di incisioni prepiranesiane di vedute e prospettive architettoniche romane, su un suo futuro viaggio formativo in Italia, attingere alla ricchissima biblioteca paterna di classici o aggirarsi in una variegata pinacoteca domestica dei migliori pittori del circondario francofortese. Il padre accompagnò il fanciullo con l’insegnamento delle lingue italiana, francese e inglese, oltre alla tedesca, lingua madre, e la jiddisch della comunità ebraica, nonché le classiche: ebraica, greca e latina, questa imparata... in rime, come anche la geografia. Seguì egli poi anche lezioni di ballo e pianoforte, disegno e filosofia, scherma ed equitazione, assieme a matematica e storia, calligrafia e religione.
Alla diretta esperienza di natura, arte e letteratura prestissimo s’aggiunse quella della drammaturgia, esercitata con un teatrino di marionette dono della nonna per il Natale del 1753. Vennero quindi le uscite fuori casa, dapprima in una Francoforte ricca di tradizioni antiche, assai simboliche, e nuove direzioni. Dal gennaio 1759 e per più di due anni la famiglia si vede costretta a ospitare in casa il luogotenente reale delle truppe occupanti francesi. Oltre che esperienza bellica, anche questa sarà occasione di arricchimento culturale, compreso il mondo teatrale francese giunto al seguito dell’esercito. Poi via via si ampliano i viaggi e gli incontri, non solo letterari, scientifici e artistici, ma anche amorosi. Sono gli anni universitari, a Lipsia prima e Strasburgo poi, con significativi viaggi a Dresda (per visitare la celebre pinacoteca), in Svizzera, in Alsazia e Lorena, lungo fiumi e per monti, fra una natura libera e incontaminata. La poesia è per Goethe non solo e non tanto finzione di una realtà migliore rispetto a quella quotidiana e circostante, al fine di una elevazione, un’educazione alla verità più pura e naturale. Se espressione del cuore, del sentimento intimo o di come l’animo accoglie le esperienze del mondo fuori di noi, la poesia è essa stessa verità, espressione della vita, arte naturale, natura creativa, geniale. Per questo occorre 'drammatizzare', cantare ogni cosa rilevante della vita, per mostrarne la verità naturale, dal filo d’erba e dalla pietrolina all’amore più sublime. Non si tratta di un irenismo panteista ignaro della negatività agente nel mondo umano, ma della consapevolezza che l’amore di Dio, poeticamente visibile nella sua verità in ogni singolarità naturale, è sempre più grande di ogni male, limitatezza, meschinità pur presenti nella vita, risulta il solo capace di comprendere in sé anche i flutti caotici e l’elemento 'demonico' da cui spesso viene trascinata l’esistenza; divina verità esemplificata dal motto: «nemo contra deum nisi deus ipse».